Addio al riordino delle province: “Dal prossimo gennaio si aprono le porte alle elezioni provinciali”, denuncia Danilo Toninelli, vice presidente della Commissione Affari costituzionali della Camera per il M5S. “In altre parole, aggiunge il deputato cinque stelle, tra poco più di due mesi la riforma voluta dal governo Monti, rischia di essere totalmente vanificata”. E la chiave è in un emendamento che sarà votato oggi dalla Camera, chiamata a convertire in legge il decreto sul “femminicidio”. “Si usa il femminicidio per far passare la proroga su province”, sottolinea Nazzareno Pilozzi di Sel. La controversa vicenda delle province, infatti, è inserita nell’ultimo articolo di ben altra e delicata questione: la “Legge sulla prevenzione e contrasto alla violenza di genere”.
L’articolo 12, nella stesura originaria prevedeva (in sintesi) che il mandato dei commissari straordinari alla guida delle province fosse prorogato fino al 30 giugno 2014. È necessario ricapitolare la vicenda: Il decreto Monti prevedeva che i consigli provinciali, in scadenza nel 2012, fossero commissariati; un successivo decreto aveva prorogato il commissariamento nel 2013. E l’articolo 12, prima dell’emendamento di questi giorni, prorogava questo regime fino a giugno 2014. Poi il colpo di scena: il nuovo emendamento – firmato da Gianclaudio Bressa del Pd – blocca la proroga al 31 dicembre 2013: “Questo è il via libera alle prossime elezioni dei consigli provinciali, a partire da gennaio 2014”, commenta Toninelli, che aggiunge: “In assenza di una riforma con legge ordinaria, approvata entro fine anno, si andrà al voto normalmente, senza modifiche di alcun genere, senza riduzione di funzioni e numero di consiglieri”.
Come dire: si torna al punto di partenza. “È la conseguenza della sentenza della Corte costituzionale”, conclude Toninelli, “che ha decretato l’illegittimità di una parte del decreto Salva Italia targato Monti”. I giudici costituzionali, infatti, hanno sancito che la riforma delle province non può essere disposta per decreto, ma deve seguire l’iter parlamentare. E di questo si sta occupando, da mesi, il ministro Graziano Delrio che proprio una settimana fa ha presentato il suo ddl – in una conferenza unificata – a comuni, province e regioni. Ottenendo uno scarso consenso. Segno che la strada per la riforma, attraverso una legge ordinaria, è ancora tutta in salita.
E con l’emendamento in votazione oggi che ferma i termini al 31 dicembre, e non più al 30 giugno prossimo, i tempi a disposizione del ministro per chiudere questa partita diventano strettissimi: meno di novanta giorni. Una curiosità: l’emendamento in questione è stato presentato in commissione proprio nelle ore in cui, per il Governo Letta, si annunciava la crisi o l’alternativa di un governo di minoranza. E che i timori del M5S siano fondati, in fondo, lo conferma l’ex ministro della SaluteRenato Balduzzi, di Scelta civica: “Per evitare il ricostituirsi delle province a gennaio, abbiamo solo due strade. O approvare il disegno di legge Delrio entro Natale, oppure intervenire con la legge di stabilità. D’altronde – conclude Balduzzi – continuare con un decreto comporta gli stessi problemi che abbiamo avuto con il “Salva Italia”, che io stesso ho concorso ad adottare, e che la Corte ha dichiarato incostituzionale”.
Nessun dubbio invece per Francesco Paolo Sisto, del Pdl, presidente della commissione Affari costituzionali: “La riforma Delrio andrà in porto entro fine anno. Oggi convertiremo in legge solo un provvedimento conservativo che, in sostanza, fino a dicembre 2013, non modifica la situazione esistente. Ne sono certo: non ci saranno più elezioni provinciali”. Di certo, in realtà, c’è solo che il 31 dicembre scadranno i commissariamenti. E da gennaio se la legge Delrio non sarà approvata in tempo, le Province potranno tornare al voto.