Il consiglio regionale ha approvato il referendum sull'unione tra i centri di Bigarello e San Giorgio di Mantova. Gli esponenti di Comunione e liberazione e i più critici tra i berlusconiani hanno lasciato i minoranza Lega Nord e fedelissimi del Cavaliere ricalcando le divisioni a livello nazionale
Frana il Pdl lombardo, dopo il “travaglio interno” del partito a livello nazionale. Lo fa in modo palese, nell’aula del consiglio regionale, dove la maggior parte dei consiglieri del Popolo della Libertà ha votato insieme a Pd e Movimento 5 Stelle, mettendo in minoranza la Lega Nord e, soprattutto l’altra metà dei colleghi di partito. Finisce 11 a 7, con i diversamente berlusconiani, i ciellini da una parte e i fedelissimi del Cavaliere dall’altra, (questi ultimi usciti dall’aula insieme agli esponenti del Carroccio). La questione è talmente microscopica da essere solo il casus belli. All’ordine del giorno c’era la proposta del Pd, a lungo rimandata, di referendum consultivo per la fusione di due comuni: Bigarello (2100 abitanti) e San Giorgio di Mantova (9400 abitanti). Un’operazione difficile da digerire per la Lega Nord, e soprattutto per l’assessore all’Agricoltura Gianni Fava, che nel mantovano si è formato politicamente. Uno che ritiene di avere “più punti di contatto con il M5S che con molti ciellini del Pdl”.
La maggioranza Pdl, che al Pirellone è schierata con il Carroccio, va in frantumi quando i due presidenti delle commissioni competenti sul tema, Giulio Gallera (area laica) e Stefano Carugo (Cl), ribadiscono l’intenzione di far passare la mozione proposta dall’opposizione. “L’indicazione era quella di votare favorevolmente – spiega il coordinatore del Pdl milanese Gallera – poi la fibrillazione interna al partito ha provocato questo. L’importante è che la maggior parte del gruppo sia rimasto in aula”. Nella ‘minoranza’ del partito c’è anche Claudio Pedrazzini, co-capogruppo del Popolo della Libertà al Pirellone, molto vicino all’assessore della Sanità Mario Mantovani, berlusconiano doc, che dà un’altra versione: “Abbiamo lasciato libertà di coscienza”.
D’altronde il dualismo del partito in regione è presente fin dall’inizio della legislatura post-formigoniana: due i capi-gruppo (Claudio Pedrazzini e Mauro Parolini) per accontentare sia l’ala liberal che quella ciellina. Ma negli ultimi giorni è partita una raccolta firme per eliminare questa anomalia, puntando soprattutto a silurare Pedrazzini. “E’ un tentativo che non trova i numeri – assicura lui – chiedo che i chiarimenti avvengano nelle sedi del partito e non sulla stampa”. “Oggi è nata una maggioranza trasversale per dare un segnale di responsabilità – dice Carugo – Il segnale politico è che i numeri ci sono”. Fino a sera il foyer del consiglio regionale sembra il Transatlantico, tra riunioni e ‘parlottamenti’ dentro e fuori dall’aula. I collaboratori degli esponenti Pdl minimizzano, ma al banco del caffè qualcuno dice anche: “Era meglio dividere il partito”.
Mantovani, che tra gli incarichi accumulati ha anche quello di coordinatore regionale del Pdl, non era in aula al momento del voto. Impegnato in una riunione, ha visto dallo schermo quanto succedeva durante la seduta. La giunta guidata da Maroni ha scelto di non esprimersi sull’argomento: così si è arrivati al voto, senza il parere dell’esecutivo. La riunione del gruppo del Popolo della Libertà al Pirellone è convocata per giovedì: lì i più vicini a Comunione e liberazione e i critici con Berlusconi, per convergenza di interessi, proveranno a contare di più. Sull’onda di quanto richiesto anche da un gruppo di consiglieri comunali di Milano, guidati dall’alfaniano Alan Rizzi, che ha chiesto a Mantovani di “convocare un’assemblea degli eletti in Lombardia”. “La posizione ferma, virile e chiara nei contenuti e nelle conseguenze politiche dell’ala moderata ha portato a un risultato inatteso, quale certamente è il ripensamento di Berlusconi. Un risultato per me importante, significativo, positivo”, è il riassunto delle vicende nazionali secondo il presidente del Consiglio regionale, il formigoniano Raffaele Cattaneo.
Intanto l’opposizione ironizza sulle divisioni dei colleghi: “E’ imbarazzante che la maggioranza si sia frantumata su questo tema – spiega Fabio Pizzul (Pd) – Per Maroni non sarà facile portare avanti l’azione di governo”. “Questa divisione non fa altro che aumentare sul territorio lo spaesamento dei cittadini”, chiosa il Movimento 5 Stelle. Proprio i parlamentari eletti in Lombardia hanno dato ampio supporto all’operazione di Angelino Alfano: dal deputato Paolo Alli al senatore Francesco Colucci, il cui figlio (Alessandro) siede in consiglio regionale. Dal ministro Maurizio Lupi a Roberto Formigoni, per 18 anni dominus di regione Lombardia.