La maggioranza litiga per l'emendamento Pd che vuole rimettere l'imposta con rendite sopra 750 euro. Il presidente di commissione Boccia (lettiano) lo respinge, poi lo ripesca e infine chiede: "Ritiratelo". Anche Scelta Civica vuole cambiare il decreto. Schifani avverte: "Non arretreremo di un millimetro"
Almeno le forme sono salve. E’ stato infatti ripescato l’emendamento del Partito Democratico che chiedeva di reintrodurre l’Imu per i “più ricchi“. In un primo momento infatti i presidenti delle commissioni Bilancio e Finanze, Francesco Boccia (lettiano del Pd) e Daniele Capezzone (falchissimo del Pdl) avevano falciato 322 emendamenti su 454 perché privi di copertura finanziaria e o per la cosiddetta “estraneità di materia”. Poi sono diventati 309 ma poco cambia. L’obiettivo principale era e resta politico oltre che tecnico: portare il decreto legge sull’Imu più o meno integro all’esame del Parlamento. Da una parte, infatti, le mattane di Berlusconi che voleva fare a pezzi il governo Letta e poi non ne ha fatto più di niente hanno allungato i tempi dei lavori delle Camere e quindi ora bisogna fare in fretta visto che il decreto scade il 30 ottobre: per essere convertito in legge deve ancora terminare l’iter a Montecitorio e andare al Senato. Dall’altra una misura come quella proposta dal capogruppo democratico in commissione Bilancio, Maino Marchi, è vista come il fumo negli occhi da quelli del Pdl e quindi potrebbe riproporre, tali e quali, le risse all’interno della maggioranza.
Una battaglia politica all’interno della maggioranza visto che coinvolge anche Scelta Civica oltre qualche centinaio di migliaia di proprietari di case. degli emendamenti al decreto che abroga la rata di giugno dell’imposta sulla casa, uno del Pd e due di Scelta civica, che rimettono in discussione questa decisione del governo, prevedendo che le fasce medio alte paghino l’imposta. Scenario che scombussolerebbe gli equilibri politici appena ritrovati con il voto di fiducia. Le votazioni sugli emendamenti inizieranno alle 9.30 di domani 8 ottobre. Probabile dunque che slitti a giovedì l’ingresso del provvedimento nell’aula di Montecitorio, al momento fissato per il pomeriggio di mercoledì 9 ottobre.
Il nodo evidentemente resta politico. Berlusconi sarà anche uscito di scena come dice il presidente del Consiglio Enrico Letta, ma nel governo tutto funziona come prima. La riprova è quanto dice il capogruppo del Pdl al Senato Renato Schifani durante la registrazione di Porta a Porta: “Le modalità per l’abolizione dell’Imu – avverte – si possono migliorare, ma è escluso che questo possa accadere in Parlamento con maggioranze trasversali che non siano la maggioranza politica che sostiene il governo. Non intendiamo far pagare nessun prezzo al governo per le vicende di Berlusconi, ma non arretreremo di un millimetro sul programma concordato con l’esecutivo e in particolare sull’Imu”.
Ma è lo stesso Boccia – molto vicino alle posizioni di Letta – che chiede ai colleghi di partito perché vengano ritirati gli emendamenti perché “le case di lusso l’Imu la pagano già”. “Evitiamo il pasticcio – ha auspicato Boccia – perché se dovesse passare qualche emendamento che modifica la base imponibile, i comuni dovrebbero restituire quanto proprio oggi hanno ricevuto dal Tesoro”. Per quanto riguarda l’emendamento del Pd che fa pagare l’imposta alle case con una rendita superiore ai 750 euro, Boccia, parlando con i cronisti ha commentato: “Le case di lusso l’Imu la pagano, come è sempre accaduto in passato; il decreto esclude esplicitamente dall’esenzione le abitazioni signorili accatastate come A1, le ville di categoria A8 e i castelli della categoria A9”. Così alla fine di una giornata convulsa Marchi lascia una porta aperta: se il governo darà “risposte soddisfacenti” su alcuni temi sociali, il Pd potrebbe “procedere al ritiro o alla riformulazione” dell’emendamento.
A rincarare la dose due emendamenti di Scelta civica, uno di Enrico Zanetti e Andrea Romano, e il secondo di Gianfranco Librandi. Il primo emendamento innalza da 200 a 300 euro la franchigia, facendo pagare la residua parte dell’imposta oltre tale soglia; il secondo prevede che i redditi oltre i 55.000 euro paghino un decimo della rata di giugno. Se il Pd vuole sottolineare la necessità di riequilibrare gli interventi del governo con norme sociali e, quindi, più “di sinistra”, Scelta civica vuole tenere il punto su un elemento che aveva sempre sostenuto, e cioè che l’esenzione Imu per i ceti più agiati è sbagliata dal punto di vista dell’equità e da quello economico. Ma entrambe le proposte non tengono conto che una loro approvazione metterebbe in grave difficoltà Angelino Alfano, e quindi l’equilibrio della coalizione. Da qui l’appello di Boccia.
La lettura che della situazione danno i deputati dei Cinque Stelle è che “la discussione sul decreto Imu è sprofondata nel caos“. “La cosa più grave, però – proseguono – è che da quando sono cambiati gli equilibri nel Pdl, all’indomani del voto di fiducia a Letta, la maggioranza non ha più una direzione chiara da seguire e i partiti che la compongono sono spaccati tra loro e al loro interno. Probabilmente il governo sta lasciando lievitare strumentalmente il caos per poi intervenire, con il pretesto dell’urgenza, senza dare replica alle Camere. E’ il solito gioco che ormai abbiamo imparato a conoscere e che serve a svuotare il Parlamento, oltre che a mettere le pezze a una maggioranza delle larghe falle”. E Guido Guidesi (Lega Nord) rincara la dose: “Mentre il Partito democratico in commissione bilancio alla Camera propone di reintrodurre l’Imu per alcune abitazioni principali, il Pdl sembra non essere affatto d’accordo. Siamo ancora una volta di fronte ad una spaccatura. Il governo chiarisca quando prima la posizione che intende tenere perché enti locali e cittadini sono stanchi di essere presi in giro”.
Quindi in un primo momento Boccia e Capezzone avevano fatto fuori gli emendamenti del Pd che puntavano a far pagare l’Imu ai più abbienti. Uno era appunto quello di Marchi (emiliano di Reggio) che poi è stato riammesso anche se con qualche modifica. Resta la proposta di reintrodurre la prima rata dell’imposta sulla casa alle abitazioni con rendita catastale superiore ai 750 euro, ma è stata eliminata la previsione di riportare l’Iva al 21% dal 1 novembre al 31 dicembre con le entrate recuperate (circa 1,2 miliardi di euro). Una parte di questa cifra che andrebbe destinata, se passasse l’emendamento, soltanto al rifinanziamento della cassaintegrazione in deroga (da 500 a 900 milioni di euro) e alla dotazione di 50 milioni per il 2013 il fondo per gli affitti. I deputati democratici, in sede di presentazione, avevano fatto notare che, “secondo le stime Mef, su 2.011 milioni circa di perdita di gettito ex abolizione prima rata Imu, 1.230 milioni sono attribuibili agli immobili con rendita superiore a 750 euro”. Eliminando quindi la riduzione dell’Iva, ammettendo che l’emendamento domani passi, rimarrebbero nelle casse dello Stato circa 706 milioni di euro.