Cronaca

Mafia, il boss vicino a Messina Denaro: “Faccio mangiare i direttori di banca”

Sequestrati beni e liquidità per 38 milioni di euro a Filippo Greco, accusato di essere il polmone finanziario del clan di Campobello di Mazara (Trapani), vicino al latitante Messina Denaro. Gli affari tra la Sicilia, Varese e Milano. Nelle intercettazioni, i segreti del riciclaggio in Svizzera

Parola d’ordine, “Barbarella”. Quando i carabinieri di Trapani hanno ascoltato questo discutere in modo strano da parte di due soggetti, che stavano tenendo sotto controllo indagando sulla mafia del Belice, non hanno fatto altro che puntare ancora di più l’attenzione sul personaggio che parlando con un noto mafioso, Franco Luppino, braccio destro del boss Matteo Messina Denaro, dava questa indicazione precisa. E la loro lungimiranza è stata premiata. Sono così arrivati a scoprire il “polmone” finanziario della potente cosca mafiosa di Campobello di Mazara, Valle del Belice, ossia l’imprenditore Filippo Greco, 62 anni, originario del paese belicino, da anni trapiantato in Lombardia, a Gallarate, in provincia di Varese. Imprenditore edile, arrestato un paio di anni fa, sono in massima parte riconducibili a lui e all’imprenditore Nino Moceri, anch’egli campobellese, soprannominato Nino Berlusca, i 38 milioni di euro sequestrati dai carabinieri del Ros e del comando provinciale di Trapani, tra beni immobili, quote societarie, aziende, denaro liquido, sparsi dalla Sicilia sino in Lombardia.

L’ordine di sequestro è partito dal Tribunale delle misure di prevenzione di Trapani. “Barbarella” non era altro che il nome di uno dei conti cifrati che Greco risulta avere aperto presso alcune banche svizzere, da Varese certo non gli era difficile raggiungere Lugano, o Zurigo, centri dei suoi affari, da lì poi, quando alla “famiglia” di Campobello servivano i soldi, lui si preoccupava di farli arrivare su altri conti che possedeva in banche del suo paese.

Discutendo, sempre con Luppino, del modo in cui riusciva a far transitare i soldi, spiegava che “faceva mangiare” i direttori di banca così che quel denaro risultasse da lui incassato come se avesse stipulato mutui o prestiti di diversa natura. Tutte cose finite però intercettate. Luppino, incredulo, è stato sentito chiedere come riusciva a non far capire niente agli “sbirri” a proposito dei movimenti bancari in Svizzera: “con la minchia… perché quando si va a fare versamenti … non esistono ricevute …niente… vai lì e dici Barbarella! Per esempio hai 100 mila euro…50 mila…5 mila glieli mettonella cassetta di sicurezza…e in qualsiasi momento va lì…puoi metterli o levarli…Non è che la Guardia di Finanza si presenta e vede i conti, deve passare l’autorizzazione per un giudice svizzero e poi vanno dal direttore della banca non è che possono andare direttamente da lui”.

E quando parlava della Svizzera la indicava come la sua “cassaforte”. Così come Greco è stato sentito parlare della sua profonda conoscenza, e riverenza, nei confronti del capomafia Matteo Messina Denaro, ricercato dal 1993. All’orecchio dei carabinieri, troppo tardi però, si svela essere depositario di importanti segreti, come quelli su dove Messina Denaro aveva trascorso la latitanza: “era a Campobello…nascosto dentro la casa di Mattè”.

Dalle mani di Greco tra il 2007 e il 2009 sono transitate cifre considerevoli, circa 5 milioni di euro. Lui nel frattempo, dismesse le aziende immobiliari e le imprese delle quali era titolare nel varesotto, risultava all’erario essere “senza redditi”. Frattanto pagava le necessità familiari, della moglie e della figlia, e quelle della cosca, preoccupandosi addirittura di far arrivare vestiario ad un anziano capomafia in carcere. E con l’aiuto di un commercialista di Siena (rimasto però sconosciuto agli investigatori) sarebbe riuscito a riciclare somme per oltre un milione di euro. Soldi sempre del “numero uno” – come lo chiama Greco – Matteo Messina Denaro.