Siamo tutti stanchi della solita storia giornalistica pietosa e pelosa sul ‘quarantenne sfigato’, disoccupato-separato-scippato del futuro- ed altre boiate, lo sappiamo, ce ne sono moltissimi ormai quasi in ogni famiglia (ed in ogni giornale), soprattutto al centro sud.
Vado al contrario in controtendenza e ribadisco che questa condizione non è un destino né una condanna, che ci si può fare qualcosa e reagire utilizzandola come una bella, anche se ‘scottante’ opportunità: quella di ritrovare dignità e senso di sé all’interno di professionalità ri-centrate sulla produzione di valore ed innovazione sociale.
Vado subito al punto senza tanti giri. Nel non profit, tra le professioni ‘chiave’ per lo sviluppo, cerchiamo nell’ordine:
– Fundraiser (professionisti delle partnership, della raccolta fondi, dei legami con la comunità)
– Project Manager ‘innovativi’ in grado di fare progetti sociali (in Italia) e di cooperazione internazionale (per i paesi in via di sviluppo) innovativi, anche nel ‘funding’
Oggi (ri) parliamo del fundraising.
In altri post ho spiegato in cosa consiste questa professione. Sottolineo che la sua bellezza è anche insita nell’essere ‘tessitura’ tra for profit e non profit, tra organizzazione e comunità, tra buona causa e risultati concreti. Il fundraiser non è tanto uno che ‘va a chiedere i soldi’ (anche!), ma un ‘tessitore sociale’ di relazioni di valore, di partenariati, di consenso.
E quando anche deve ‘raccogliere soldi’, lo fa non per sé, ma per una buona causa, considerando l’altro (il donatore) non un ‘portafoglio’ ma un investitore sociale in una causa comune, un partner, un amico. Per questo anche chi ha ‘difficoltà a chiedere’ la supera brillantemente all’interno di una motivazione superiore.
Per chi, quarantenne, ‘viene’ -magari espulso- dal mercato del lavoro for profit, è una professione ideale per diversi motivi:
– richiede capacità relazionali ed organizzative maturate in contesti organizzativi strutturati, che molti giovani non hanno
– richiede quella rabbia per lo stato attuale che un quarantenne ha abbondantemente maturato, e quella passione che è ancora n grado di trovare dentro di sé appena può sentirsi utile
– richiede la capacità di muoversi in ambienti complessi e di ‘comprendere’ l’interlocutore ed il suo ‘Pin’-codice di entrata per coinvolgerlo
– richiede un’affidabilità che di certo dopo i quaranta è più matura
Faccio ogni anno centinaia di colloqui con persone che vogliono fare una scelta di carriera che è anche di vita, a volte un vero cambio vita dal for profit al non profit attraverso il fundraising. Mi arriva un’umanità composita, dal super manager multinazionale nauseato che vuole cambiare vita perdendo dal punto di vista economico ma acquistando senso, al quarantenne ‘alla canna del gas’ per il quale la professionalizzazione è veramente, forse, l’ultimo treno per ritrovare dignità, lavoro e senso.
I lettori mi domandano spesso: Come capire se il proprio profilo è adatto? Come prevedere la propria riuscita professionale? Come ‘entrare’ e ‘rimanere’ ben posizionati professionalmente?
Invito quindi i lettori interessati all’ ormai tradizionale incontro di approfondimento a Roma, ‘Lavorare nel non profit e nella social Innovation: professioni, percorsi e fondi per accedere’, Giovedì 31 ottobre (sede da definire). Prenotarsi a comunicazione@asvi.it con oggetto ‘Lavorare nel non profit-post Il Fatto’ ed in copia a m.crescenzi@asvi.it
‘Ragazzi’ quarantenni, coraggio! Potete farcela, stare bene voi e fare bene anche agli altri!