Il cortocircuito va in scena il 18 ottobre 2013 durante un'udienza del processo Gotha 3 sulla mafia di Barcellona Pozzo di Gotto. Alla fine il giudice ha rilevato l'incompatibilità del legale già difensore di un imputato
Il presunto boss alla sbarra per associazione mafiosa. Rosario Pio Cattafi, avvocato di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina), uomo di estrema destra, già vicino a Ordine Nuovo, legato ai servizi segreti, fiduciario del padrino catanese Nitto Santapaola e dei tanti affari di Cosa nostra a Milano. Proseguiamo: al tribunale di Messina c’è dunque Cattafi accusato di essere uno dei capi della mafia barcellonese. Si tratta dell’inchiesta Gotha 3. E’ il 18 ottobre 2013. Molte le parti civili. Tra queste anche il Centro Pio La Torre (segretario regionale del Partito comunista italiano ucciso dalla mafia nel 1982). Ed ecco l’antipatico cortocircuito: il legale del Centro Pio La Torre, Ettore Barcellona, non è in aula. Si fa avanti allora un altro legale. Non uno qualunque, ma Alessandro Cattafi, figlio del boss imputato. L’avvocato si presenta come difensore del Centro Pio La Torre, dopo aver ricevuto una delega in bianco da un assistente dell’avvocato Barcellona.
Tanto per capire lo spessore di Cattafi. Scrivono i pm nella loro richiesta d’arresto: “Cattafi (…) soggetto quanto mai sfuggente ed enigmatico (…) manteneva i contatti fra i vertici dell’organizzazione barcellonese e altri sodalizi mafiosi riconducibili a Cosa Nostra siciliana, fra cui la famiglia Sanatapaola e quelle palermitane”. Il pentito Carmelo Bisognano “ha affermato che Cattafi riveste in seno alla famiglia Barcellonese un ruolo di assoluto rilievo, essendo il contatto diretto con le Istituzioni deviate, con ciò intendendo Politica, Pubblica Amministrazione, Magistratura e Forze dell’Ordine”. Sempre Bisognano mette a fuoco i rapporti con le famiglie di Catania. “Saro Cattafi ha avuto rapporti con Santapaola e con il nipote Aldo Eercolano. Negli anni ’92 – ’93, per intervento di Cattafi, Santapaola ha passato un periodo di latitanza a Barcellona, custodito dal nostro gruppo”. Buona parte degli anni Settanta e Ottanta, Cattafi li passa a Milano. Qui viene coinvolto nel sequestro dell’imprenditore Giuseppe Agrati. Inchiesta dalla quale uscirà indenne, ma che segnerà alcuni passaggi essenziali della sua esperienza meneghina. Qui, infatti, incontra e conosce il commercialista Gianfranco Ginocchi ucciso a Milano il 15 dicembre 1978. La sera del sequestro, Ginocchi si trova proprio in compagnia di Agrati. I due stavano giocando in una bisca clandestina. Di Cattafi parla anche il collaboratore di giustizia e uomo vicino ai servizi segreti Federico Corniglia. Dell’avvocato barcellonese e dei suoi rapporti anche con Stefano Bontate. Corniglia conferma i contatti con Ginocchi. “Si installò a casa di questo Ginocchi perché Ginocchi doveva una cifra a questo Bontate”. E ancora: “Questo Ginocchi conviveva con la redattrice italiana di Play boy, la Armani, questa era una donna che aveva molte conoscenze, venivano molte persone, nel corso di questi anni, io ho incontrato anche i siciliani lì”. Nel 1998, Cattafi viene indagato (e poi archiviato) dalla Dda di Palermo “per avere promosso, costituito ed organizzato un’associazione avente a oggetto il compimento di atti di violenza con fini di eversione dell’ordine costituzionale, allo scopo di determinare le condizioni per la secessione politica della Sicilia e di altre regioni meridionali dal resto d’Italia, nonchè con il fine di agevolare l’attività dell’associazione mafiosa Cosa Nostra e di altre associazioni di tipo mafioso ad essa collegate”. Cattafi è in compagnia di Licio Gelli, Stefano Delle Chiaie, Giuseppe Graviano e Bendetto Santapaola. L’indagine, basata sull’intero periodo delle stragi e degli omicidi eccellenti, finirà in nulla. Tra lgi indagati c’è anche Filippo Battaglia, avvocato, sospettato di trafficare in armi, da sempre vicino a Cattafi, recentemente coinvolto in un’inchiesta dei carabinieri di Corsico.
Ecco, dunque e solo in piccola parte, il curriculum con il quale Cattafi, venerdì 18 ottobre 2013 si è presentato in aula a Messina, quando suo figlio ha rischiato di difendere la il Centro Pio la Torre. E meno male che in aula era presente Sonia Alfano, presidente della Commissione antimafia europea e parte civile nel processo perché Presidente dell’Associazione Nazionale Familiari Vittime di Mafia. “Si è trattato di un gravissimo oltraggio alla memoria di Pio La Torre – ha spiegato l’Alfano – e di un fatto davvero sconcertante: il figlio del boss recluso al 41bis ha potuto rappresentare per delega il difensore del Centro Pio La Torre, parte civile contro il padre. A Messina può succedere anche questo. Tutto ciò avveniva mentre il vertice della mafia barcellonese, Rosario Pio Cattafi, calunniava me, mio padre, il mio legale e altri”. Alla fine la vicenda si è risolto, visto che il giudice ha rilevato l’incompatibilità, perché Alessandro Cattafi difende un altro imputato.