Il fuoco di sbarramento europeo sulla Legge di Stabilità italiana comincia ben prima che il governo la definisca, oggi, e la trasmetta, entro la mezzanotte, a Bruxelles. Complice la ridda d’indiscrezioni man mano uscite e smentite: c’è l’impressione che il governo le provi tutte, cercando il ventre molle della minore resistenza.
Il cavallo di troia del sussulto di diffidenza verso l’Italia –del resto, mai sopita- è la vicenda Alitalia: come fidarsi di un Paese che, tre anni dopo, ripete il ‘pateracchio’ di sprecare denaro in nome dell’italianità d’un’azienda che sarebbe molto più garantita se gestita da chi gli aerei li sa fare volare piuttosto che da Poste italiane (e in passato da cavalieri bianchi tipo Riva e compagnia bella).
E, intanto, le energie migliori (?) della politica nostrana se ne vanno in dibattiti su amnistie e condoni più o meno ‘ad’ o ‘contra personam’ e in girotondi difensivi intorno al Quirinale per impedire che lo schizzo di una critica ne macchi la facciata.
Alla “depressione italiana”, dedica un ampio servizio il settimanale tedesco Die Zeit. Il presupposto è quello solito: l’Italia è l’elemento di rischio più grande della Zona Euro, senza esserne l’anello più debole, ché a quello provvedono la Grecia e magari pure Cipro. Ma se avesse mai dovuto fallire uno dei ‘piccoli’, in qualche modo si poteva riparare; se in default ci va l’Italia, sono guai per tutti.
Die Zeit fa qualche distinguo e prende per buone alcune notizie “positive” distillateci dalla politica, con la compiacenza dei media al servizio delle loro fonti più che del loro pubblico: “La politica d’austerità mostra i primi successi –scrive il giornale tedesco-, ma l’economia è in stallo”. Fmi e Ue vedono prospettive di crescita modeste. Fra gli elementi incoraggianti, Die Zeit annota che il Governo regge, in un contesto di riconquistata stabilità politica, e che la politica di consolidamento starebbe facendo “buoni progressi”, col deficit di bilancio inferiore del 3% questo anno e la chiusura della procedura per deficit eccessivo da parte della Commissione europea.
Eppure, rileva il giornale tedesco, “in Italia non v’è alcuna euforia, nonostante il governo annunci che nel 2014 il Paese tornerà a crescere, seppur a ritmo molto modesto. L’umore non sta cambiando per niente. Il motivo è fin troppo chiaro: il consolidamento è un consolidamento al ribasso senza la prospettiva della prosperità”.
Ecco, ora lo sappiamo: siamo cupi e sfiduciati perché ci manca la “prospettiva della prosperità”. Pare il negativo di un film di Muccino, La ricerca della felicità. Umori sempre italiani, là in chiave d’ottimismo americano, qui di pessimismo –speriamo!- tedesco.