Il governatore della Banca d'Italia: ''Presidiare i rischi di liquidità e credito. Basta atteggiamenti collusivi tra istituti di credito e imprese e le fondazioni smettano di interferire"
Le banche italiane devono cambiare nettamente passo, rafforzando il loro patrimonio, ma soprattutto ridurre gli investimenti sui titoli di Stato per tornare a sostenere famiglie e imprese. I loro soci e, in particolare le fondazioni, invece, devono “evitare di interferire” nel governo societario degli istituti e nelle loro scelte imoprenditoriali. La stilettata al mondo del credito è arrivata niente meno che dal governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, nel corso della presentazione del Rapporto sul Sistema Finanziario Italiano della Fondazione Rosselli.
”Non c’è una soluzione immediata, semplice, per far sì che le banche tornino a svolgere pienamente il loro ruolo di sostegno all’economia“, ha detto il successore di Mario Draghi alla guida della Banca Centrale invitando gli istituti a “proseguire nel recupero della redditività e rafforzare il patrimonio. Anche alle banche è oggi richiesto un netto cambio di passo”. Secondo Visco, infatti, “le difficoltà nel sistema creditizio non sono destinate a essere riassorbite rapidamente. Le pressioni al contenimento della dimensione dei bilanci bancari sono ancora presenti”, anche se si tratta di “sviluppi che possono tuttavia fornire giusti incentivi a superare l’eccessiva dipendenza delle imprese dal credito bancario”. A scanso di equivoci, poi, Visco ha aperto una parentesi sui rischi della partecipazione delle banche “al capitale delle aziende che ha dato luogo ad atteggiamenti collusivi”. Con casi che vanno da Telecom ad Alitalia passando per Rcs, l’ex gruppo Ligresti e la Tassara di Romain Zaleski, che sono all’ordine del giorno.
Nella situazione attuale, in ogni caso, “un significativo aumento dei proventi bancari è difficile da ipotizzare, anche alla luce della dinamica del credito, dei ridotti margini unitari, della domanda contenuta di prodotti del risparmio gestito”. Nel breve termine, quindi, “il recupero di redditività esige interventi incisivi sui costi, anche del lavoro, ciò richiede un deciso processo di revisione della combinazione dei fattori produttivi e della struttura dei canali distributivi”, ha detto. “Ho più volte sottolineato la rilevanza dei profili di governo societario per assicurare una consapevole assunzione dei rischi, allocare correttamente il credito all’economia, gestire i conflitti di interesse, facilitare il rafforzamento del patrimonio”, ha poi precisato per ricordare che “anche in vista dell’Unione bancaria gli interventi necessari non possono essere ulteriormente procrastinati”. E la vigilanza intende continuare a verificare che “i tassi di copertura delle partite deteriorate restino adeguati o, quando necessario, aumentino. Lungi dal danneggiare le banche, consente di rafforzarle, rassicurando i mercati sulla qualità dei loro attivi”.
Ciò non toglie che sempre secondo il governatore, il ritorno della fiducia degli investitori, l’equilibrio dei conti pubblici e le riforme eviteranno “tensioni sul mercato dei titoli di Stato“, consentendo una riduzione dell’esposizione delle banche italiane nei Btp affinché aumentino invece il sostegno a famiglie e imprese. Quanto alle fondazioni bancarie, “devono diversificare i propri portafogli per ridurre la dipendenza dai risultati della banca di riferimento”. Ma soprattutto, “devono evitare di interferire nella governance e nelle scelte imprenditoriali degli intermediari”.
Basta, quindi, alle mille poltrone in cda: “la composizione degli organi amministrativi, pletorica per molti intermediari, va semplificata per responsabilizzare i singoli consiglieri, garantire la funzionalità degli organi collegiali, eliminare costi inutili“, ha aggiunto. Il governatore è poi tornato a chiedere la trasformazione in Società per azioni delle grandi banche popolari. “Per quelle di grandi dimensioni e ad ampia operatività, anche territoriale, la forma giuridica più adeguata è quella della società per azioni”, ha detto ricordando come le banche in difficoltà nel sistema italiano siano “intermediari di media e piccola dimensione, in maggioranza popolari o dove una Fondazione detiene almeno il 20 per cento”. La revisione degli assetti di governo delle banche popolari deve mirare a “incentivare l’apporto di capitale da parte di nuovi soci e ad accrescere, attraverso un minor frazionamento del possesso azionario, il controllo sull’operato del management“.