Una petizione online per salvare l’aeroporto internazionale di Rimini. Hanno deciso di “rompere il silenzio” i lavoratori del Federico Fellini, a pochi giorni dal verdetto del tribunale di Rimini che giovedì, sulla base della relazione del commissario giudiziale, deciderà se dichiarare o meno il fallimento della società Aeradria, che gestisce lo scalo della Riviera. “C’è un abito giudiziario dove le indagini devono fare il loro corso, e dove le parti in atto presenteranno, ciascuna, le proprie ragioni” scrivono i 75 dipendenti dell’azienda, che assieme alle associazioni di categoria hanno deciso di tentare un’ultima strada, un’ultima possibilità per salvare circa “300 posti di lavoro”, ma “con un indotto da 800 milioni di euro annui”, il 10% del Pil provinciale, “il sostegno ad arrivi e presenze turistiche altrimenti in stagnazione”, nonché “il benessere di centinaia di piccole e medie imprese”, e quindi di “migliaia di famiglie che lì lavorano”, in campo, “non vogliamo né riusciamo a pensare che il luogo che garantisce il sostentamento dell’intero indotto possa chiudere”.
Anche se la possibilità è concreta. Perché se il via libera del tribunale di Rimini al concordato di continuità, dopo la bocciatura della prima richiesta “in bianco”, presentata a marzo e respinta in maggio, aveva restituito qualche speranza al futuro dell’aeroporto, forte di 5,3 milioni di euro di nuovo capitale privato (3 da Carim, 1 da San marino e Asset Banca, 200.000 euro da Italcamel e 100.000 da Assindustria), e della disponibilità dei creditori di convertire i crediti in azioni, con i soci, primi fra i quali Provincia e Comune di Rimini, che hanno accettato di passare dal 90 al 20% di azioni a favore della nuova governance privata guidata dalla Cassa di Risparmio di Rimini, la relazione del commissario bolognese Renato Santini, che del concordato ha chiesto la revoca, quella possibilità l’ha raggelata. E la situazione, attorno al Fellini, è sempre più tesa.
Ci sono i 50 milioni di euro di debiti, e ci sono i dubbi su un piano industriale che secondo Santini non sarebbe in grado di risollevare la situazione della società che gestisce l’aeroporto di Miramare, nonostante il consiglio di amministrazione abbia espresso “fiducia di poter dimostrare al tribunale” la validità del progetto “per implementare volumi e redditività, anche attraverso una profonda rivisitazione della struttura organizzativa”. Eppure, i lavoratori del Fellini sperano in un colpo di scena. “Perché privata da questa infrastruttura strategica, Rimini e la sua comunità si troverebbero mutilate irrimediabilmente di una delle possibilità più importanti di ripresa e sviluppo”. Solo tutelando “la continuità d’impresa” spiegano le associazioni di categoria “sarà possibile riconsegnare l’aeroporto a una prospettiva di sviluppo, fatta di nuovi ingressi e nuovi capitali nella società”.
Gli scenari in caso di fallimento è il direttore generale di Aeradria, Paolo Trapani, a delinearli: “verrebbe a mancare il requisito numero uno per mantenere la concessione” Enac, spiega, quindi “si creerebbe una discontinuità operativa rispetto ai livelli di traffico attuali dell’aeroporto e per riaffidare la gestione dovrebbe essere indetto un bando europeo”.
Tuttavia spetterà al tribunale l’ultima parola su un caso, quello di Rimini, unico in Italia. Perché è la prima volta in cui viene aperta la procedura fallimentare con il traffico aereo ancora attivo. Alla Procura di Rimini, parallelamente, competerà invece il compito di fare luce sulla questione relativa al ruolo degli enti pubblici nella vicenda finanziamenti ad Aeradria. Indagine che al momento ha visto iscrivere nel registro degli indagati, con un’ipotesi di reato di falso in bilancio e ricorso fraudolento al credito, il sindaco di Rimini Andrea Gnassi e il presidente della Provincia Stefano Vitali, dei quali il Movimento 5 Stelle, ora, chiede le dimissioni.
Gnassi e Vitali, scrivono la deputata ‘grillina’ Giulia Sarti e i consiglieri comunali di Rimini Luigi Camporesi, Carla Franchini e Gianluca Tamburini, “sono indagati per aver firmato lettere di patronage non passate per alcun consenso consiliare, in violazione delle procedure amministrative, con le quali il presidente di Aeradria avrebbe chiesto credito presso Banca Carim (oggi effettiva proprietaria dell’aeroporto), per poi dare una rappresentazione distorta del bilancio, mentre i gestori di Aeradria dilapidavano decine di milioni di euro, anche con affidamenti milionari alla fallita Windjet”. Lettere “scritte ad insaputa di chi le ha firmate, salvo poi ammettere che non pensavano fossero giuridicamente rilevanti”. Ebbene, per via della “comprovata incompetenza che l’amministrazione ha dimostrato nella gestione di questa come di altre vicende fondamentali per l’assetto della nostra città” attaccano i 5 Stelle “al signor sindaco e al signor presidente diciamo: se ne vadano immediatamente”.