La gaffe di Guido Barilla nella sua intervista alla Zanzara non è il primo caso di suicidio verbale ad opera di amministratori delegati di grandi aziende. La rivolta sui social #boicottabarilla scatenata dalle sue parole viene chiamata nei Paesi anglosassoni “effetto Ratner”. Chi è lo sfortunato personaggio che dà il nome al peggior incubo di ogni azienda? È Gerald Ratner che fu l’amministratore delegato della più grande catena di gioiellerie inglese degli Anni 80, la Ratners Group.
Sotto la sua gestione la compagnia crebbe enormemente divenendo una specie di Zara dei gioielli. Grazie alla diffusione dei negozi e ai prezzi bassi, tutti gli inglesi potevano permettersi di acquistare un gioiello, un bracciale o degli orecchini d’oro. Ratner divenne così celebre al grande pubblico e mostrò da subito una grande simpatia grazie alla sua battuta facile. I suoi interventi in tv e sui giornali erano caratterizzati da un forte senso dell’umorismo che spezzava piacevolmente la serietà solitamente attribuita ai gioiellieri incravattati.
Ma nel 1991 il misfatto. Invitato all’Institute of Director di Londra, un meeting fra i più grandi imprenditori inglesi, Gerald Ratner preparò un discorso. In questa occasione estremamente formale Ratner decise di non inserire battute umoristiche nel testo. Purtroppo però quando lo lesse al suo staff prima di pronunciarlo in pubblico, qualcuno si lamentò dell’eccessiva serietà del discorso e lo convinse ad inserire una o due battute perché costituivano il marchio di fabbrica dell’imprenditore, ciò che lo rendeva tanto amato dal pubblico. Gerald Ratner, incontenibile simpaticone, si fece convincere e il risultato fu questo:
“Molti si chiedono come faccia un paio di orecchini d’oro ad essere più economico di un panino di McDonald. Probabilmente il panino durerà più a lungo”. Non soddisfatto sferra il colpo di grazia: “Facciamo anche un decanter da Sherry completo di sei bicchieri su un vassoio argentato col quale il vostro maggiordomo può servire le bevande, tutto per £ 4,95. La gente dice: “Come si può vendere questo ad un prezzo così basso?”, dico “perché è merda totale”.
Dal giorno dopo la stampa e l’opinione pubblica travolsero il povero Gerald Ratner, il quale pur avendo chiesto scusa dovette chiudere quasi tutti i suoi punti vendita e licenziare gran parte del personale. Ciò che restava della compagnia dopo le sue dimissioni dovette cambiare nome in Signet Group. Anche Guido Barilla ha provveduto a chiedere scusa con un comunicato stampa seguito da un videomessaggio e l’incontro con alcune associazioni che si battono per i diritti civili. La storia insegna però che questo non sempre basta.
Altri celebri casi simili di comunicazione disastrosa ad opera dagli stessi ad di grandi aziende sono riportati in un articolo del Daily Mirror grazie al quale scopriamo che anche il gay-friendly Ikea fu artefice di una gaffe. Il suo amministratore delegato Anders Dahvig ammise nel Febbraio 2001 che i negozi Ikea specialmente nel fine settimana erano “spaventosi”. Niente di grave. Eppure bastò a scatenare una serie di critiche da parte dell’opinione pubblica e della stampa. Questo mostra l’estrema sensibilità dei media inglesi, cosa della quale anche il Sig. Barilla si sta preoccupando data l’internazionalità del suo gruppo.
Sicuramente più offensivo è invece definire “cagne” le tifose del Newcastle United. Questo è ciò che fece il direttore generale del club Freddie Shepherd prendendole in giro per il fatto che comprassero per £50 le maglie della squadra che ne costano £5 al produttore. Guido Barilla non è quindi solo in questa classifica di imprenditori dalla lingua troppo sciolta. Vedremo se saprà imparare dagli errori dei suoi colleghi e arginare i danni che come abbiamo visto potrebbero portare persino al fallimento dell’azienda. Magari, come sembra emergere dall’incontro con le associazioni Lgbt , con un #BarillaNewSpot. Avete proposte?