“L’Ucraina farà la fine della Grecia o di Cipro”. A sostenerlo, in vista della firma a novembre dell’accordo di associazione e libero scambio tra Kiev e Bruxelles, è il premier russo Dmitri Medvedev. Secondo il presidente russo Vladimir Putin e il suo entourage, aprendo il suo mercato all’Ue il Paese governato da Viktor Yanukovich andrebbe incontro ad un default. L’integrazione dei paesi dell’ex Urss con Bruxelles promossa nell’ambito del Partenariato orientale viene vista dalla Russia come una sfida politica e una minaccia al suo dominio sul territorio ex sovietico. Questo perché andrebbe a urtare contro i progetti d’integrazione eurasiatica promossi da Putin, in particolare l’Unione doganale tra Russia, Bielorussia e Kazakistan.

A trovarsi tra l’incudine e il martello è proprio l’Ucraina, che subisce pressioni dai due confinanti. Mosca ha fatto capire a Kiev che deve scegliere tra l’associazione con Bruxelles e l’Unione doganale eurasiatica. Un uomo forte di Putin, il consigliere Sergei Glazyev, ha ribadito qualche giorno fa al Forum eurasiatico di Verona la posizione del Cremlino: “La firma dell’Ucraina sarà un freno al dialogo eurasiatico. Il governo ucraino ha fatto la sua scelta, che è politica”. Per convincere Yanukovich a rimettere nel cassetto il sogno europeo e a venire tra le braccia della Madre Russia, Mosca alterna minacce ad avvertimenti. “La conseguenza della firma (dell’accordo con Bruxelles, ndr) sarà la diminuzione del credito russo e un possibile default per cui occorreranno 15 miliardi di dollari e per la stabilizzazione dell’economia non meno di 35 – ha detto il consigliere, lanciando, poi, una domanda provocatoria – l’Unione europea sarà in grado di sostituirsi alla Russia?”

Il primo ministro di Kiev Micola Azarov è sicuro: in caso di necessità Bruxelles tenderà una mano. Lo stesso premier ha dichiarato recentemente che saranno necessari tra i 100 e i 160 miliardi di euro di investimenti in dieci anni perché l’Ucraina possa adottare gli standard europei nei diversi settori industriali. Procedimenti necessari per aderire all’area di libero scambio con l’Ue. Kiev si attende in tal senso un aiuto economico da parte dell’Europa, per poter far fronte a queste sfide difficilmente sostenibili dall’economia ucraina. “Kiev spera ad ottenere un prestito dal Fondo monetario internazionale”, spiega Aleksei Vlasov, il vicepreside della facoltà di storia dell’Università statale di Mosca ed esperto del contesto ex sovietico.

Visto che gli ammonimenti non funzionano, Mosca è passata alle minacce esplicite. “I paesi dell’Unione doganale dovranno pensare all’introduzione di misure protettive” nel caso Kiev aprisse il mercato all’Ue. Lo ha detto recentemente il presidente russo Vladimir Putin. In realtà, Mosca ha già testato questa tecnica l’estate scorsa, ingaggiando una guerra doganale con Kiev e chiudendo il suo mercato ad alcune merci ucraine. Anche se il prezzo più caro che l’Ucraina pagherà per l’accordo con l’Ue è quello relativo al gas russo. Mosca ha promesso in cambio dell’adesione di Kiev all’Unione doganale di scontare le forniture di quasi tre volte: da attuali 410 dollari per mille metri cubi del gas a 160 dollari. Ma se va con Bruxelles niente sconti. Addirittura si teme che la Russia possa chiudere i rubinetti come era avvenuto a gennaio del 2009, quando anche l’Europa – che riceve la gran parte del gas russo attraverso la rete dei gasdotti ucraini – ha rischiato di rimanere al freddo.

Se dalla Russia Kiev subisce pressioni economiche, dall’Ue si fanno forti le pressioni politiche. Infatti il Consiglio Esteri Ue che si riunirà il 21 ottobre attende un’azione chiara dall’Ucraina rispetto al caso di Yulia Timoshenko, ex premier e eroina della Rivoluzione arancione, per dare l’ok alla firma dell’accordo di associazione al vertice del Partenariato orientale che si terrà a Vilnius a fine novembre. La condizione posta al presidente Yanukovich dai leader europei è quella di scarcerare la rivale politica condannata a sette anni di reclusione per un controverso accordo sulle forniture di gas russo e poterle consentire di curarsi a Berlino. Proprio venerdì scorso al parlamento ucraino è stata presentata una proposta di legge per permettere ai detenuti di essere curati all’estero. Yanukovich si è detto disponibile a firmare tale provvedimento. Passo, questo, che confermerebbe la tesi di Mosca secondo cui l’associazione con l’Ue vorrebbe dire per Kiev una perdita di sovranità rispetto alle decisioni di Bruxelles, come nel caso della Grecia.

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