Ci sono pochi posti in cui si è brindato con più calore alla permanenza di Enrico Letta e soci a Palazzo Chigi rispetto alla sede dell’Ania, Associazione nazionale fra le imprese assicurative. Nella legge di Stabilità approvata ieri ci sarà l’invocatissima deduzione in cinque anni dei crediti deteriorati iscritti a bilancio (finora ce ne volevano 18); nella nuova tassazione sugli immobili uno sconto sulle tasse dovute per un ingente patrimonio il cui valore è peraltro in drammatico calo. A breve, secondo il sottosegretario allo Sviluppo economico, Simona Vicari, arriverà un decreto ad hoc per le imprese assicurative.
E i regolatori? Troppo inclini al punto di vista delle società: all’Ivass – che controlla il comparto – tra i tre membri del consiglio ci sono Riccardo Cesari, ex consulente Unipol e Alberto Corinti, un passato nella Federazione europea delle assicurazioni. Al ministero dello Sviluppo poi, dal bersaniano Flavio Zanonato alla berlusconiana Vicari, l’ascolto delle ragioni di Ania è quasi un dogma. La scusa è sempre la stessa: solo così diminuiranno i prezzi delle polizze. Eppure nel 2012 – secondo la stessa Ania – gli utili relativi al settore Rc Auto si sono attestati poco sopra gli 1,8 miliardi di euro su una raccolta di 17,5 miliardi. E i prezzi? Saliti, al solito.
I numeri non tornano. Dalla liberalizzazione di metà anni Novanta al 2012, i sinistri sono diminuiti del 40 per cento, mentre i costi per l’utente – dice uno studio Adusbef – aumentavano del 245 per cento (da 391 a 1.350 euro). Il risultato è che il 10 per cento del parco auto circolante non ha l’assicurazione. Secondo tabelle Ania, l’indice dei sinistri è calato dal 15% di vent’anni fa al 6,3% dell’anno scorso; il rapporto sinistri/ premi (combined ratio , in cui 100 è la parità) nel 2012 era 92, un record. Com’è possibile allora che le polizze continuino a salire? Spiegava l’Antitrust a febbraio: “Il settore della Rc Auto in Italia è un mercato con debole tensione competitiva”, in cui “le inefficienze vengono trasferite sui premi, con le imprese più efficienti che preferiscono realizzare margini più elevati anziché competere sulla quota di mercato”. E infatti, laddove in Francia, ad esempio, una quarantina di compagnie si contendono i clienti, in Italia i primi tre gruppi – Unipol/Fonsai, Allianz e Generali – si dividono oltre i due terzi del mercato.
In principio fu il governo Monti. Nei primi anni di crisi economica, le assicurazioni se la passavano male: la raccolta calava e ci furono un paio d’anni di perdita. Il ritorno agli utili è arrivato facendo pagare i clienti: aumento dei prezzi da un lato, abbattimento dei risarcimenti dall’altro. Ci ha pensato il governo Monti a inizio 2012 con un bel comma nel decreto “Cresci Italia”: il danno di lieve entità va risarcito solo se è suscettibile “di accertamento clinico strumentale obiettivo”. Devi avere le prove, insomma. Che significa? Che in quelle settimane molte compagnie hanno inviato lettere ai loro medici legali – Il Fatto Quotidiano ne ha lette tre – invitandoli in sostanza a non riconoscere mai i piccoli danni. A quel punto la scelta dell’assicurato è solo in perdita: fare esami assai costosi per un risarcimento che potrebbe persino non coprirli o lasciar perdere. Quel capitolo costava alle assicurazioni 2,7 miliardi l’anno, quest’anno la cifra dovrebbe essere vicina al miliardo. A fine settembre il governo ha annunciato un decreto in cui inserirà il “potenziamento del risarcimento in forma specifica”: il danneggiato sarà costretto a farsi riparare la macchina da un carrozziere convenzionato con la compagnia. Due i problemi: il primo è che tipologia e qualità della riparazione saranno scelti non dal cliente ma dall’assicurazione, che ha tutto l’interesse a tenere bassi i prezzi; il secondo è che quelli che sopravviveranno tra i quasi 16 mila carrozzieri italiani (e relativi dipendenti) passeranno da liberi professionisti a terzisti delle compagnie. L’assicurazione imporrà i pezzi di ricambio, il compenso orario, il tipo di intervento: chi non si adegua, perde il lavoro.
Aspettando i regali di Enrico. Fonti parlamentari assicurano che è ancora in ballo la questione delle nuove tabelle sul risarcimento dei macrodanni, quelli permanenti: finora i giudici hanno utilizzato quelle predisposte dal Tribunale di Milano – benedette pure dalla Cassazione – ma il ministero dello Sviluppo ha voluto riscriverle come chiedevano le compagnie. Risultato: risarcimenti dimezzati persino per cosette tipo aver perso una gamba. Il relativo decreto non è mai passato, nonostante ci abbiano provato sia il governo Berlusconi sia quello Monti: ora tocca a Letta. Nella commissione ministeriale che ha preparato le tabelle, gli unici componenti non medici – cioè quelli in grado di collegare matematicamente danno a risarcimento – erano Vittorio Verdone dell’Ania e la statistica Lucia Vitali, moglie di Riccardo Ottaviani, attuario anche lui e consulente delle maggiori assicurazioni in Italia.
da Il Fatto Quotidiano del 16 ottobre 2013