Macchie solari. Ovvero uno dei 20 film della storia del cinema “da non perdere assolutamente”. Parola di Quentin Tarantino. Al grande sdoganatore della Golden Age dei B-movie tricolori non poteva mancare il cinema di Armando Crispino, tra le voci più folgoranti e consapevoli fra il ’65 e ’75, ma dal Belpaese scientificamente dimenticato. Finalmente oggi il colpevole oblio si è interrotto – almeno sulla carta – grazie alla prima monografia interamente dedicatagli. Si tratta del volume Macchie solari. Il cinema di Armando Crispino (ed. Bloodbuster, 264 pp, 15 euro) scritto dal cine-critico e saggista Claudio Bartolini, nelle librerie da un paio di giorni.

L’uscita del testo celebra il decimo anniversario della morte del regista avvenuta nell’ottobre del 2003 a 79 anni. Chi è stato dunque questo autore piemontese tanto trascurato in madrepatria (della maggioranza dei suoi film, persino dei più famosi Macchie solari e L’Etrusco uccide ancora, non esistono “ancora” Dvd pubblicati in edizioni italiane) quanto rispettato e stimato all’estero, al punto che sempre il regista di Pulp Fiction “tradusse” una sequenza dal crispiniano war movie Commandos (1968) all’interno del suo Bastardi senza gloria?

Se per i pochi critici italiani esperti di cine-generi il nome evoca eccellenza, dalla massa del pubblico sia raffinato che pop non s’innalzano che ignoranza o indifferenza. Eppure basterebbe sapere (grazie anche al libro di Bartolini) che proprio come Tarantino, Armando Crispino è stato a un primo livello d’approccio un autentico “sdoganatore”. Nel suo caso di personaggi ignoti o diversamente popolari. Parliamo di un giovanissimo Gianni Morandi che in Faccia da schiaffi (1970) appare protagonista di un film come “un attore che fa anche il cantante invece di un cantante che fa anche l’attore” (per ammissione stessa del Gianni nazional-popolare). Oppure dell’icona sexy Barbara Bouchet che nel 1974 si trasforma grazie a Crispino nella struggente e stendhaliana Badessa di Castro in una che resta tra le sue migliori interpretazioni. Ed è nello stesso film che il regista offre un commovente cameo all’allora sconosciuta ma odierna “Signora della Domenica” Mara Venier. Senza dimenticare che anche l’istrionico Gigi Proietti deve a quest’autore uno delle sue prime parti cinematografiche ne Le piacevoli notti (1966, film d’esordio alla regia di Armando Crispino, condivisa con Luciano Lucignani). Nella pellicola boccaccesca a episodi (pubblicata in Dvd lo scorso anno grazie a Nocturno) recitavano giganti quali Vittorio Gassman, Gina Lollobrigida, Ugo Tognazzi.

Crispino – come ben rileva la monografia che buona ispirazione deve al documentario Linee d’ombra (2007) diretto dal figlio del regista, Francesco – è stato una figura di doppia statura: un intellettuale duro e puro profondamente ancorato ai principi di sinistra (militò per alcuni anni nella redazione torinese de L’Unità, all’epoca di “alte” frequentazioni quali Calvino e Pavese, sostituendo Raf Vallone nel ruolo di caporedattore alla cultura) ed un cinematografaro a “tutto tondo”, consapevole della Settima Arte al punto da rivoluzionarla a suo modo dall’interno, laddove regnavano i generi. La sua de-codifica, quindi, si estende dalla de “contestualizzazione” degli attori (pratica oggi diventata fashion ma allora non così frequente..) a quella dei cine-linguaggi: rimescolati, destrutturati, talvolta inventati.

In nove titoli per il grande schermo (e uno sbrego di sceneggiature e soggetti purtroppo mai realizzati) Crispino ha attraversato quasi tutto il “cinema di genere”: dalla commedia (i già citati Faccia da schiaffi e Le piacevoli notti ma anche Frankenstein all’italiana – 1975) allo spaghetti western (John il Bastardo – 1967), dal macaroni combat/euro spy (il citato Commandos, interpretato dal divo americano Lee Van Cleef e co-sceneggiato da Dario Argento) al letterario nunsploitation conventuale (La Badessa di Castro) fino a quel che può definirsi il suo genere principe, il thriller – con declinazioni fortemente psicologiche e atmosfere horror.

Di queste si nutrono magnificamente i due capolavori, L’Etrusco uccide ancora (1972) “considerato il capostipite del giallo all’italiana” e appunto Macchie solari, uscito in Italia nel 1975 ma divenuto più famoso negli States dove porta il titolo Autopsy. Si tratta di due lavori talmente fecondi di “materia” che la rivisitazione (quando raramente vanno in onda tv) odierna ne riesume l’illuminante attualità, seppur in una cine-forma che incontra i gusti/canoni del tempo. Due “endoscopie” cinematografiche sorprendenti, atte a scavare l’arcano più profondo dell’Essere tanto attraverso la metafora delle tombe etrusche quanto il mistero di suicidi seriali che “macchiano” una Roma assolata.

Regista intellettuale e passionario, Armando Crispino, è stato anche sceneggiatore per il compianto Carlo Lizzani ma soprattutto braccio destro di Antonio Pietrangeli. Il suo concedersi ai generi è stata una via di “accesso” per un altrove importante, da cui non si trascurano la centralità dei ruoli femminili e l’esigenza controculturale di un ‘68 in cui ogni conquista paga un alto prezzo. Ma, come si legge nella prefazione del volume ad opera del figlio Francesco, anch’egli critico, regista e saggista, “Come spesso succede è l’assenza a farci comprendere l’importanza di ogni presenza”. La sua assenza/presenza sarà presto ricordata in un evento che si terrà nella serata di venerdì 25 settembre a Milano presso Fermo Immagine – Museo del Manifesto Cinematografico e in un omaggio organizzato dal 31° Torino Film Festival (22-30 novembre), i cui dettagli saranno annunciati ai primi di novembre. 

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