La sentenza arriverà dieci giorni prima delle primarie del Partito democratico. L'imputazione per il politico modenese, anche segretario regionale e in corsa per la poltrona da sindaco della sua città, è abuso d'ufficio e turbativa d'asta. "Sono sereno e dimostrerò la mia estraneità ai fatti", ha detto al fattoquotidiano.it
Il giudizio di un tribunale incombe di nuovo sulle primarie del Partito democratico. Proprio come un anno fa accadde per il processo a Vasco Errani, allora braccio destro di Pierluigi Bersani nella sfida per le primarie, Stefano Bonaccini, attualmente organizzatore della campagna di Matteo Renzi nella corsa alla segreteria Pd, andrà a processo con rito abbreviato il 29 novembre 2013. A meno di dieci giorni dalle primarie. L’imputazione per il politico modenese – che è anche segretario regionale del Pd ed è canditao per sindaco della sua città – è abuso d’ufficio e turbativa d’asta. Le accuse della procura di Modena riguardano la gestione di un chiosco in un parco cittadino, ai tempi in cui Bonaccini era assessore comunale nel 2003. “Sono sereno e il giudice dimostrerà la mia totale estraneità ai fatti”, ha detto a ilfattoquotidiano.it il segretario regionale, raggiunto a Firenze dove sta lavorando alla campagna elettorale di Renzi. “Sono stato io a chiedere il rito abbreviato su una vicenda che risale a 10 anni fa”.
Secondo la ricostruzione del pm Enrico Stefani, la gestione del chiosco passò da Achiropita Mascaro (la barista assassinata nel 2007, omicidio per il quale l’unico imputato, suo ex socio, è stato assolto con formula piena) alla società Sdps in maniera non regolare. Alla Mascaro erano infatti state contestate nel 2003 delle carenze nella gestione e per questo il contratto venne annullato e il chiosco fu assegnato poco tempo dopo a Massimiliano Bertoli e Claudio Brancucci, titolari della società Sdps. Una volta ottenuto il chiosco i due nuovi gestori ottennero dall’amministrazione comunale una serie di sconti, rateizzazioni, rinvii ingiustificati, che hanno portato all’accusa di abuso d’ufficio che riguarda quasi tutti gli imputati.
Assieme a Bonaccini hanno chiesto il rito alternativo altri due imputati: Mario Scianti, dirigente del settore Patrimonio del comune, accusato di abuso d’ufficio e turbativa d’asta e l’assessore Antonino Marino, che successe a Bonaccini nella carica ed è colpevole, secondo il pm, di abuso d’ufficio. Gli altri tre imputati non hanno ancora deciso come impostare la loro linea difensiva. Massimiliano Bertoli e Claudio Brancucci, i due gestori che entrarono in possesso del chiosco dopo la Mascaro, si sono riservati di decidere nella prossima udienza del 29 novembre, mentre Giulia Severi, altro dirigente comunale accusato di abuso d’ufficio nello stesso caso, ha chiesto di essere sentita il giorno dell’udienza preliminare, per poi decidere se chiedere o meno riti alternativi.
Un anno fa per il cosiddetto caso Terremerse anche Vasco Errani, governatore dell’Emilia Romagna e in prima linea per la campagna elettorale delle primarie di Bersani, scelse il rito abbreviato in un processo al tribunale di Bologna. Errani era accusato di avere dichiarato il falso in una relazione presentata in procura nel 2009 riguardante il finanziamento regionale di un milione di euro a favore della cooperativa Terremerse di suo fratello Giovanni. Il presidente della Regione fu assolto (anche se ora pende un ricorso in appello della procura) e Bersani poté andare alle primarie senza l’ombra di un suo fedelissimo condannato. Anche questa volta è molto probabile che la sentenza arriverà prima dell’8 dicembre, giorno delle primarie.