Diritti

La coppia che vince sull’assurda legge 40

La dissoluzione di B & C ha distolto l’attenzione da tante cose importanti che, mentre si consumava la loro miserabile caduta, tuttavia avvenivano e segnavano conquiste importanti per la nostra vita. Per esempio, un giudice ha autorizzato una coppia ad avere un figlio. È una notizia? Sì, lo è, perché questa coppia è malata: entrambi sono affetti da fibrosi cistica, una malattia genetica che uccide nei primi anni di vita. I due hanno un figlio di 6 anni, purtroppo malato anche lui di fibrosi cistica. Ne desiderano un altro: ma che sia sano, che non debba condurre una breve vita stentata.

Potrebbero averlo: procreazione assistita (inseminazione omologa, fecondazione in vitro, trasferimento embrionale) con diagnosi pre-impianto, per accertare che l’embrione non sia affetto dalla stessa malattia. Non possono, secondo la legge italiana: art. 4 l. 40 / 2004, divieto di accesso alla procreazione assistita per le coppie che non sono sterili. E loro sono malati, non sterili: possono unirsi e procreare; figli malati ma questo al legislatore italiano non interessa. E poi art. 13, la diagnosi pre-impianto è vietata.

Così i due si sono rivolti alla Corte europea dei Diritti dell’Uomo (Cedu): ma davvero una legge del genere è rispettosa dei diritti fondamentali di un uomo? E la Corte gli ha detto che hanno ragione, che questa legge è cattiva e stupida. Non è ragionevole vietare la fecondazione assistita a una coppia che, ancorché non sterile, procrea figli destinati a morire. E non è ragionevole vietare la diagnosi dell’embrione (che serve per scoprire una malattia) quando la stessa legge italiana (194 / 1978) consente, addirittura oltre i primi 90 giorni, l’aborto del feto affetto da quella stessa malattia che è vietato accertare in via preventiva.

Non si può, la legge contrasta con un diritto fondamentale dell’uomo (art. 8 della Convenzione); è illegittima. E qui viene il bello. La coppia si rivolge all’Asl e richiede la fecondazione assistita. L’Asl si rifiuta e loro le fanno causa. E una giudice scrive un fantastico provvedimento e ordina all’Asl di eseguire l’intervento. Perché “fantastico”? Perché non solo recepisce la sentenza della Cedu; non solo dimostra scientificamente come essa debba avere immediata esecuzione da parte dei giudici nazionali, senza che sia necessario preventivamente sollevare un’eccezione di illegittimità costituzionale della legge italiana perché contraria ai principi della Convenzione (procedura che rinvierebbe di molto l’attuazione del diritto della coppia).

Ma soprattutto dimostra che la legge italiana è in contraddizione con se stessa e che, in realtà, la diagnosi pre-impianto è praticabile in tutti i casi in cui non sia funzionale a semplice eugenetica. Non si può fare per avere un figlio biondo e con gli occhi azzurri; oppure per avere una femmina e non un maschio; ma si può fare per “finalità terapeutiche e diagnostiche volte alla tutela della salute e allo sviluppo dell’embrione”; e anche perché il medico ha l’obbligo di informare i futuri genitori “sullo stato di salute degli embrioni prodotti e da trasferire nell’utero”. E come diavolo si può dare questa informazione senza una diagnosi pre-impianto? Fantastico, come ho detto. I giorni dell’integralismo stupido e violento sono contati.

Il Fatto Quotidiano, 4 ottobre 2013