Il quotidiano finanziario critica la strategia industriale italiana sulla compagnia aerea di bandiera. "Il governo sta ripetendo l'errore dell'esecutivo di Berlusconi, il premier non è stato sincero su investimenti esteri". Il Wall Street Journal rincara la dose: "Il fallimento della politica industriale del Belpaese". Oggi la nuova riunione del consiglio di amministrazione e l'assemblea dei soci sull'aumento di capitale
Nel giorno della nuova riunione del consiglio di amministrazione e dell’assemblea dei soci che dovrà decidere la ricapitalizzazione per salvare Alitalia, il Financial Times muove una dura critica contro il piano di salvataggio della compagnia di bandiera italiana. “Il protezionismo industriale è tornato di moda a Roma”. Comincia così un editoriale del quotidiano finanziario in edicola questa mattina dedicato alla vicenda di Alitalia e che cita anche i casi di Telecom e Finmeccanica. L’Italia, scrive la testata britannica, ha bisogno di investimenti esteri per uscire dalla sua profonda crisi economica ma i politici sono troppo presi dall’ammantarsi nella bandiera per rendersene conto. La risposta di Palazzo Chigi arriva a stretto giro. Fonti dell’esecutivo dichiarano: “Non è protezionismo, ma il contrario”. Spiegano poi che “quella su Alitalia è un’operazione per arrivare a negoziare la fusione con un partner internazionale in condizione di spuntare risultati positivi”.
L’editoriale del Financial Times arriva il giorno dopo le dichiarazioni del ministro delle Infrastrutture, Maurizio Lupi, che ha dichiarato ai microfoni di Maria Latella: “L’Italia non può fare la Cenerentola” con Air France-Klm. Intanto Lufthansa, un’altra compagnia estera, considerata da alcuni come alternativa a Air France, ribadisce il suo ‘niet’. “Non abbiamo alcun interesse a guardare ad altre compagnie aeree, inclusa Alitalia”, precisa ad Affaritaliani.it Martin Riecken, portavoce Europe di Lufthansa, aggiungendo che “in questo momento” la compagnia aerea tedesca “è fortemente impegnata in sfide interne, soprattutto con il nostro programma che mira a garantire una maggiore efficienza”.
Il Financial Times ripercorre la vicenda Alitalia, cita quanto accaduto nel 2008 con il governo Berlusconi e dice che “il governo ha scelto di ripetere lo stesso errore”, trovando una soluzione che lasci l’azienda in mani italiane. Il risorgere del nazionalismo nell’ambito degli affari “getta un’ombra” sulla sincerità del presidente del Consiglio che ha più volte ripetuto di voler attrarre gli investimenti esteri e ha varato anche l’operazione ‘Destinazione Italia’, scrive il Financial Times, concludendo che la strategia di Roma su Alitalia fornisce un messaggio contraddittorio.
Anche il Codacons accusa il governo Letta di protezionismo. L’associazione dei consumatori ha inviato oggi un esposto alla Commissione Europea denunciando il coinvolgimento di Poste Italiane nella vicenda Alitalia come un illegittimo aiuto di stato. Secondo quanto si legge nell’esposto “l’intervento potrebbe configurarsi come un aiuto attraverso risorse statali sotto la veste di acquisto di titoli”. Il Codacons si sofferma anche sulle modalità con le quali è stata decisa la partecipazione di Poste all’operazione di salvataggio di Alitalia: “Occorre poi sottolineare come la decisione in merito all’intervento su Alitalia non sia stata decisa dal Cda di Poste Italiane, ma direttamente in ambienti politici, circostanza che potrebbe in futuro invalidare l’operazione”.
La vicenda della disastrata compagnia di bandiera italiana è al centro anche di un duro articolo del Wall Street Journal. Il caso Alitalia ”incarna il fallimento della politica industriale” dell’Italia, scrive i giornale economico Usa spiegando che la prolungata recessione economica che sta attraversando il Paese “ha esacerbato la mancanza di competitività” delle aziende italiane, “già svantaggiate da un enorme peso fiscale, complicatissime leggi sul lavoro, alti costi energetici e ingerenze politiche”. E così la base industriale del Paese “si sta erodendo” con i vari settori, come quello siderurgico e automobilistico, un tempo comparti dinamici e vibranti, che tagliano posti di lavoro o spostano la produzione al’estero. Alitalia ne è “l’esempio più eclatante”. I vari governi che si sono succeduti, sottolinea il Wsj, per anni hanno tenuto i rivali di Alitalia “a distanza” ma quando è arrivata la ‘deregulation’ del trasporto aereo alla fine degli anni ’90, la compagnia si è ritrovata impreparata ad affrontare la concorrenza.