Oggi, 5 ottobre, International Herald Tribune si apre con un “obituary”, un necrologio a sei colonne, con fotografia e titolo: “Vo Nguyen Giap, un rivoluzionario”.
Non ricordo nulla di analogo nella mia esperienza di giornalista.
La potenza imperiale s’inchina, rende l’onore delle armi e della vittoria a colui che la sconfisse nel lontanissimo 30 aprile 1975, quando Saigon cadde e le immagini degli elicotteri in fuga che si alzavano in volo dai tetti dell’ambasciata americana fecero il giro del mondo.
Oggi, per I’HT, evidentemente, non c’era notizia più importante di quel ricordo. E non c’era cosa più giusta da fare che ricordare quella sconfitta in cui furono cancellate circa 58.000 vittime americane.
Adesso proviamo a confrontare questa prima pagina con quelle dei giornali italiani, cioè dei servi. Si parla, è ovvio, solo di Berlusconi e della spazzatura di questo paese. Evidentemente questo è il nostro “giornalismo” e non c’è altro da fare che mandarlo al diavolo e combatterlo. Le loro priorità sono quelle dei maggiordomi che li comandano. Non prevedono la decenza.
Dunque onore a un giornale americano, certo imperiale, ma che mantiene il senso della storia, dell’orgoglio perfino di riconoscere la sconfitta. Tanto più in un momento il cui il declino, evidente, dell’impero, fa pensare, oltreoceano, che quella storia potrebbe ripetersi anche se in altro modo.
Vo Nguyen Giap ha fatto la storia. Certo, l’autore del necrologio, Joseph R. Gregory, non risparmia le critiche a Giap. Pensate: non teneva in gran conto la quantità di morti che richiedeva alle sue truppe. Nell’offensiva del Tet, il 30 gennaio 1968, lanciò 84.000 uomini in un’avventura in cui 40.000 morirono, senza ottenere la vittoria campale che Giap probabilmente si aspettava. Ma, pure sconfitto in quella battaglia, egli inflisse un colpo irreparabile al prestigio americano, che si riflesse in un’ondata di critiche dell’opinione pubblica (che, bei tempi!, ancora esisteva).
Gregory ha ragione comunque, in molti sensi: in guerra non c’è pietà, né per il il nemico, né per i propri. Basta soltanto tenere a mente le proporzioni: in quella guerra “americana”, morirono 2,5 milioni di nord e sud vietnamiti, in grandissima parte civili. Due milioni e mezzo contro 58.000.
Adesso, reso onore al giornalismo americano per questa pagina stupefacente, ricordiamo anche i due milioni di morti iracheni, e i 200 mila morti afghani. E i 300 affogati di Lampedusa, che fanno parte dello stesso bilancio di ingiustizia e diseguaglianza. E’ questo il mondo che vogliamo?
Giulietto Chiesa
Giornalista
Media & Regime - 5 Ottobre 2013
Vo Nguyen Giap, onore (questa volta) al giornalismo americano
Non ricordo nulla di analogo nella mia esperienza di giornalista.
La potenza imperiale s’inchina, rende l’onore delle armi e della vittoria a colui che la sconfisse nel lontanissimo 30 aprile 1975, quando Saigon cadde e le immagini degli elicotteri in fuga che si alzavano in volo dai tetti dell’ambasciata americana fecero il giro del mondo.
Oggi, per I’HT, evidentemente, non c’era notizia più importante di quel ricordo. E non c’era cosa più giusta da fare che ricordare quella sconfitta in cui furono cancellate circa 58.000 vittime americane.
Adesso proviamo a confrontare questa prima pagina con quelle dei giornali italiani, cioè dei servi. Si parla, è ovvio, solo di Berlusconi e della spazzatura di questo paese. Evidentemente questo è il nostro “giornalismo” e non c’è altro da fare che mandarlo al diavolo e combatterlo. Le loro priorità sono quelle dei maggiordomi che li comandano. Non prevedono la decenza.
Dunque onore a un giornale americano, certo imperiale, ma che mantiene il senso della storia, dell’orgoglio perfino di riconoscere la sconfitta. Tanto più in un momento il cui il declino, evidente, dell’impero, fa pensare, oltreoceano, che quella storia potrebbe ripetersi anche se in altro modo.
Vo Nguyen Giap ha fatto la storia. Certo, l’autore del necrologio, Joseph R. Gregory, non risparmia le critiche a Giap. Pensate: non teneva in gran conto la quantità di morti che richiedeva alle sue truppe. Nell’offensiva del Tet, il 30 gennaio 1968, lanciò 84.000 uomini in un’avventura in cui 40.000 morirono, senza ottenere la vittoria campale che Giap probabilmente si aspettava. Ma, pure sconfitto in quella battaglia, egli inflisse un colpo irreparabile al prestigio americano, che si riflesse in un’ondata di critiche dell’opinione pubblica (che, bei tempi!, ancora esisteva).
Gregory ha ragione comunque, in molti sensi: in guerra non c’è pietà, né per il il nemico, né per i propri. Basta soltanto tenere a mente le proporzioni: in quella guerra “americana”, morirono 2,5 milioni di nord e sud vietnamiti, in grandissima parte civili. Due milioni e mezzo contro 58.000.
