Per tanti, Reggello è solo il paese di The Mall, uno degli outlet più famosi del Centro Italia, ma in questa località sulle colline del Valdarno, a 50 km da Firenze, c’è tanto altro da vedere e da fare. Il paese, con diverse frazioni, è nato nel Medioevo come luogo di mercato, all’incrocio fra la la via che portava al Casentino e l’antica Cassia romana (Cassia Vetus), che collegava Firenze e Arezzo. E proprio al periodo medievale risalgono i monumenti più interessanti presenti sul suo ampio territorio (circa 120 km quadri).
Cosa vedere. All’XI secolo, ad esempio, risale la grande Abbazia di Vallombrosa, centro di diffusione dell’ordine dei monaci benedettini Vallombrosani, fondato da San Giovanni Gualberto, un nobile fiorentino che si ritirò sulle colline del Valdarno con pochi seguaci, propugnando il ritorno alla povertà evangelica. Il complesso è stato ingrandito nel corso dei secoli, fino al Settecento, e oggi si presenta come una vera e propria “cittadella dello spirito” fra i boschi, con un centro di spiritualità e cultura religiosa aperta a tutti, ma anche un’antica farmacia e una liquoreria con elisir e prodotti a base di erbe fatti dai monaci seguendo antiche ricette (www.monaci.org).
In frazione Cascia, invece, lungo il tracciato dell’Antica Cassia si trova la Pieve di san Francesco, la più imponente fra le chiese fatte costruire nell’XI secolo dalla Duchessa Matilde di Canossa nei suoi possedimenti nel Valdarno. Anche se il bel porticato esterno è un’aggiunta rinascimentale, l’interno, in nuda pietra, è in puro stile romanico: le colonne che separano le navate hanno capitelli decorati da un intreccio di teste di uomini e animali e le figure, come tipico dell’arte di quel periodo, hanno un forte significato simbolico. Accanto alla chiesa si trova il Museo Masaccio di arte sacra, un piccolo museo che custodisce un grande tesoro, il Trittico di san Giovanale (1422) dipinto da Masaccio (1401-1428), uno dei padri del Rinascimento, che nacque proprio da queste parti, a San Giovanni Valdarno. Il pittore lo dipinse a soli vent’anni per la vicina chiesetta di san Giovenale, dove rimase anonimo fino agli anni Sessanta del Novecento, quando l’opera gli venne finalmente attribuita.
Nei boschi nei pressi della frazione Leccio, invece, si nasconde il Castello di Sammezzano, con le sue bizzarre forme moresche, alquanto singolari per il territorio. Acquistato nel Seicento da una famiglia di nobili Spagnoli, fu ristrutturato da un loro discendente nell’Ottocento, ispirandosi all’Alhambra di Granada. Oggi all’interno, con i saloni decorati di stucchi, si entra solo con visite guidate a date fisse, ma aperto al pubblico è lo splendido parco, con sequoie di quaranta metri, piante esotiche rare e architetture in stile orientale.
Merita una visita anche il centro storico di Reggello, con Piazza Potente, il Palazzo Comunale, decorato con gli stemmi dei Podestà succedutisi negli anni al governo della comunità, e la cinquecentesca Chiesa di San Jacopo.
Cosa fare. Nel territorio di Reggello iniziano le famose Balze del Valdarno, colline composte da ghiaie, sabbie e argille stratificate, allungate sull’altopiano che corre ai piedi del monte Pratomagno, a cavallo fra le province di Firenze e di Arezzo. Il loro profilo, in un alternarsi di guglie e di gole, è molto caratteristico: pare quasi una Monument Valley in miniatura. Per ammirare da vicino le Balze, si può fare una passeggiata lungo i sentieri della zona: uno dei più spettacolari è il sentiero chiamato “dell’acqua zolfina” (per la vicinanza di una sorgente solfurea), segnalato dal Cai, che parte appena fuori dalle mura di Castelfranco di Sopra.
Cosa mangiare. In zona si producono buoni vini e il pregiato olio extra vergine di oliva di Reggello, Toscano IGP, rinomato per la bassa acidità, grazie all’altitudine media (300 metri) e alle caratteristiche del terreno (basso contenuto di calcare e alto di quarzo). Un altro prodotto tipico del Pratomagno sono i fagioli Zolfino, piccoli e tondi, dalla buccia finissima e dalla consistenza densa e cremosa: il nome viene dal colore, giallo pallido, che ricorda quello dello zolfo. Sono gustosissimi cucinati all’uccelletto, ma anche semplicemente bolliti e conditi con olio e pepe. Specie nei mesi invernali, poi, sono usati per le zuppe, come la zuppa di farro e fagioli e quella di fagioli e cavolo nero.