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Diritti Tv, tra Serie B e Lega Pro guerra di carte bollate per spartirsi le briciole della A

L'ente presieduto da Mario Macalli ha deciso di portare in tribunale Abodi e soci per la spartizione della quota di mutualità per le categorie inferiori: causa un vuoto normativo nella Legge Melandri, non c'è nessun criterio di ripartizione per i 55 milioni sul piatto

Per i diritti tv la Serie A è pronta a godersi 5,5 miliardi di euro nei prossimi sei anni, almeno 900 milioni a stagione. Agli altri, invece, restano le briciole. E per contendersele è in atto una vera e propria guerra fra poveri: la Lega Pro ha deciso di portare in tribunale la Serie B per la spartizione della quota di mutualità per le categorie inferiori. Tra insulti, rivendicazioni incrociate e minacce di ulteriori azioni legali. In ballo ci sono circa 55 milioni di euro, il 6% annuo degli introiti incassati dalla Serie A, che la Legge Melandri stabilisce siano devoluti alle altre due leghe professionistiche. Il Dlgs 9/2008, però, non prevede alcun criterio di ripartizione: si parla solo di una quota da destinare “alle società sportive delle categorie professionistiche inferiori”. Senza specificare come.

Negli scorsi anni un accordo era sempre stato raggiunto in extremis, dopo faticose mediazioni: nel 2012/ 2013 le risorse erano state divise all’incirca al 66% per la Serie B e 33% per la Lega Pro. Adesso è saltata ogni trattativa. E sono volati gli stracci. “Ladri, parassiti che vivono alle spalle degli altri: e noi siamo stufi di farci rubare i soldi che ci spettano”, tuona Mario Macalli, presidente della Lega Pro. “Questo è il loro stile volgare, in cui noi non ci riconosciamo. Ma la nostra educazione non dev’essere scambiata per debolezza: andremo fino in fondo”, risponde il presidente della Lega B, Andrea Abodi. La frattura sembra insanabile. Eppure per certi versi Lega B e Lega Pro si assomigliano: rispetto all’immobilismo della Serie A, sono gli unici ad aver introdotto qualche novità positiva nel calcio italiano. Retro sponsor e tetto salariale da una parte, riforma del campionato, esenzioni fiscali per i giovani e trust fra società e tifosi dall’altra.

Ma di fronte ai soldi, preziosissimi per due categorie che faticano a sopravvivere, i punti in comune passano in secondo piano. Tutti vogliono tutto, o comunque tanto. Macalli non fa fatica a quantificare le sue richieste: “Siamo due leghe con pari dignità, quindi chiediamo una divisione almeno al 50%. Anzi, a noi dovrebbe andare qualcosa in più, visto che la legge parla di società sportive, e noi ne abbiamo 60 mentre loro 22”. Una proposta irricevibile per Abodi: “E’ un ragionamento sbagliato. La mutualità non è un ammortizzatore sociale, ma un contributo che deve servire a ridurre la forbice fra i vari campionati e fare il bene del sistema calcio italiano. E mentre fra Lega Pro e Serie B il divario è minimo (come dimostra il fatto che le neopromosse a volte riescono a lottare anche per il titolo), fra noi e la Serie A purtroppo c’è un abisso. Perciò queste risorse spettano soprattutto ai club di Serie B”.

Ogni tentativo di conciliazione è fallito. Anche su questo le due parti si scaricano a vicenda le colpe: “A febbraio – rivela Macalli – avevamo scritto alla Serie B proponendo di sederci a un tavolo per trattare. Si sono degnati di rispondere solo a fine luglio. Troppo tardi”. Diversa la versione di Abodi: “Noi siamo stati sempre disponibili al dialogo. Invece quello che abbiamo ricevuto è stata una lettera dai loro legali, già su un piano di precontenzioso. Come dovevamo rispondere?”. La Lega Pro non vuole sentir ragioni: si è rivolta al Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport del Coni. A questo punto decideranno i giudici. “Vogliamo una sentenza, che sia fatta chiarezza. Stabiliamo una volta per tutte i criteri e non se ne parli più. Qualunque sia la decisione la accetteremo”, conclude Macalli.

Vista la situazione e l’evidente vuoto normativo, forse non è una cattiva idea quella di ricorrere ad un ente terzo. Ma non al Tnas, secondo la Serie B: “Con tutto il rispetto per l’organo – spiega Abodi –, cosa può dire il Coni su una vicenda che è politica e non giuridica? La titolarità spetta alla Serie A, che quei soldi li produce. O alla Figc. Questa è una delle eccezioni preliminari che abbiamo presentato. I giudici al massimo possono sancire l’indeterminatezza e rimandare al legislatore, non decidere sul non scritto. Saremmo davvero sorpresi se il Tnas stabilisse autonomamente dei criteri. E a quel punto potremmo valutare ulteriori azioni”. Che vuol dire altri ricorsi, anche in sede di giustizia ordinaria. La sentenza del Tnas è attesa per dicembre, ma la guerra è appena cominciata.

Twitter: @lVendemiale