Deve essere sconfortante per Silvio Berlusconi sfogliare i bilanci dei suoi partiti – Forza Italia e Popolo delle libertà – e constatare la drammatica situazione finanziaria nella quale versano e, soprattutto, il livello di “parassitismo” ormai raggiunto dai suoi soldati, colonnelli e generali.
Forza Italia ha chiuso il 2012 – l’esercizio al quale si riferisce il bilancio appena pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale – con un disavanzo patrimoniale di quasi 68 milioni di euro e debiti per oltre 88 milioni di euro garantiti solo ed esclusivamente da fideiussioni personali del Presidente Berlusconi.
Una voragine finanziaria nella quale le generose iniezioni finanziare del Cavaliere da decine e decine di milioni di euro ogni anno si perdono come gocce nell’oceano.
E’ il caso, ad esempio, dell’ultima donazione da 15 milioni di euro che Silvio Berlusconi si è ritrovato costretto a fare nei primi mesi del 2013, per ripianare un debito contratto nei confronti dei cugini de Il Popolo delle libertà.
Deve essere difficile per un uomo come il Cavaliere abituato al successo economico accettare l’idea che il “partito” con il quale iniziò la sua avventura politica ed ora vorrebbe continuarla sia ridotto ad un cumulo di debiti e sia in una situazione che – se si trattasse di una società – suggerirebbe di portare i libri in Tribunale chiedendone il fallimento.
Nel 2012, d’altra parte, non è andata meglio a Il Popolo della libertà che benché non versi in una situazione pre-fallimentare, ha, comunque, chiuso il 2012 con un buco di bilancio di poco meno di 4 milioni di euro, nonostante gli oltre 40 milioni di euro di contributi ricevuti dallo Stato.
40 milioni di euro che – proprio nel momento in cui si parla tanto di contenimento dei contributi pubblici ai partiti – costituiscono il maggior importo che il Popolo delle libertà abbia mai incassato dallo Stato.
Un patrimonio straordinario – pari a circa 2000 stipendi medi di altrettanti cittadini italiani – sperperato in azioni ed attività di promozione politica da un esercito di soldati, colonnelli e generali tanto generosi con i soldi pubblici e con quelli del Cavaliere quanto avidi con i propri.
Nel 2012, infatti, stando a quanto racconta il bilancio, i membri de Il Popolo della Libertà hanno – salvo rare eccezioni – mancato di versare le proprie quote associative annuali che ammontano a poche decine di euro ed arrivano a mille euro per i soli eletti in Parlamento.
Appena 40 mila euro contro i quasi 14 milioni di euro del 2011. A tanto ammonta il totale incassato dal partito a titolo di quote associative.
Un autentico crollo nella partecipazione finanziaria che gli Onorevoli Crimi e Bianconi, nel firmare la relazione al bilancio, sono imputano alla circostanza che “nonostante le indicazioni iniziali dei vertici del partito [nel corso del 2012] non si è riusciti né a regolamentare la formazione dei coordinamenti comunali né a stabilire un calendario di massima per lo svolgimento dei congressi che avrebbero potuto eleggere i rappresentanti locali, iniziative che avrebbero assicurato una buona raccolta di quote associative”.
Ma non basta.
Lo Statuto del movimento politico, infatti, prevede anche che i suoi associati eletti in Parlamento debbano destinare una quota dello stipendio a tale titolo percepito al finanziamento del partito. Si tratta, per gli eletti al Parlamento, di 800 euro al mese. Niente da fare neppure su questo fronte.
Ammonta, infatti, ad oltre 6 milioni di euro il buco nelle casse del partito aperto dal mancato versamento di questi contributi da parte degli associati.
Contribuire al finanziamento del partito, insomma, nella “Casa delle libertà” è, ormai, considerata a tal punto un’eccezione che gli amministratori, nella loro relazione, sono costretti a scrivere: “A tutti coloro che continuano ad onorare i propri doveri verso il nostro partito va, ancora una volta, indirizzato il sincero ringraziamento per il prezioso supporto fornito con generosità e senso di appartenenza; agli altri un fermo richiamo a provvedere per il sostentamento del partito sul territorio mentre agli organi del partito competenti va di nuovo fortemente rivolto l’invito a rendere più efficace l’azione contro gli inadempienti”.
I soldati – salvo eccezioni – non pagano e colonnelli e generali del Cavaliere si guardano bene dal pagare e farli pagare.
C’è ben poco da aggiungere.
Onorevoli, Ministri e vice ministri che nella loro vita pubblica professano il rispetto delle regole e danno lezioni di civiltà a destra e manca, nella loro vita di partito, vivono a sbafo dei contributi pubblici e delle generose elargizioni del Cavaliere, violando, senza timore né vergogna, le regole di appartenenza al loro partito.
Parassiti di partito pronti a spendere i soldi altrui – nostri e del loro leader – ma ben poco inclini ad investire i loro, anche quando “guadagnati” grazie al partito.
Basterebbe questo per non affidare loro le sorti del Paese.