Musica

Musica, dai Beach Boys a Baglioni: galleria dei (presunti) plagi

Tanti gli artisti e cantautori che sono stati protagonisti di copiature derubricate a semplici ispirazioni. Poi ci sono quelle che restano tali anche se (sulla carta) inverosimili. Storia di decine di controversie nel mondo della musica con le sue licenze e le battaglie fuori dalle sale di registrazione

di RQuotidiano

La madre di tutte le controversie d’autore sta in un canto del XV secolo che Enzo Jannacci rifece col titolo La mia morosa la va alla fonte. Jannacci trae ispirazione da qui. Un giovanissimo Fabrizio De André prende il testo musicale e ci costruisce sopra Via del Campo. Iniziò con minacce di battaglie legali, ma i due la chiusero da grandi quali erano, con un abbraccio e una firma: testo Fabrizio De André, musica Enzo Jannacci. Curioso che la canzone di De André più nota alla fine non sia del tutto sua. Quando la vicenda venne fuori, del veleno lo spruzzò sopra anche Francesco De Gregori, tormentato nel rapporto con quello che è riconosciuto come il più grande poeta della musica italiana: “Fabrizio è stato un grande organizzatore del lavoro altrui, perché le cose che realmente ha inventato, ha scritto, sono percentualmente molto poche rispetto a quelle che lui ha preso, o firmandole o senza firmarle”. Una frase che non ha bisogno di alcuna interpretazione. Beghe tra loro, grandi artisti e poeti. Talvolta mestieranti, sicuramente dispensatori di sogni.

De Gregori, a sua volta, si vedrà trascinato in tribunale per i versi di Prendi questa mano zingara, identica anche in un ritornello a Zingara, la versione lanciata da Iva Zanicchi a Sanremo un paio di decenni prima. Alla fine l’hanno spuntata i legali del cantautore romano: la sua era una citazione voluta. Più brutta, invece, la storia che vede coinvolto Sergio Endrigo, perché arriva postuma: Luis Bacalov ha accettato la transazione con gli eredi di Endrigo e riconosciuto in questo modo il plagio. Quella colonna sonora vinse l’Oscar, ma Endrigo non è riuscito ad assaporare il riconoscimento. Più una questione di principio che economica.

Di plagi, la storia del rock e delle canzonette è colma. Uno dei più clamorosi è quello dei Beach Boys: Surfin’ Usa è ispirata in maniera più che evidente a Sweet Little Sixteen, di Chuck Berry. Finì in tribunale, e i giudici dettero ragione a Chuck Berry che detiene i diritti del brano. I Beach Boys con quel pezzo, bandiera della West Coast degli anni Sessanta, si spinsero addirittura più in là: oltre alla musica anche il testo era più o meno copiato da Kissin’ Ti m e di Bobby Rydell. Parliamo dei Beach Boys, bandiera di quella musica che dalla California invase il mondo.

Non si può parlare di plagio per i Beatles, al limite sono stati loro a essere plagiati, ma George Harrison confessò prima di morire che I feel fine, brano fondamentale nell’antologia dei Fab Four, era ispirata a un brano di Bobby Parker. Non sono stati immuni dalla tentazione dal “copiare” neanche i Nirvana: quanti sanno che il riff di Come As You Are è identico a Eighties dei Killing Joke? I Pearl Jam altra band protagonista della stagione Grunge, hanno osato in modo clamoroso: la loro Given To Fly presenta troppe assonanze con Going to California dei Led Zeppelin, cui anche una band nostrana, i Negrita, ha ripreso l’intro di un loro celebre pezzo, All my love, per farci Brucerò per te.

