L'ultimo testo (Edizione Chiarelettere) dello scrittore di Parma analizza le contraddizioni della nuova politica nella gestione dell'amministrazione comunale. Tanti gli interrogativi rimasti in sospeso e le promesse che una volta al governo è stato difficile rispettare
Io poi un’altra cosa che non mi spiego è come mai le cose cambiano così tanto a seconda del punto di vista da cui le si guarda; gli esponenti del MoVimento 5 stelle, per esempio, quando non erano al governo che parlavano dei governanti, dicevano che i governanti erano dipendenti del popolo che erano al servizio del popolo, che è una cosa sensata, mi sembra, che ti verrebbe da dargli ragione, solo che adesso che, in certi posti, come per esempio a Parma, sono loro che sono al governo, si lamentano del fatto che è il popolo, che non li aiuta, che non collabora, che non partecipa, e che quando partecipa è capace di parlare solo dei problemi delle buche, invece di alzare gli occhi e di occuparsi delle grandi sfide che ci attendono nel prossimo futuro. Questa cosa l’ho sentita dire al Fuori Orario, quel circolo Arci che c’è tra Parma e Reggio Emilia, a Taneto di Gattatico, nel maggio del 2013, che c’era un dibattito che si intitolava “Il colore del futuro è verde” ed era dentro la festa nazionale dei comuni virtuosi, e ci partecipavano dei politici e degli imprenditori e dei giornalisti nuovi che rappresentavano un nuovo modo di fare politica, imprenditoria e giornalismo.
E all’inizio avevano detto che fa più rumore un albero che cade di una foresta che cresce. Poi avevano detto che ci vuole una visione strategica nella gestione della questione dei rifiuti. Poi avevano detto che bisognava mettere al centro del dibattito nazionale e locale un tema. Poi avevano detto che c’era un’Italia diversa. Dopo avevano detto che la luce naturale aiuta il benessere abitativo. Poi avevano chiesto “Qual è il problema dell’Italia?”. Poi avevano detto che loro affrontavano la sfida. Poi avevano detto “Attivo, proattivo e inserito nel territorio”. Poi avevano detto “Come anche i terremoti”. “Ne vedremo delle belle”, avevano detto poi dopo. Poi uno aveva detto “Raschiare il fondo del barile”. Poi, lo stesso, aveva detto “Lanciare il sasso nello stagno”. Poi avevano rivelato che uno di Capannori ha vinto il premio Nobel alternativo sull’ambiente. Poi avevano dato la parola a uno che aveva detto “Ho sentito delle cose che tante volte mettono l’angoscia in quello che possiamo fare”. Questo qua di mestiere faceva il sindaco di Parma. Che poi, sempre lui, aveva parlato della famosa “Lentezza al cambiamento”. E che non si può demandare alla politica, aveva detto. E aveva detto che agli incontri coi quartieri non ci andava molta gente, e quella che ci andava, invece di guardare in alto al prossimo futuro che ci attende, parlavan delle buche. E dopo non so più cosa avevano detto perché io, lo confesso, ero uscito prima che finisse.
E dentro di me, intanto che uscivo mi ero chiesto “Ma i comuni virtuosi, ma chi è che decide che sono virtuosi?”. Questo, credo, dipende dal fatto che politicamente io sono un po’ ingenuo, ma, a parte quello, la cosa che a me mi stupisce, del MoVimento 5 stelle, tra altre, è il fatto che loro si immaginano che, quando vanno al governo loro, l’atteggiamento del popolo nei confronti dei governanti cambi immediatamente, cioè come se, solo con il fatto di essere, per dire, sindaci di quella città, in quella città tutti i cittadini sono contenti e non considerano più i governanti come dei dipendenti ma come della gente che bisogna aiutarla e condividerne le iniziative, anche quelle in aperto contrasto con quanto promesso in campagna elettorale, e prepararsi assieme alle grandi sfide che ci attendono nel prossimo futuro. Solo che, secondo me, sarà che io di politica non ne so tanto, ma io ho l’impressione che le rivoluzioni, a parte che le rivoluzioni importanti, come diceva Pjatigorskij, forse sono quelle lì che non sembrano rivoluzioni, tipo Andrej Nikolaevic che cambia casa, ma a parte quello il cambiamento, secondo me, nell’atteggiamen – to degli abitanti di una città, non dipende dal voto, non dipende da un atto burocratico come un voto amministrativo, dipende da una marea di altre cose molto più complicate tra le quali, e non è la meno importante, secondo me, la lingua che parla la gente. E, non so, forse sono io che non capisco bene…