Silvio Berlusconi, una volta messo all’angolo dalle vicende giudiziarie, anziché rassegnarsi al proprio destino politico divenuto ineluttabile, ha compiuto una serie di gesti politicamente inconsulti (letteralmente: senza consultarsi appropriatamente) che potevano trascinare nel vicolo cieco del suo destino di politico anche tutta la destra italiana.
Astenendosi da giudizi di merito sulle vicende legali, sulle quali già il 90% dell’opinione pubblica è schierata a prescindere e senza conoscere i dettagli dei procedimenti se non attraverso le cronache partigiane dei giornali ostili al Cavaliere o di quelli della sua famiglia, era evidente a tutti che, una volta pronunciata la sentenza della Cassazione, era stato superato il punto di non ritorno oltre il quale la continuazione dell’attività politica era impossibile, almeno nei modi con i quali si era articolata negli ultimi 20 anni; prenderne atto sarebbe stata la soluzione più logica e la meno lacerante per lui stesso ma anche e soprattutto per la destra.
E qui veniamo al punto: abbiamo bisogno disperato, invece, di avere una destra forte, in grado ciclicamente di fare un’opposizione ferma e responsabile o di governare con visione strategica e riformatrice. Ne abbiamo bisogno perché è fondamentale che ci siano due forze politiche con visioni diverse che possano alternarsi e limitarsi a vicenda, evitando gli estremismi di pensiero e d’azione che scaturiscono fatalmente dal prolungato governo di una parte senza una reale opposizione.
La destra di cui abbiamo bisogno non può essere quella un po’ becera che abbiamo visto messa in scena da alcuni esponenti del “cerchio magico” né quella populista di movimenti assistenzialisti locali e neppure quella delle clientele, speculari a quelle della sinistra.
La destra della quale abbiamo bisogno deve avere la capacità di contrapporsi al massimalismo della sinistra che teorizza la re-distribuzione del reddito, mettendo al centro delle proprie politiche l’iniziativa individuale e il merito; deve porsi l’obiettivo di ridurre gradualmente la presenza dello stato nella vita dei cittadini, a partire dalla invadenza fiscale, per continuare con quella burocratica, guardando all’individuo come a un essere responsabile e in grado di autodeterminarsi per il meglio, al quale non si devono imporre né regole asfissianti e paradossali né balzelli mirati a concentrare sempre di più le risorse nelle mani dello Stato e dei suoi addentellati locali che hanno dimostrato di non saperne fare buon uso.
Abbiamo bisogno di una destra che stimoli l’iniziativa privata finalizzata alla creazione di ricchezza, guardando a quest’ultima come a un riconoscimento di capacità, iniziativa e applicazione e non come a un privilegio da abbattere perché usurpato e di cui, paradossalmente, vergognarsi. Ci occorre una destra che si ponga benevolmente ma fermamente nei confronti dei cittadini, garantendo la necessaria solidarietà ai membri più deboli della società ma chiarendo che non esistono pasti gratis e che solo l’iniziativa e la buona volontà possono far funzionare “l’ascensore sociale”; una destra che rafforzi realmente il sistema educativo istituendo sistemi premianti per docenti e studenti e che garantisca ai migliori la possibilità di emergere indipendentemente dal ceto di appartenenza, una destra che miri alla realizzazione di un apparato pubblico efficiente, al reale servizio del cittadino, una destra che non venga a patti con corporazioni e lobbies, di qualsiasi colore o estrazione siano.
Ci serve una destra che combatta fermamente criminalità ed evasione fiscale, senza buonismi politicamente corretti e senza la creazione di alibi; una destra che, svincolata da sospetti di leggi “ad personam” metta mano alla riforma della giustizia in senso liberale, dando pari dignità ad accusa e difesa di fronte a un giudice terzo e rendendo più agili strutture e procedimenti; una destra che abbia come obiettivo, in concerto con gli altri paesi europei, di guardare ai flussi migratori come a un valore aggiunto, ma se mantenuti nella misura in cui siano ragionevolmente sostenibili.
Al contrario della sinistra che ha un patrimonio cromosomico molto delineato e caratterizzato e che fa e farà il suo dovere di sinistra, facendo opposizione e governando per realizzare i suoi principi molto chiari e così servendo anch’essa il paese, la destra deve uscire dalla nuvola di ambiguità e incertezze che ne hanno caratterizzato le mosse negli ultimi venti anni, esponendosi al rischio che alcuni dei suoi elettori la abbandonino perché legati a populismo, assistenzialismo, clientelismo, ma anche potendo accedere all’opportunità di attrarre elettori che vagano per il centro in cerca di liberismo, ma quello vero.
Il distacco di alcuni esponenti della destra dall’egemonia politica di Berlusconi e del suo entourage più stretto costituisce un’opportunità storica che però deve essere colta subito, respingendo le sirene della formazione di un grande centro, esperienza già vissuta per decenni e della quale portiamo ancora le cicatrici, ponendosi come alternativa culturale prima che politica. Probabilmente scelte radicali da parte di una o più componenti della destra porrebbero le basi per scelte radicali anche da parte degli attuali centro e sinistra con un rimescolamento che potrebbe essere fecondo, datosi che dal caos nasce l’ordine.
Certo, occorre coraggio, molto coraggio, perché corporazioni, lobbies, centri di potere e “grandi vecchi” userebbero ogni mezzo per il mantenimento dello status quo nel quale si illudono di poter tirare avanti mentre la nave, a ogni istante, affonda un po’ di più. L’alternativa alla edificazione di un bipolarismo maturo e responsabile è consegnare il paese nelle mani di gruppi urlanti ma con poca proposta sostanziale oppure a una rivolta diffusa che non sembra poi così lontana continuando con il tran-tran quotidiano dei governi del quieto vivere; non vedendo profilarsi all’orizzonte alcun leader carismatico e con le idee chiare, il pallino mi sembra totalmente nelle mani dei dissidenti del Pdl; speriamo siano buone mani.