Time out. Per ora la formazione del nuovo gruppo, costola del Popolo della Libertà, è stata bloccata. Silvio Berlusconi dopo la resa, tenta il dialogo. E così “la linea del nuovo gruppo è sospesa” annuncia il senatore Roberto Formigoni che aggiunge: “Ieri sera eravamo 70 in tutto e altre adesioni sono arrivate in mattinata e altre arriveranno nel pomeriggio, la nostra linea sta diventando la linea maggioritaria nel Pdl. Stiamo lavorando dentro il Pdl e se il cambiamento può strutturarsi dentro il gruppo di Pdl o di Forza Italia noi riusciamo a cambiare la linea in modo determinante”. Quindi per ora niente nuovo gruppo: “Questa idea è sospesa e lottiamo dall’interno perché passino i nostri tre punti: appoggio al governo Letta; creare una struttura democratica del partito in cui, ad esempio, i coordinatori non si nominano dall’alto ma vengano scelti dal basso; il Pdl deve esser coerente con la linea del Ppe. Abbiamo trovato un Berlusconi dialogante e anche per questo abbiamo sospeso l’iniziativa”.
La resa dei conti rinviata anche perché Angelino Alfano è anche (e soprattutto, si potrebbe dire) ministro dell’Interno e deve occuparsi della tragedia di Lampedusa: è partito immediatamente dopo un incontro con il presidente del Consiglio Enrico Letta. Ma il vicepresidente del Consiglio può gestire queste ore contando sul trionfo di ieri al Senato, quando alla fine – indossando finalmente i gradi del segretario politico – ha portato tutto il partito a votare la fiducia e ha costretto il Cavaliere a una serie di evoluzioni che neanche i trapezisti da circo. Alfano in ogni caso ha l’intenzione di ribadire al leader dimezzato a sua posizione sul partito e sui futuri assetti organizzativi. E lo stesso Berlusconi ha annullato la riunione del gruppo alla Camera, che sarebbe servita per far rientrare la protesta nel nome “dell’uniti si vince. “La tragedia di Lampedusa – dichiara Berlusconi – è troppo grande per poterci dedicare oggi alle vicende interne al nostro Gruppo parlamentare e al nostro Partito”. Berlusconi ha sottolineato che il naufragio “chiama in causa l’ignavia di un’Europa assente e perfino indifferente”. Nel frattempo per non rischiare è stata annullata – ma non a causa della sciagura di Lampedusa – anche la manifestazione del Pdl in programma domani a piazza Farnese (in contemporanea con la riunione decisiva della Giunta per le elezioni).
Nella notte ci sono stati contatti e incontri per scongiurare la separazione definitiva tra i cosiddetti “dissidenti” alfaniani, pronti a creare gruppi autonomi e dall’altra i fedelissimi all’ex presidente del Consiglio decisi a rilanciare Forza Italia. E’ stata un’altra notte di passione, con Berlusconi che ha incontrato i “suoi” (da Gianni Letta a Mara Carfagna) e Alfano con i ministri Maurizio Lupi, Gaetano Quagliariello, Beatrice Lorenzin. La falange di dissidenti è stimata tra i 50 e 70 parlamentari. A fine incontro arriva anche un altro ministro Nunzia De Girolamo: “Non ci sono divisioni, sono gli altri che vogliono dividerci”.
Il primo round, per la stabilità di governo, l’ha vinta il ministro dell’Interno. Ma il secondo round, per il controllo del partito, è appena iniziato. Il Pdl è ancora in piena guerra. Dopo lo scontro al Senato la scissione sembra pronta, a partire da due gruppi autonomi alla Camera e al Senato. Una delle basi per una “trattativa” sarebbe la “defalchizzazione” del Popolo della libertà. Forse. Perché Santanché, Verdini, Bondi, che ingoiano il boccone amaro del governo malignamente ribattezzato Letta-AlFini, fanno sapere che “le guerre son fatte di tante battaglie…”. Infatti Alfano, racconta chi gli è stato vicino in queste ore, non ha intenzione, nonostante le pressioni in questa direzione, di portare a termine il “parricidio” di Berlusconi. Piuttosto, ha deciso di condurre fino in fondo la battaglia per prendersi il partito. E per dedicarsi ad essa, racconta qualcuno, starebbe anche valutando l’ipotesi di dimettersi da ministro dell’Interno, restando vicepremier e segretario a tempo pieno. Negli interventi dei dissidenti sarebbe emersa innanzitutto la consapevolezza di aver compiuto, con la fiducia al governo Letta, un atto positivo per l’Italia e per il centrodestra: gli elettori, i cittadini, ma anche le associazioni e le categorie non avrebbero perdonato una crisi di governo e non l’avrebbero perdonata al centrodestra.
La pitonessa Daniela Santanché, in un’intervista a La Stampa, ammette di aver dovuto mandar giù ieri un boccone amaro, “un cucchiaino di m…”, ma non si sente tradita. Quello di Berlusconi è stato “un colpo di scena” che “solo i geni possono improvvisare “. Il deputato assicura che nel Pdl la storia è tutta da scrivere. I nuovi gruppi? “Non credo che reggeranno. Ne parleremo quando diventeranno, se mai lo diventeranno, realtà”. In un’altra intervista, a Repubblica, Santanché fa un parallelo tra Angelino Alfano e Gianfranco Fini:“Anche Fini era il grande vincitore. Per i sondaggi e per tutti i giornali. Era applaudito dal centrosinistra. Era acclamato come il salvatore della patria. Mi sa dire dov’è ora Fini?”.
Ma Carlo Giovanardi insiste: “Sono loro gli scissionisti”. Rispetto all’ipotesi di formare due gruppi parlamentari separati fa sapere che nero su bianco “tra Camera e Senato non c’è nulla”. Al Senato valuteranno nei prossimi tre giorni se far nascere un nuovo gruppo ma “se siamo la maggioranza si chiamerà Pdl” e, assicura il senatore, la pattuglia delle “colombe” si va infoltendo sempre di più.
Il fatto che dentro il partito tutti siano impegnati alle battaglie interne non significa che il governo sia al riparo dai bombardamenti dei duri e puri. Renato Brunetta, capogruppo di Montecitorio, non lascia nemmeno che la polvere si depositi dopo la rissa di Palazzo Madama: “Dall’agenda politica del governo sembrerebbero essere spariti i migliori propositi: congelamento dell’aumento Iva ed abolizione dell’ultima rata dell’Imu, che verrà scaricata sugli esangui bilanci famigliari. Se queste anticipazioni fossero fondate non potrebbero non destare grande preoccupazione”. Certo, Brunetta è lo stesso che poche ore prima che Berlusconi prendesse la parola al Senato aveva scandito che il Pdl avrebbe votato la sfiducia “all’u-na-ni-mi-tà”. Insomma, ora i ruggiti dei berlusconiani ora sembrano quelli di un coniglio.