Adesso, reso onore al giornalismo americano per questa pagina stupefacente, ricordiamo anche i due milioni di morti iracheni, e i 200 mila morti afghani. E i 300 affogati di Lampedusa, che fanno parte dello stesso bilancio di ingiustizia e diseguaglianza. E’ questo il mondo che vogliamo?
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Damasco, 16 mar. (Adnkronos) - Il ministero della Difesa siriano ha accusato domenica il gruppo libanese Hezbollah di aver rapito e ucciso tre soldati in Libano. Lo hanno riferito i media statali.
"Un gruppo della milizia di Hezbollah... ha rapito tre membri dell'esercito siriano al confine tra Siria e Libano... prima di portarli in territorio libanese ed eliminarli", ha affermato il ministero della Difesa, citato dall'agenzia di stampa Sana.
Tel Aviv, 16 mar. (Adnkronos) - L'esercito israeliano ha dichiarato che un colpo d'arma da fuoco proveniente dal Libano ha colpito un veicolo all'interno di un centro residenziale nel nord di Israele. "Stamattina, uno sparo ha colpito un veicolo parcheggiato nella zona di Avivim. Non sono stati segnalati feriti. Lo sparo è molto probabilmente partito dal territorio libanese", ha affermato l'esercito in una dichiarazione. "Qualsiasi fuoco diretto verso Israele dal territorio libanese costituisce una palese violazione degli accordi tra Israele e Libano", ha aggiunto l'esercito.
Kiev, 16 mar. (Adnkronos/Afp) - Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha sostituito il capo di stato maggiore delle forze armate, con un decreto emesso oggi, mentre le truppe in prima linea di Kiev continuano ad essere in difficoltà. Secondo un comunicato, Anatoliy Bargylevych è stato sostituito da Andriy Gnatov, a cui "è stato affidato il compito di aumentare l'efficienza della gestione".
"È un combattente", ha detto Zelensky parlando di Gnatov. "Il suo compito è quello di apportare maggiore esperienza di combattimento, l'esperienza delle nostre brigate nella pianificazione delle operazioni, difensive e offensive, nonché uno sviluppo più attivo del sistema dei corpi d'armata", ha aggiunto. "Tutto ciò che le nostre brigate hanno imparato dalla guerra dovrebbe essere implementato al cento per cento a livello di pianificazione".
Washington, 16 mar. (Adnkronos) - Un uomo di 45 anni è stato dato alle fiamme nel bel mezzo di Times Square, a New York, la scorsa notte. Lo ha riferito la polizia. Le immagini delle telecamere hanno immortalato il momento in cui l'uomo, a torso nudo e gravemente ustionato, è stato trasportato d'urgenza dalle autorità in ambulanza dopo che le fiamme erano state spente.
La polizia afferma che il 45enne è stato soccorso alle 4 del mattino ed è stato portato in un ospedale vicino in condizioni stabili. Il suo aggressore sarebbe fuggito dalla scena ed è ricercato dalle autorità. Non sono state in grado di dire se l'attacco fosse casuale o mirato.
Gli investigatori hanno riferito che l'uomo era stato cosparso con un liquido infiammabile prima che qualcuno appiccasse il fuoco. La vittima, avvolta dalle fiamme, si era messa poi a correre, quando qualcuno è uscito da un'auto e ha spento il fuoco con un estintore a polvere.
Skopje, 16 mar. (Adnkronos) - La Macedonia del Nord ha dichiarato un periodo di lutto nazionale di sette giorni per l'incendio in una discoteca che ha causato almeno 59 morti e decine di feriti, mentre le autorità hanno arrestato 15 persone per interrogarle e il ministro degli Interni ha affermato che un'ispezione preliminare ha rivelato che il club stava operando senza la licenza necessaria.
Al termine di una giornata in cui il piccolo Paese balcanico è stato alle prese con un disastro mai visto da decenni, il ministro degli Interni Panche Toshkovski ha dichiarato che il club nella città orientale di Kočani, dove si è verificato l'incendio prima dell'alba, sembrava operare illegalmente.
Più di 20 persone sono sotto inchiesta, 15 delle quali sono sotto custodia della polizia, mentre altri sospettati di coinvolgimento si trovano in ospedale, ha aggiunto Toshkovski. La maggior parte delle vittime dell'incendio, che ha devastato il nightclub Pulse durante un concerto hip-hop, erano adolescenti e giovani adulti. Circa 155 sono rimasti feriti, molti in modo grave.
Mosca, 16 mar. (Adnkronos) - Il desiderio della Gran Bretagna di rubare i beni russi è legato alla lunga tradizione inglese della pirateria, diventata un segno distintivo della corona britannica insieme a "rapine e omicidi". Lo ha affermato la portavoce del Ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova.
"Questa è una delle tradizioni inglesi, come bere il tè e le corse di cavalli. Il fatto è che la pirateria è stata legalizzata in Inghilterra", ha scritto la diplomatica sul suo canale Telegram. "Ai pirati era proibito attaccare le navi inglesi, ma era loro permesso derubare le navi dei concorrenti. Moralità immorale".
Beirut, 16 mar. (Adnkronos) - I media libanesi riferiscono di un morto in un attacco aereo israeliano nella città meridionale di Aainata. Ulteriori raid sono stati segnalati a Kafr Kila. Non ci sono commenti immediati da parte delle Idf.