La famiglia non interessa a nessuno, ancor meno a quelli che dovrebbero essere i suoi difensori. L’unico a crederci ancora e a combattere è l’onorevole Mario Sberna, non si sa come, finito eletto nel partito di Monti e Casini. Battersi con l’esempio – perché come diceva un saggio parroco, «la gente si converte con l’esempio, non con le prediche» – e non certamente con le parole e le omelie dei partiti cattolici e della stessa chiesa italiana. Dai quali abbiamo avuto bellissimi discorsi, ma fatti pochi, vuoi perché un divorzio o un bunga bunga non si nega a nessuno anche se cattolico, vuoi perché tra la famiglia e l’8 per mille meglio battersi per quest’ultimo. La famiglia mañana, mañana.
Così la famiglia è diventata brutta, sporca e cattiva, senza difensori e gode di pessima stampa. Anzi c’è chi dice che non esiste più. I numeri in Italia in verità dicono il contrario, gli italiani preferiscono ancora la famiglia, poi in effetti la praticano secondo il modello Berlusconi-Casini, ma questo non importa. Di fatto l’economia italiana si regge ancora sulla famiglia come struttura; sulla famiglia che sostiene i giovani che non trovano lavoro, sugli anziani che fanno da baby sitter, sulle famiglie che assistono anziani, malati etc. Quanti costi sociali ricadono sulle spalle delle famiglie! Perfino – con pregi e difetti – gran parte delle imprese, dalle più piccole alle più grandi, dai bar alle grandi industrie – sfruttano le economie di scala della struttura familiare.
Non voglio mitizzare, né criminalizzare la famiglia, essa è prima di tutto libertà e porte aperte a tutti, il resto è solo cattiva propaganda (mi dispiace per il grande Gaber…). La famiglia non vuole essere sostenuta, non si aspetta aiuti di Stato. Solo non vorrebbe essere discriminata, come invece ormai pare sia assodato non si dovrebbe fare con nessuno, bianco o nero, maschio o femmina, ateo o religioso. Invece ultimamente le cose per le famiglie stanno andando sempre peggio.
Certo l’Italia non è la Norvegia, dove il ministro del Lavoro ha in mente di intervenire con tutte le famiglie con 4 o più figli che hanno un reddito inferiore agli 84 mila euro all’anno, perché quello è il livello di povertà nel paese del Nobel per la pace. Intanto da noi nel 2012 la povertà assoluta ha coinvolto oltre l’8% delle famiglie, anche se il nostro reddito pro capite è ben distante da quello norvegese (99.170 dollari Norvegia, 33.115 Italia). E la nostra soglia di povertà è ben più magra, 595 euro per l’individuo singolo, 2140 euro per un nucleo familiare da sei persone. «Le famiglie hanno pagato più di altri il costo della crisi» è una frase strasentita e non si capisce, se è vero, perché nessuno ci abbia messo almeno una piccola toppa.
Non voglio aggiungere il problema della natalità italiana, che è la più bassa d’Europa, e che ci costerà non poco, perché in senso stretto non è legato necessariamente alla famiglia. Tuttavia mi sembra il caso di dire che così, cioè secondo le linee di politica economica degli ultimi 20 anni, non si può più andare avanti, perché rischiamo di fare la fine di quello che per fare un dispetto alla moglie si tagliava gli attributi. Sostenere la famiglia è interesse dello Stato laico, non dei preti.
Va riconosciuto il ruolo sociale della famiglia, ed è questo che va tutelato, non la famiglia a sé stante. I paesi più avanzati dell’Europa lo fanno da tempo e la protezione delle famiglie va di pari passo con le moderne politiche di tutela delle minoranze e dei diversi. In Italia no, è sempre lotta tra bande più o meno armate, come se il futuro degli omosessuali, degli extracomunitari, degli atei etc. potesse essere in contrasto con quello delle famiglie più o meno tradizionali. La famiglia è solo un tipo di organizzazione sociale con una grande storia alle spalle, con pregi e difetti. Non scomparirà. È nell’interesse dell’intera società tutelare e se possibile migliorare l’istituzione familiare. È una specie di bene comune. La famiglia non può fare lobby, non può tutelare i propri interessi trasformandosi in gruppo di pressione guidato da leader più o meno in linea con i principi che predicano. Senza scordare che prima o poi pagheremo anche i costi sociali che ci deriveranno dall’aver esagerato con il calcare la mano contro le famiglie.