In quella sera di fine estate del 1978 i giornalisti vennero fregati dagli aneddoti, dalla voglia di raccontare qualcosa di più che, molto spesso, non c’è, o comunque sveglia il lato peggiore del lettore. Così, invece di immergersi in quella che sarebbe stata l’ultima apparizione di Mina dal vivo, bersi quella voce nata da chissà quale miracolo, si fermarono a raccontare che non portava il reggiseno. Capirai, Mina. Probabile anche che se lo fosse dimenticato. Tornava agli spettacoli dal vivo dopo sei anni e in camerino fumava una sigaretta appresso all’altra. Non vogliamo sapere neanche se fosse di seta il vestito nero che indossava, come è molto probabile. Non era percalle, ma sarebbe stato più fiabesco. In quest’album da nostalgia ci piace ricordare che la costumista di scena si chiamava Pia Rame, sorella di una certa Franca. Giusto per sapere che l’arte non è una cosetta da tutti.
Se ne andò Mina, quella notte. Mai più in pubblico, per lasciare una data nella memoria e la voce che corre verso l’orizzonte del mare della Versilia. Sul palco fece la sua comparsa un giovanissimo Beppe Grillo. Siamo a Bussoladomani, località Focette, tra Viareggio e Forte dei Marmi. Mina così decise: avrebbero aperto i concerti, attorno alle undici di sera, comici che dovevano farle da spalla, aprile il palco. La prima sera toccò a un Walter Chiari, poi a Paolo Panelli. Entrambi già su con l’età, frequentatori della Versilia, ma già stanchi delle notti, soprattutto Chiari che di spiagge e discoteche ne aveva frequentate a bizzeffe.
Quella sera, l’ultima, dopo due mostri sacri come Chiari e Panelli, toccò a Grillo. Immaginatelo come lo vedete oggi. Uguale, raccontano le cronache. Più agitato dalle luci della ribalta, che ancora dovevano arrivare, che non dalla politica nata a Sant’Ilario. Ma era già Grillo. E non a caso Mina lo capì e lo volle accanto a sé. La tv l’aveva quasi bruciato in una delle edizioni più disastrose del festival di Sanremo. Vinse …e dirsi ciao dei Matia Bazar, terzo Rino Gaetano, con una Gianna che doveva andarsene e invece, nella nostra memoria, resterà. Il resto delle tre serate, se si esclude Gaetano, fu veramente molto poco. Tanto che la Rai, l’anno successivo, pensò bene di riaffidare la conduzione a Mike Bongiorno.
Mina, che già conosce Beppe, ne intravede il genio, lo vuole accanto a sé sul palco. Le serate previste dei concerti sono quindici. Ma all’undicesima Mina lascia l’orchestra come se fosse sul Titanic. Sulle parole di Grande, grande, grande deve tornare sul palco per il bis e non lo fa. L’orchestra rimane lì a chiedersi quanto andare avanti, perché Mina non rientra. Era già su una Mercedes grigia in direzione Milano. Chi c’era quella sera forse lo capì che sarebbe stata l’ultima volta. Come quando due amanti fanno all’amore per l’ultima volta: in cuor loro lo sanno, anche se non se lo sono ancora detto.
E la voce di Mina quella sera fu qualcosa di molto simile alla parola amore. Scrisse Natalia Aspesi su Repubblica, l’unica giornalista italiana che può permettersi di leggere Mina: “Il sudore le scivola sulla gola mentre canta L’importante è finire, libera il collo bianco dai capelli rossi madidi, mentre grida Ricominciare, che senso ha. Quando esplode, prima china su di sé, poi spiegata nel grande vestito nero, Io ti chiedo ancora, il tuo corpo ancora, la gente si perde dentro un richiamo antico, carnale e teatrale. Il disagio di tanta furia amorosa, dimenticata nell’abitudine della finzione sessuale, è come uno schiaffo”.
Lo schiaffo arriva, e bello forte. Mina entra nella leggenda, in qualcosa che si avvicina molto al mito barthiano. Ma che c’era si tiene il ricordo, gli altri si arrangeranno con un disco registrato per caso, Live 1978.
Mina lascia, compare Grillo. 35 anni fa. Mina va via per modo di dire. Ogni anno presenta un disco, ogni anno un giornalista si sveglia e dice che tornerà a cantare dal vivo. Grillo suda anche lui, ma non fa più uno spettacolo da quattro anni. Sono 35 anni di un’Italia che è cambiata. Ricordare quel concerto è spegnere qualche candelina, chi c’era e chi no. Tra loro era seduto Dario Fo, insieme a Franca: “Mina sul palco sapeva portare il proprio corpo dentro la musica e la canzone”, dirà qualche anno dopo. “Le alterano artefatte. Lei no. Il fascino della musicalità, una voce prodotta da uno strumento umano. L’unica”.