Francisco Balaguer Callejon, il costituzionalista che vigilava sull'esame per gli aspiranti docenti, aveva segnalato al ministero "il cambio delle regole" in corsa e l'esistenza di una "commissione fantasma" in grado di condizionare l'esito delle prove. Per questo motivo si dimise. Ecco la lettera integrale
“Caro professore…”. E’ luglio quando Francisco Balaguer Callejon, professore di Diritto costituzionale all’Università di Granada, scrive la sua “lettera aperta all’intera comunità dei costituzionalisti italiani”. La lettera – che il Fatto è in grado di rivelare – è di grande interesse investigativo, per l’indagine Do ut des, che sta scoperchiando la rete di favori che dal 2008 a oggi ha condizionato – secondo l’accusa – le nomine di molti professori universitari italiani. Il professor Balaguer annuncia le dimissioni e denuncia al ministero l’esistenza di una commissione fantasma, che opera al fianco della Commissione nazionale, e influenza le sorti del concorso nazionale per professore di Diritto costituzionale. Un concorso finito nel mirino della Procura di Bari e della Guardia di Finanza, che ha denunciato agli inquirenti – con l’accusa di associazione per delinquere, corruzione, falso e truffa – ben 38 docenti universitari, tra i quali due rettori, e 5 saggi nominati dal presidente del Consiglio, Enrico Letta, per riformare la Costituzione.
Ecco il documento integrale in esclusiva:
Parliamo di Augusto Barbera, Beniamino Caravita, Giuseppe de Vergottini, Carmela Salazar e Lorenza Violini, ai quali si aggiungono, tra i nomi più noti, l’ex ministro Anna Maria Bernini – che nega qualsiasi coinvolgimento – e l’ex Garante della Privacy Francesco Pizzetti. Tra i concorsi più controversi, secondo le accuse, c’è quello in Diritto costituzionale del 2008, nelle Università di Macerata e Teramo e in quella Europea di Roma. L’inchiesta nasce indagando sull’università telematica Giustino Fortunato di Benevento, governata dal rettore Aldo Loiodice, alto esponente dell’Opus Dei e professore di Diritto costituzionale all’Università di Bari. Siamo nel 2008 e la Finanza avvia le intercettazioni: l’indagine si protrae fino alla fine del 2012 ed è in dirittura d’arrivo. In Puglia la Gdf scopre persino che, sempre secondo l’accusa, il giudice Amedeo Urbano – presidente della seconda sezione del Tar – ha esercitato pressioni su Loiodice, in cambio di favori giudiziari, per favorire sua figlia in un concorso.
Mentre la Gdf intercetta, interviene la riforma Gelmini che, almeno nel suo intento, avrebbe dovuto sbaragliare localismi e baronati, creando un’unica commissione nazionale, formata da commissari sorteggiati. Gli investigatori scoprono che il sistema non intende arrendersi: l’accusa sostiene che siano avvenuti comunque degli scambi di favore, con accordi e protezioni reciproche, tra autorevoli docenti ordinari. Un sistema in grado – attraverso membri della commissione manovrabili – d’influire sul concorso. Secondo l’accusa la rosa dei commissari viene manipolata in partenza e le tra università coinvolte si contano Bari, Trento, Milano-Bicocca, Roma Tre, Roma Europea e Lum di Casamassima. E allora torniamo alla Commissione nazionale e alla lettera del professor Balaguer – commissario esterno in quota Ocse – che già il 16 giugno annuncia le sue dimissioni.
“Questa lettera – esordisce Balaguer – non sarà una critica nei confronti dei miei colleghi della Commissione”. Racconta di una commissione parallela non prevista dalla legge: “Il 10 giugno misi al corrente il ministero dei fatti accaduti… All’interno della Commissione sono stati formati due collegi. Il primo ha funzionato normalmente”. Il problema riguarda il secondo collegio: “Nei periodi a cavallo delle sedute – nei quali nessun collegio dovrebbe funzionare – s’è formato un altro collegio, di cui non conosco le caratteristiche, i procedimenti di adozione d’iniziative o le decisioni”. Una pratica che Balaguer definisce “irregolare” e “incompatibile con l’ordinamento giuridico”. Ma cosa accade in questa commissione parallela? Balaguer rivela un dettaglio sconvolgente: si modificano i criteri di valutazione. “In due occasioni il Presidente della Commissione – in rappresentanza del collegio più stretto, nel quale il commissario Ocse non era presente – ha cercato di modificare i criteri di valutazione, adottati precedentemente. In entrambe le occasioni mi sono rifiutato di accettare queste decisioni”. Aggiunge: “La mia opposizione non è servita, perché i suddetti criteri sono stati comunque modificati, violando il principio fondamentale di uguaglianza e la stabilità del meccanismo di valutazione”. Balaguer continua: “La gravità di questi fatti deve essere messa in rilievo. Il lavoro della Commissione è entrato in una zona d’incertezza e insicurezza giuridica”.
Il professore spiega di aver espresso, nel concorso, un “elevato numero di giudizi individuali negativi, giustificati da motivi formali”, e precisa un ulteriore dettaglio: “Senza questi limiti formali, la maggioranza dei miei giudizi, sul totale, sarebbero forse stati positivi”. In altre parole: il mutamento dei requisiti formali, adoperato in corsa, ha condizionato l’esito del concorso. Balaguer si dimette quest’estate. Il ministero prende atto della sua lettera, nomina un nuovo commissario Ocse e il concorso, grazie alla sua denuncia, viene completamente rimodulato. Due senatori, Francesca Puglisi (Pd) e il cofirmatario Francesco Palermo, professore universitario e parlamentare di Aut (Svp, Uv, Patt, Upt), presentano un’interrogazione parlamentare, chiedendo lumi al governo, che nel frattempo ha rimesso in moto il concorso. “In Italia – commenta Puglisi – bisogna incrementare la cultura della trasparenza e del merito: purtroppo, anche con la riforma Gelmini, si rischia di perpetrare antichi vizi. Credo che il ministro Carrozza, nel caso della denuncia avanzata da Balaguer, abbia agito con grande rigore e chiarezza”. “Bisogna affrontare una questione generale”, dice Palermo, “poiché, per il reclutamento nell’università, il sistema segue da sempre una logica di cooptazione che, con la riforma Gelmini, purtroppo indossa soltanto un vestito diverso. L’unica soluzione è internazionalizzare i concorsi, per diluire i baronati, e rendere competitive le università”.
da Il Fatto Quotidiano del 6 ottobre 2013