A finire nel mirino di Bruxelles, la legge 214 del 2011. Gli anni di contributi necessari per ottenere il pensionamento anticipato sono 41 per le donne, 42 per gli uomini: una disparità di trattamento che contrasta con le norme comunitarie
Nel mirino della Commissione sono finite le disposizioni contenute nella legge 214 del 2011 in base alle quali gli anni minimi di contribuzione – validi sia per il settore pubblico che per quello privato – per ottenere la pensione prima di arrivare all’età massima sono stati fissati in 41 e 3 mesi per le donne e 42 e 3 mesi per gli uomini. Secondo i servizi che fanno capo al commissario europeo alla giustizia Viviane Reding – titolare del dossier – la norma italiana (che dovrebbe entrare in vigore a partire dal gennaio prossimo) è in contrasto con l’articolo 157 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea che stabilisce la parità di trattamento tra uomini e donne. E va anche al di là dei margini di manovra lasciati ai Paesi dalla direttiva varata dall’Ue nel 2006.
Già in passato, per l’esattezza nel 2010, la Commissione Ue era scesa in campo contro l’Italia, dopo la sentenza di condanna pronunciata dalla Corte di giustizia europea, intimando l’equiparazione dell’età pensionabile tra uomini e donne nell’ambito della Pubblica amministrazione. Una questione che venne poi risolta dal governo attraverso la riforma che portò anche per le donne, a partire dal 2012, l’età pensionabile a 65 anni. Ora, in seguito a una denuncia presentata a Bruxelles, l’attenzione della Commissione si è focalizzata sulla differenza esistente tra gli anni minimi di contribuzione. La decisione di messa in mora dell’Italia rappresenta il primo passo della procedura d’infrazione e viene seguita, a stretto giro, dall’invio al governo di una lettera in cui vengono dettagliate le contestazioni e chieste delucidazioni entro un ragionevole lasso di tempo (in genere un paio di mesi).
“L’esperienza del 2009, quando la Commissione Europea aprì una procedura di infrazione contro l’Italia in difesa delle donne auspicando migliori retribuzioni e migliori pensioni, fu utilizzata dal governo Berlusconi per innalzare l’età della pensione delle donne nella Pubblica amministrazione. Ci auguriamo che questo intervento dell’Unione europea serva a portare anche per gli uomini a 41 gli anni di contribuzione per il pensionamento anticipato e non si trasformi in una ulteriore penalizzazione delle donne“, ha commentato Marialuisa Gnecchi, capogruppo Pd nella commissione Lavoro.