L'ex presidente del consiglio regionale del Lazio, Pdl, entra nella commissione. Si fece in quattro per bloccare la richiesta di commissariare il suo Comune. E continua a essere sotto processo per abuso d'ufficio per aver invaso l'Asl di Latina di lettere di raccomandazione
Ha iniziato la carriera – da poliziotto – come autista dell’allora ministro dell’interno Nicola Mancino, negli stessi anni della trattativa Stato-mafia. Vent’anni dopo entra, da senatore, nella commissione antimafia, in quota Pdl. Claudio Fazzone decisamente di strada ne ha fatta. Partito dal piccolo feudo del centrodestra in provincia di Latina, Fondi, ha sempre difeso l’operato dei suoi fedelissimi nel sud Pontino. Anche quando di mezzo c’era una richiesta di scioglimento del suo Comune. Per mafia. Era il 2008 quando il prefetto Bruno Frattasi, preoccupato dalle tante indagini della Dda, volle approfondire cosa stava avvenendo in quel piccolo Comune ad un centinaio di chilometri da Roma.
A Fondi – raccontavano tante indagini – c’era un intreccio pericolosissimo tra pezzi di ‘ndrangheta e amministratori pubblici, ad iniziare dall’ex assessore all’urbanistica di Forza Italia, Riccardo Izzi. Il sindaco, Luigi Parisella, aveva chiuso troppe volte gli occhi, raccontarono gli ispettori, dopo alcuni mesi di attenta analisi degli atti amministrativi. Un primo cittadino che con Fazzone non aveva solo un rapporto politico e di amicizia: erano proprio soci. Il neo componente della commissione antimafia non ebbe un solo attimo di tentennamento. Giurò che quel prefetto lo avrebbe querelato per le dure parole scritte sulla relazione che chiedeva lo scioglimento. Si fece in quattro, usò tutto il suo peso politico di uomo più votato della Regione Lazio per bloccare quella richiesta caduta sul suo piccolo feudo. E alla fine vinse: pochi giorni prima della decisione del consiglio dei ministri sul caso Fondi, il sindaco Parisella si dimise, evitando l’arrivo dei commissari prefettizi. Caso chiuso.
Meno fortuna il senatore Fazzone l’ha avuta con la giustizia. Da presidente del consiglio regionale del Lazio (2001-2005) aveva invaso la scrivania del dirigente della Asl di Latina con lettere di raccomandazione, tutte su carta intestata, tanto per far capire chi firmava. Oggi quella sua frenetica attività è sotto giudizio davanti al tribunale di Latina, che si dovrà esprimere a breve sull’accusa di abuso d’ufficio.
A Latina lo ricordano soprattutto per il suo peso nel Pdl locale. I suoi voti furono essenziali nel 2010 per l’elezione di Renata Polverini, che scese fino a Fondi per farsi immortalare insieme al senatore. Una volta eletto, optò per il Senato, lasciando il suo posto nel consiglio regionale al fedelissimo Romolo Del Balzo. La staffetta durò poco: il suo successore – arrivato dalla vicina Minturno – finì dopo poco agli arresti, per una brutta storia legata alla gestione dei rifiuti.
Oggi è arrivata per Fazzone una nomina di peso, all’interno della commissione che si occuperà di dossier delicatissimi. Come la trattativa Stato-Mafia, che vede imputato quello stesso Mancino che ha conosciuto all’inizio della sua carriera.