Si è incatenato al palo che sorregge la bandiera dell’Italia, ai piedi del palazzo della Regione Emilia Romagna, l’imprenditore di Carpi Iorio Grulli, che il 29 maggio del 2012 perse la sua azienda a causa del terremoto. “Le istituzioni ci avevano promesso un aiuto – racconta con una catena stretta al collo – ci avevano promesso che lo Stato avrebbe ricostruito le aziende, ma non è successo. Così ho deciso di venire a protestare e non me ne andrò finché il presidente del consiglio Enrico Letta, in prima fila a rassicurare noi terremotati, non ci darà delle garanzie. O non ammetterà che dobbiamo arrangiarci”. L’azienda di Grulli, la Manifattura Modenese, si trovava a Rovereto sulla Secchia, in provincia di Modena, e produceva passamanerie per l’alta moda, tra i suoi clienti marchi come Benetton e Max Mara. Il 29 maggio, però, cambiò tutto. “Ricordo quella mattina come fosse ieri – racconta l’imprenditore di 62 anni – la scossa fu così forte che pensai saremmo morti tutti, i miei figli, i nostri 10 dipendenti”. I due capannoni di 3.500 metri quadri crollarono come castelli di carta sui macchinari dell’azienda, travolgendo anche la moglie, che rimase in coma per circa sei mesi. “Persi quasi tutto – continua Grulli – dalle macerie riuscimmo ad estrarre appena 5 macchine delle 130 che vi erano collocate, ma non mi arresi”. Il cognato gli mise a disposizione un piccolo capannone, e per i mesi successivi la famiglia Grulli riuscì a tirare avanti. “Non era facile, il fatturato era crollato dell’80%, ma amo la mia azienda e non ho mai avuto intenzione di rinunciare. Fortunatamente ero assicurato”.
Secondo quanto racconta l’imprenditore, l’assicurazione riconosceva una copertura totale pari a 3,5 milioni di euro, “noi scegliemmo di prendere subito il denaro, e così ricevemmo un premio di 1,8 milioni. Del resto funziona così, chi si ferma perde i clienti, le commesse, e noi abbiamo bisogno di lavorare”. Il passo successivo, quindi, fu rivolgersi alla Regione per chiedere i contributi. “Quando mia moglie rimase ferita in seguito al terremoto, la procura di Modena sequestrò tutto, ma non appena il sequestro venne revocato presentai il progetto per la ricostruzione”. Il problema, spiega l’imprenditore, è che la normativa prevede che le imprese assicurate vincolino il premio assicurativo all’istruttoria relativa al progetto per la ricostruzione: “nel mio caso, io avrei dovuto rinunciare alla liquidità rappresentata dai soldi dell’assicurazione per aspettare i tempi della Regione. Ma io ho bisogno di quel denaro ora, per non chiudere”.
La normativa europea e l’ordinanza 113 del 2013, varata dal commissario alla ricostruzione Vasco Errani, prevedono che i contributi riconosciuti alle aziende assicurate corrispondano alla differenza tra i costi da sostenere per ricostruire ciò che è andato distrutto e il premio versato dall’assicurazione. “Che va bene – chiarisce Grulli – solo che in questo modo, a causa dei tempi burocratici, rischio di rimanere senza liquidità per chissà quanti mesi. Perché i miei risparmi sono già finiti: 200.000 euro li ho spesi per avviare le pratiche per il Mude e per Sfinge”. I sistemi impostati della struttura commissariale per la ricostruzione, relativi, rispettivamente, al privato e al pubblico. “Non si può andare avanti così, senza soldi in cassa. Io ho bisogno di materiali per lavorare, altrimenti chiudo. Io non voglio certo guadagnarci da tutta questa storia, chiedo solo di poter spendere il denaro che ho ora, in attesa di ricevere quanto mi spetta dallo Stato”.
Un circolo vizioso, però, visto che per non incorrere in una procedura d’infrazione dell’Unione Europea è obbligatorio che si rispetti l’impianto regionale, tempi tecnici compresi, il quale prevede un iter preciso: si presenta il progetto, il commissario firma il decreto che riconosce il contributo, la cambiale Errani, e si iniziano i lavori, con pagamento a ogni sal, stato di avanzamento lavori. “In tutto, a istruttoria aperta, perché si arrivi alle prime fatture – spiega la Regione – ci vogliono 4 o 5 mesi”.
“Non ci sono alternative – conferma Gian Carlo Muzzarelli, assessore regionale alle Attività Produttive, arrivato in viale Aldo Moro insieme ai tecnici che seguono le pratiche delle aziende – noi dobbiamo agire all’insegna della tracciabilità, della legalità e della trasparenza, non solo perché l’UE ci sanzionerebbe se pagassimo un euro in più del dovuto alle imprese, ma anche perché si tratta di denaro pubblico, e tutto ciò che viene speso deve essere certificato”.
Il “nemico”, ancora una volta, è la burocrazia. I ritardi nell’erogazione dei contributi, sebbene – precisa Muzzarelli – “a oggi abbiamo già approvato 123 cambiali Errani alle aziende” – “privano della liquidità le aziende. La cosa paradossale – attacca Grulli – è che chi per anni ha pagato l’assicurazione non possa utilizzarne il premio finché la Regione non approva il progetto, pena la perdita dei contributi pubblici. Non chiedo di ricevere il 100% del danno subito dallo Stato, chiedo solo di poter spendere il denaro che ho mentre aspetto che la Regione approvi il finanziamento della percentuale che mi spetta, al netto degli 1,8 milioni che ho ricevuto dalla mia polizza”. Anche perché sui sal, Grulli dovrà pagare l’iva: in tutto 1,2 milioni di euro.
Grulli, che la settimana scorsa era alla Cappelletta del Duca a manifestare insieme ai terremotati, non ha intenzione di aprire il lucchetto che lo lega al palo di viale Aldo Moro. “I politici in televisione sorridono sempre, mentre noi ci spariamo in testa perché non abbiamo il lavoro. I partiti non rinunciano a un euro dei loro rimborsi e io sono qui a spaccarmi la schiena per ricostruire il mio capannone. E’ vero, gli emiliani sono brava gente, ma prima o poi anche la brava gente si stanca”.