Non c'è traccia di esodati o decreti che aumentano l'età minima pensionabile. Nel 2012 la Regione Sicilia ha sfornato ben 365 nuovi baby pensionati con assegni da quasi 7mila euro. E c'è chi, dopo la pensione, torna a lavorare come esperto o come assessore: tutto a spese dei contribuenti
L’ultimo in ordine di tempo si chiama Giovanni Tomasello, ha 57 anni e di mestiere faceva il segretario generale dell’Assemblea regionale Siciliana. Da ieri si è unito alla pletora di baby pensionati sfornati ogni anno dalla Regione Sicilia: motivi di famiglia ha spiegato il super dirigente nella lettera al presidente del Parlamento regionale Giovanni Ardizzone.
La storia delle maxi pensioni dei dirigenti dell’Ars non è esattamente una novità. Il prestigio del Parlamento più antico d’Italia non può evidentemente morire dentro le mura di Palazzo dei Normanni, dove il decreto Fornero è rimasto, fino ad oggi, fuori dalla porta. Da queste parti non c’è traccia di esodati, decreti che aumentano l’età minima pensionabile ed altre amenità. C’è invece una leggina piccola piccola, che l’Ars varò nel 2005, quando il governatore era Salvatore Cuffaro. All’epoca, nessuno sospettava che l’allora presidente, poi condannato per mafia, avesse una naturale pulsione per accudire i poveri, e che anni dopo potesse finire presto a scontare la pena affidato ai servizi sociali alla missione Speranza e Carità di Biagio Conte.
Sarà per questo che quella norma minuscola approvata dal parlamento siciliano individuava nell’ultimo stipendio percepito la base pensionabile dei dipendenti della Regione Sicilia. Una bella fortuna per Felice Crosta, che dopo pochi mesi a capo dell’Agenzia per i rifiuti è andato in pensione alla modica cifra di 41 mila euro al mese, ovvero 1400 euro al giorno. Quel mezzo milione di euro di pensione fece il giro d’Italia con il risultato che la Corte dei Conti decise di alleggerire l’assegno annuale di Crosta ad “appena” 219 mila euro. Queste però sono storie di pensioni normali. O meglio, pensioni d’oro, anzi di platino, riconosciute a persone che hanno più o meno raggiunto l’età pensionabile. Perché la Sicilia è anche, e forse soprattutto, terra di pensionati baby, ancora in forma, e in grado di essere attivi su più fronti, mentre percepiscono assegni a sei cifre dalla collettività.
Un esempio? Pier Camillo Russo di mestiere faceva il segretario generale della Regione Siciliana, fino a quando chiese di andare in pensione ad appena 47 anni. Il motivo? Doveva accudire il padre malato. Poco male, perché grazie ad un altro paio di leggine, la 104 del 1992 e la 335 del 1995, i dipendenti pubblici con familiari che versavano in gravi condizioni di salute potevano chiedere e ottenere di andare in quiescenza. Chiaramente addolorato, Russo era diventato pensionato della Regione Sicilia e con un assegno di quasi settemila euro al mese poteva dedicarsi ad accudire il padre. Poco dopo però ci ha ripensato, accettando l’invito dell’ex governatore Raffaele Lombardo ad entrare in giunta come assessore all’Energia: pensionato baby della Regione Sicilia e amministratore della stessa in un colpo solo. Il caso di Russo, però, non è l’unico. Anzi i pensionati baby, all’ombra di Mamma Regione, non si contano più. Solo nel 2012, secondo la Corte dei Conti, i dipendenti andati in pensione ben prima dell’età pensionabile sono ben 365: tutti ben remunerati da un sostanzioso assegno mensile. Perché in Sicilia niente deve mai essere esiguo, nemmeno le pensioni degli ex dipendenti andati a riposo ancora quarantenni.
Un ex direttore generale percepisce ogni mese di pensione 6.420 euro, mentre un dirigente si ferma a quota quattromila. Cifra aumentate esponenzialmente negli ultimi anni, dato che nel 2008 la pensione di un direttore generale si fermava a cinquemila euro al mese, il trenta per cento in meno rispetto ad oggi. Cifre che incidono e non poco sul bilancio regionale: nel 2012 i pensionati della Regione Sicilia erano infatti 16.377 e costavano alle casse isolante 656 milioni di euro all’anno, circa il dieci per cento dei sei miliardi di debiti che – sempre secondo la corte dei conti – gravavano sui bilanci di Palazzo d’Orleans a fine 2012.
Senza contare che il Fondo Pensioni della Regione, che gestisce gli assegni per i pensionati, costa da solo altri 385 mila euro all’anno. Ma non è tutto. Perché Pier Camillo Russo non è l’unico ad aver fatto marcia indietro, volendo continuare a servire la collettività anche dopo la pensione. Cosimo Aiello, per esempio, era andato in pensione a 51 anni per assistere la madre malata. Grazie alla nomina a capo di gabinetto, arrivata provvidenzialmente poco prima della pensione, poteva contare un assegno mensile invidiabile. Il lavoro però è sacro e non è facile separarsene facilmente. Ecco quindi che Aiello, subito dopo la pensione, ha iniziato a collezionare incarichi: consulente del Teatro Bellini di Catania alla modica cifra di 48 mila euro, commissario dell’orchestra sinfonica siciliana, commissario dell’Ersu (l’ente che assegna le borse di studio agli universitari), più la nomina a commissario dell’ente portuale di Catania, poltrona che secondo Il Sole 24 Ore varrebbe ben centomila euro all’anno. Tutto questo mentre continuava a percepire la pensione, che gli era stata concessa a causa delle gravi condizioni in cui versava la madre. Un vizio tipico dei baby pensionati della Regione Sicilia: escono dalla porta e rientrano dalla finestra. Tutto a spese dei contribuenti.
La pensione dell’ex gran commis di Palazzo dei Normanni, quindi non ha niente a che vedere con le minime da 500 euro perché così dice la legge siciliana. Lo stesso trattamento sarà riservato al suo successore, Sebastiano Di Bella, subito nominato dallo stesso Ardizzone, che ne avrà evidentemente apprezzato le doti, dato che lo ha già avuto alle sue dipendenze come capo di gabinetto. E se il nuovo segretario generale dell’Ars, essendo già sulla sessantina, ha messo nel mirino la maxi liquidazione, il predecessore di Tomasello, Gianliborio Mazzola, nel 2007 era riuscito a fare perfino di meglio, incassando una buonuscita da un milione e settecento mila euro. Lapidario il commento dell’allora presidente di Palazzo dei Normanni Gianfranco Micciché. “Quando ho firmato la sua liquidazione, mi sono sentito un deficiente ”. E chissà come si saranno sentiti tutti gli altri siciliani, quelli che devono aspettare i 67 anni d’età per per avere poche centinaia di euro al mese.