La famiglia di Pietro Mennea divisa da questioni di eredità. Da una parte, i tre fratelli, dall’altra la moglie. Al centro della contesa, il testamento che l’atleta avrebbe redatto solo nove giorni prima di morire, il 21 marzo del 2013. Nel documento, si indicava la moglie Manuela come unica beneficiaria del patrimonio del campione azzurro. Eppure, Vincenzo, Giuseppe e Luigi Mennea si dicono certi che quella in calce al testamento non sia la firma di loro fratello e si sono rivolti al tribunale civile di Roma per ottenere il sequestro giudiziario dell’intero patrimonio. Decisiva sarà la perizia sul documento, depositato presso un notaio romano.

La tesi dei fratelli dell’atleta di Barletta è supportata da un primo esame, che però non è ufficiale. “Sul documento  è stata già eseguita una perizia privata – spiega l’avvocato Tiziana dell’Anna che segue la vicenda -, con la comparazione tra la firma riportata e quelle che compaiono in documenti ufficiali. Questa ha concluso che il testamento è apocrifo”. Sull’autenticità del documento si prevede dunque una battaglia a colpi di perizie. “Il testamento nel caso di Mennea era necessario per poter lasciare tutto il patrimonio alla moglie, come è avvenuto”, spiega il legale. “Non avendo figli, la legge prevede che un terzo spetti ai fratelli. E, invece, in questo caso nulla. Esclusi sia i tre fratelli che la sorella. Ma i suoi fratelli ci sono rimasti malissimo”.

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