Tanto tuonò che piovve. E così dopo le avvisaglie dei giorni scorsi, l’agenzia di rating americana Moody’s ha tagliato il merito di credito di Telecom da Baa3 a Ba1, cioè “spazzatura” (in gergo junk). Il verdetto è arrivato dopo che martedì 8 ottobre anche Standard & Poor’s aveva minacciato un possibile downgrade per il gruppo italiano ti telecomunicazioni gravato da una trentina di miliardi di euro di debiti che, a questo punto, diventerà sempre più oneroso..
Il downgrade era nell’aria, ma l’uscita di scena del preseidente esecutivo Franco Bernabè che per il gruppo aveva pronto un piano industriale slittato al 7 novembre che includeva una ricapitalizzazione fino a 5 miliardi di euro finita in un cassetto, anche per gli analisti di Moody’s come per S&P, aumenta il livello di incertezza sul futuro di Telecom. Le dimissioni del manager hanno “aumentato l’incertezza sulla capacità della società di rafforzare il proprio bilancio abbastanza da mitigare il calo delle entrate e del margine operativo lordo. Le restanti opzioni a disposizione per rafforzare la valutazione prenderanno tempo per essere attuate, sempre che abbiano successo”. E dunque per Moody’s “ci sarà incertezza e un aumento dei rischi fino a che un nuovo manager non avrà messo in campo una nuova strategia”.
Telecom risponde opponendo “la forte generazione di cassa, un margine di liquidità per 12,8 miliardi di euro e redditività tra le più alte del comparto”, fattori che possono testimoniare, secondo l’azienda, la solidità del gruppo. “La riduzione del debito – aggiunge in una nota il gruppo – è sempre stata e continuerà a essere una priorità per Telecom Italia, nell’ambito di un percorso di sviluppo sostenibile delle attività industriali”. Tra i rischi finanziari legati al taglio del rating, c’è il fatto che la Bei potrà chiedere garanzie aggiuntive sui contratti di finanziamento in essere (il cui totale nominale è di 2,9 miliardi) e nel caso Telecom non lo facesse, potrebbe esigere il rimborso immediato dell’ammontare erogato. Ne deriverebbe un impatto che ad agosto Telecom reputava non stimabile.
Intanto, ai piani alti, si assistono a nuovi movimenti nell’azionariato. Dopo il riassetto di Telco, la scatola che ha in mano il 22,4% di Telecom, con l’accordo che porterà gli spagnoli Telefonica al controllo, martedì è emerso un altro azionista forte del gruppo, cioè il fobndo Blackrock che, con il 5,13% del gruppo ne è diventato il secondo azionista. “Noi siamo soci stabili da tempo, in Telecom Italia. I titoli del gruppo hanno oggi una valutazione di Borsa molto attraente. Investire in Borsa comporta dei rischi, ma Telecom resta un titolo interessante. Anzi, le dirò di più: noi attualmente consideriamo l’intera Piazza Affari tra le Borse più attraenti d’Europa”, ha commentato al Sole 24 Ore Mike Trudel, managing director del fondo che gestisce un portafoglio che secondo alcune stime è pari al Pil dell’Austria.
“Il rischio politico c’è ormai in tutto il mondo – ha spiegato Trudel in merito alla situazione politica italiana – perché penalizzare proprio l’Italia per questo? I nostri fondi hanno per esempio ridotto l’esposizione sulla Borsa statunitense, perché le aziende quotate a Wall Street sono mediamente il 20% più care di quelle europee. Abbiamo anche diminuito gli investimenti sui listini dei Paesi emergenti. Puntiamo invece sul Giappone e sul Vecchio continente”, ha proseguito.
Sul fronte politico, intanto, nella serata di mercoledì 9 è attesa l’approvazione della normativa sulla Golden Power, cioè delle procedure di attivazione dei poteri speciali del governo sulle infrastrutture “strategiche” nelle telcomunicazioni, nell’energia e nei trasporti, cioè le reti.