Nuovamente in carcere Valter Lavitola. L’ex direttore de L’Avanti è stato condotto a Regina Coeli, a Roma, con l’accusa di evasione. La sesta sezione della Corte d’appello di Napoli gli contesta infatti di avere violato gli arresti domiciliari. Nel maggio scorso, dopo tredici mesi di prigione, a Lavitola era stato concesso di scontare il resto della condanna per tentata estorsione ai danni di Silvio Berlusconi a casa della moglie a Roma. A incastrare il giornalista, una telecamera fatta installare dalla procura di Napoli nel cortile dell’abitazione: poco dopo avere filmato il faccendiere, il dispositivo di sorveglianza è stato distrutto da un’altra persona. Sull’episodio, che risale allo scorso agosto, sono in corso indagini da parte del nucleo regionale di polizia tributaria della Guardia di Finanza. Proprio le fiamme gialle hanno inviato alla procura generale presso la Corte d’appello la relazione in base alla quale è stato disposto il nuovo arresto di Lavitola.
Nel momento della concessione dei domiciliari, all’uomo era stato applicato un braccialetto elettronico per controllare che non evadesse. In questo caso, il dispositivo non ha fatto alcuna segnalazione: per questo, il suo legale Gaetano Balice spiega che il provvedimento verrà impugnato per verificare i fatti. “Adotteremo l’appello al riesame o una nuova istanza per rivalutare la sussistenza dei presupposti per l’aggravamento della misura”, ha fatto sapere l’avvocato. “La singolarità del provvedimento è che questa uscita rientra nella tolleranza del braccialetto elettronico che gli era stato affidato. Infatti non è scattato l’allarme”.
La decisione di riportarlo in carcere è stata presa dalla Corte d’Appello davanti alla quale il prossimo 30 ottobre comincerà il processo di secondo grado per la presunta estorsione a Silvio Berlusconi. L’ex direttore de L’Avanti era stato condannato a due anni e otto mesi di reclusione. Secondo i pm, il giornalista avrebbe minacciato il Cavaliere “di rivelare all’autorità giudiziaria circostanze di fatto penalmente rilevanti e pregiudizievoli per la sua posizione giuridica e per la sua immagine pubblica” e di tenere “condotte processuali non in linea con gli interessi dello stesso, nonché l’ulteriore disvelamento di (ulteriori) fatti penalmente rilevanti”. In cambio del silenzio, Valter Lavitola avrebbe chiesto cinque milioni di euro.