È possibile fare ironia sullo stupro di una bambina? Brecht, alla fine dell’Arturo Ui, sosteneva che si potesse anche ironizzare su Hitler. La satira riesce a regalare un riso amaro. Un velenoso antidoto ai drammi più atroci. Ma in questi giorni a Ferrara ho assistito a qualcosa che non riesco a mitridatizzare. Parlo del vescovo Luigi Negri. Lui in questa storia c’era finito tirato per i capelli da un servizio delle “Iene”. In questa storia poteva essere una semplice comparsa. E invece si è calcato addosso i panni del protagonista.
Il copione vede un giovane uomo di 33 anni, Erik Zattoni. Davanti alle telecamere del programma di Italia Uno ha raccontato la sua storia. O meglio, quella di sua madre. Stuprata a 14 anni dal prete che ospitava lei e la sua famiglia in una casa della parrocchia. Da quella violenza nacque Erik. Lui, da adulto, ha voluto conoscere il padre e ha scritto ai vertici della curia ferrarese e al vaticano per chiedere che quell’uomo venisse ridotto allo stato laicale. A parte un riconoscimento giudiziale di paternità del tribunale (tramite vie legali), non ottenne nulla.
Trent’anni dopo, a sentenza emessa, il prete gli fece pervenire una lettera. Una lettera di perdono dove definisce “uno sbandamento” lo stupro di una quattordicenne.
Voglio ricordare che Erik scrisse anche negli anni ’80 alla Congregazione per la dottrina della fede, il cui prefetto allora era il futuro papa Ratzinger. Nessuna risposta. Del suo caso sono stati informati i vari vescovi che si sono succeduti a Ferrara negli ultimi trent’anni. Nessuno ne ha mai fatto parola.
Perché si è permesso che per 40 anni quel sacerdote rimanesse impunito e soprattutto avvicinasse attraverso le sue attività altri minori? All’inviato delle “Iene” il vescovo Negri risponde seccato: “Lei vuole insegnare alla Chiesa a fare la Chiesa?”. Ma è giusto che un prete rimanga tale anche dopo un crimine di quel genere, gli viene chiesto. “Certamente è giusto se non ci sono state ragioni per cui la Chiesa ha ritenuto che dovesse essere dimesso. Lo stupro non è sufficiente. Per il risarcimento non so a chi si deve rivolgere, non a me. Sono cose civili non ecclesiastiche. La smetta perché mi ha irritato”.
Fermate il giudizio. Credo che sia peggiore la risposta, meditata, del giorno dopo. Affidata a un comunicato stampa. L’arcivescovo si dice “coinvolto inopinatamente e aggressivamente in una vicenda accaduta più di 30 anni fa” e afferma di essersi responsabilmente e debitamente informato a seguito dell’incursione subita da “Le iene”. Quindi fa intendere che a metà ottobre di quest’anno non è conoscenza del caso. In base a questo scrupolo informativo arriva a dire che “la Chiesa di Ferrara-Comacchio non ha niente di cui accusarsi”.
Piccola parentesi. Da un documento fornito dall’associazione che segue attraverso il proprio studio legale Erik, emerge che in realtà Negri era stato già informato il 13 aprile 2013 tramite lettera della Congregazione della dottrina per la fede, a firma dell’arcivescovo Luis F. Ladaria, in cui si chiedeva di “ammonire formalmente il chierico” e a “sollecitarlo, nei limiti del possibile, ad assumersi seppur tardivamente le proprie responsabilità di padre”.
Ma lasciamo da parte l’Ottavo Comandamento e la questione sulla veridicità o meno delle affermazioni del vescovo. Concentriamoci sulle parole del suo comunicato. Dopo aver assolto la sua diocesi, Negri libera da ogni vincolo – patrimoniale – la curia: “la Chiesa, nei confronti dei sacerdoti, non si configura affatto come un datore di lavoro, che interverrebbe nelle vicende di carattere giuridico, economico e civile”.
Quanto a lui, il pastore dei fedeli ferraresi, sia chiaro che “le responsabilità di Mons. Luigi Negri nei confronti della Chiesa e della Società di Ferrara datano dal 3 marzo del 2013. Di quello che è accaduto prima avrebbe potuto anche non farsi carico ma se ne è interessato in termini rigorosi, e tale rigore lo ha portato alle considerazioni appena espresse”.
Poi arriva in conclusione il witz, il motto di spirito, l’ironia scacciapensieri: “Visto che comunque pare che sia una questione di cronologia e di tempi, e che è accusato di essere responsabile di cose accadute oltre trent’anni fa, l’Arcivescovo ci tiene a precisare, al fine di evitare spiacevoli equivoci in futuro, che non ha avuto nessuna parte nella dichiarazione della prima guerra mondiale e neppure della seconda e certamente non si è inteso con il presidente americano per lo sgancio della bomba atomica sul Giappone. Su queste cose è meglio riferirsi ad altri”.
Ecco, io non so se sia possibile fare ironia sullo stupro di una bambina. So solo che non tutti ci riuscirebbero.