“C’è un negozio che sicuramente sarà aperto: si chiama Foodland e sta nel quartiere Nana, così prendo un taxi. L’orologio sul cruscotto indica che è l’una e ventinove di notte. Lungo tutto il Sukhumvit sono comparsi i banchetti degli ambulanti, pronti a sfamare le prostitute e i loro clienti. C’è una bella atmosfera, piacevole, con gente che mangia o se ne sta seduta davanti all’entrata dei negozi a chiacchierare, a raccontare storie della notte. Tra i banchetti ciondola qualche farang ubriaco, ma in generale tutti si comportano bene. Quando arrivo a Nana, il quartiere pullula di ragazze che lavorano nei locali e hanno appena finito per stanotte. Il supermercato serve cibo a un piccolo banco vicino alla cassa ed è affollato anche lì. Le corsie, invece, sono quasi deserte: solo un paio di farang che stanno decidendo che vino comprare per finire in bellezza la serata, qualche prostituta che fa provviste da portarsi a casa e qualche thai che compra whiskey di riso.”
Un poliziotto inusuale, ex monaco buddhista, figlio di una prostituta thailandese e di un americano reduce del Vietnam, un thriller al cardiopalma, e come sfondo la grande e suggestiva megalopoli di Bangkok con i suoi mille contrasti. Questi gli ingredienti di Bangkok uccide, di John Burdett, tradotto da Claudia Converso ed edito da Giano Editore.
Sonchai Jitpleecheep è un detective del Distretto 8 di polizia della capitale thailandese, e si ritrova costretto a guardare un terribile Dvd in cui scorrono le raccapriccianti immagini di uno snuff movie, uno di quei video di torture e morti atroci diffusi piú di quanto si possa immaginare a livello internazionale. La ragazza brutalmente assassinata nel filmato è Damrong, una prostituta che è stata un tempo un’amante di Sonchai. Prende avvio da qui un’indagine dark fra miseria e ricchezza, luci al neon, ritmo da videogiochi, giovani contadine spinte dalla fame alla prostituzione, poveracci costretti a spacciare per potersi permettere una dose di yaa baa (potente metanfetamina molto diffusa), poliziotti risucchiati dal vortice della corruzione, ormai piaga nazionale del Paese asiatico.
Il romanzo, con una trama notevole, una prosa scarna e velocissima, è una vera e propria immersione nella cultura thai e nella filosofia buddhista e ci proietta in un mondo dai mille contrasti, dove una società atavica combatte e intraprende un gioco di seduzione con l’agressiva dinamica globalizzata che governa il mondo.
John Burdett conosce la situazione che racconta. Nato in Gran Bretagna ma residente in Asia da molto tempo, è abile nell’utilizzare una tecnica di descrizione di ambienti che a volte fanno sembrare il romanzo un reportage di new journalism al sapore di tom yam, la zuppa dal gusto agro piccante che si può degustare in qualsiasi bancarella o ristorante di Bangkok.
La bravura dimostrata in Bangkok uccide viene bissata ne Il picco dell’avvoltoio, edito in Italia da Bollati Boringhieri e tradotto da Carlo Prosperi. In questa storia Sonchai Jitpleecheep è incaricato di indagare su un traffico di organi umani diffuso a livello globale. I lettore seguirà il detective da Bangkok a Phuket, Dubai, Montecarlo, Lourdes, Hong Kong, Shanghai, sempre sulle tracce delle principali indiziate, le sorelle Yip, due bellissime e ricchissime gemelle cinesi dalle inquietanti caratteristiche fisiche e morali, proprietarie del lussuoso complesso turistico di Phuket dove sono stati trovati tre cadaveri, puliti, senza un filo di sangue, privi degli organi interni.
Gli alberghi sei stelle, le valigette frigorifero dal contenuto misterioso, la magnifica villa sulla cima del Picco dell’avvoltoio, nonché le comitive di cinesi danarosi, i funzionari dei servizi segreti americani esportatori di democrazia, le sociologhe moraliste, i militari e gli ex militari disgustano Sonchai assai più che non i bordelli – etero, omo e trans – di Bangkok e Phuket.
Un thriller denso d’atmosfera, esotico, divertente e pieno di sorprese. Un romanzo sporco e senza intoppi che si legge d’un fiato. Capace di evocare scenari a noi così distanti, ma al contempo vicinissimi.
“Nell’età dell’oro dei consumi sfrenati, un riccone di Hong Kong volle un’imponente dimora di piacere in cima a un’altura dell’isola di Phuket affacciata sul mare delle Andamane […] è un posto né peggiore né migliore di altri per un triplice omicidio, anche se raggiungerlo è complicato.“