Da Cellino San Marco a Neverland
Restando in Italia, ci fu una partita giudiziaria nella quale Al Bano trascinò il monumento del Pop Michael Jackson in aula, a Roma: lo accusò di avergli rubato i Cigni di Bakala, datata 1987 e averla trasformata in Will You Be There. I periti stabilirono che le due canzoni avevano 37 note di seguito identiche nel ritornello, e quindi il plagio sussisteva; Jackson venne condannato a pagare 4 milioni di lire di multa, ma non i 5 miliardi che chiedeva Al Bano. Sentenza che venne completamente rivista dalla in appello: entrambi si erano ispirati alla canzone del 1939, sprovvista di copyright, Bless You For Being An Angel degli Ink Spots. Il plagio del plagio. Al Bano fu costretto a pagare le spese processuali. Le canzoni ritenute simili sono un’infinità. Orecchiabile è la somiglianza tra Sarà la nostalgia di Sandro Giacobbe (scritta nel 1982) e La Vita è adesso di Claudio Baglioni, incisa tre anni dopo. Uno che viene tenuto sempre sotto osservazione è Zucchero, già identico nelle sembianze e nei movimenti a Joe Cocker: Per colpa di chi, grande successo di Fornaciari, non si discosta molto da Calling Elvis dei Dire Straits.

Cosa dire invece de Le ragazze dell’Est firmata da Baglioni che ha addirittura tre versioni? Mezz’ora fa di Gigi D’Alessio, Buona fortuna e buon viaggio dei Pooh e Un canto gitano di Lorenzo Ballarin. Per non parlare di Luciano Ligabue che nel 1995 ottiene un gran successo grazie a Certe Notti: ascoltandola però vien da chiedersi quanto si sia ispirato a Bed of Roses dei Bon Jovi… O gli 883 che raggiungono la celebrità col brano-tormentone Hanno ucciso l’Uomo Ragno riprendendo Love at First di Jon Yellow. Magari, all’epoca, il fatto poteva passare sottotraccia, difficile farlo oggi al tempo di Internet. E così si scopre che Arisa trionfa al Festival di Sanremo Giovani con un brano, Sincerità, troppo uguale nel ritornello a uno di Don McLean Vincent (Starry Starry Night). E nella speciale lista compare anche il Nobel-candidato Roberto Vecchioni: la sua Voglio una donna non può riportare alla mente I’m going down del Boss Bruce Springsteen.

E neanche il fresco di vittoria al Premio Tenco Niccolò Fabi la cui Verosimile ha un attacco molto “simile” a Know sure something dei Kiss. Chissà, magari il suo chitarrista è un fan della band glam rock statunitense. Un’autorità in materia di plagio musicale è sicuramente Michele Bovi, giornalista, autore di trasmissioni tv, collaboratore dello stesso Endrigo, autore del libro Anche Mozart copiava. Sul suo sito internet, Bovi ricorda come la prima causa per plagio vede protagonista uno dei padri della canzone italiana, Cesare Andrea Bixio, autore di Mamma e Parlami d’amore Mariù, per citarne due in uno sconfinato repertorio. Fu l’editore Ricordi a denunciare Bixio: sosteneva che la sua canzone, Noi siam come le lucciole… ovvero Lucciole vagabonde era un plagio dell’aria della Turandot di Giacomo Puccini, laddove fa “Ma il mio pensiero è chiuso in me…”. “Con i rispettivi avvocati”, scrive Bovi, “si recarono alla Siae per controllare il deposito dei due brani, in quel registro che raccoglie gli atti di nascita delle opere musicali dell’ingegno. E nella sorpresa generale scoprirono che Lucciole vagabonde era stata depositata alcuni mesi prima. Per stemperare l’imbarazzo di Ricordi e degli altri presenti, Bixio se ne uscì con questa frase: “Per carità, è ben lungi da me il pensiero che il Maestro Puccini abbia voluto copiare la mia canzone. Certo che il ritornello era nell’aria… probabilmente il Maestro l’ha sentito e gli è rimasto in testa…”. Gran signore.

di Emiliano Liuzzi e Pasquale Rinaldis

da il Fatto Quotidiano di lunedì 7 ottobre 2013

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