La crisi della gestione della sicurezza pubblica continua a preoccupare il Brasile. L'ultimo episodio riguarda la lunga serie di proteste dei professori delle scuole pubbliche contro la riforma dell'istruzione: "Molti professori hanno affermato di essere stati protetti dai giovani mascherati dagli eccessi commessi dalla polizia"
Dopo la denuncia di continui abusi anti democratici da parte di “una polizia eccessivamente violenta” nel sedare le varie manifestazioni di piazza, i gruppi di attivisti brasiliani hanno deciso di “armarsi”. E così quei “black bloc”, che nel resto del mondo tendono normalmente a essere isolati nelle proteste pacifiche, a Rio sono stati arruolati per la “protezione” dei manifestanti. Una scelta che, se da un lato è utile a capire quanto la situazione della sicurezza in città sia singolare e anomala, dall’altro rischia di innescare una incontrollabile spirale di odio e violenza. Considerate anche le disposizioni sempre più repressive messe in campo dalle autorità per il contrasto del dissenso.
La crisi della gestione della sicurezza pubblica, già messa sotto pressione dalle manifestazioni di giugno, si è acuita negli ultimi giorni. In particolare a margine della lunga serie di proteste messe in atto dai professori delle scuole pubbliche che da mesi criticano il nuovo piano di istruzione di Rio de Janeiro. Gli eventi hanno visto una degenerazione nel corso dell’ultima decina di giorni. L’escalation è iniziata nel pomeriggio di lunedì 7 ottobre. Nel giorno dell’approvazione della contestata riforma dell’istruzione, la polizia ha infatti messo fine dopo mesi all’occupazione dell’assemblea legislativa del municipio. Gli insegnanti da settimane lì accampati sono stati allontanati con la forza dall’aula e dal palazzo dai battaglioni della polizia militare carioca. Una sproporzione nell’uso della forza che aveva portato lo stesso prefetto Eduardo Paes, a stigmatizzare il comportamento degli agenti, e alcune Ong a presentare reclamo presso gli organismi internazionali di tutela dei diritti umani anche delle Nazioni Unite. Le manifestazioni successive sono state caratterizzate da scontri sempre più violenti tra polizia e manifestanti. Fino alla decisione sorprendente dei professori.
Dopo aver inneggiato alla presenza dei Black bloc nei vari cortei, il sindacato Sepe ha dichiarato il proprio appoggio al gruppo. “Molti professori hanno affermato di essere stati protetti dai giovani mascherati dagli eccessi commessi dalla polizia e di essere stati soccorsi durante le varie cariche della polizia” ha dichiarato il coordinatore generale, Alex Trentino. La posizione, seppure solo di una parte del fronte in rivolta, ha portato a una sorta di legittimazione della violenza, e a un aumento del numero di giovani schierati con i gruppi più violenti. Il risultato di questa incandescente situazione, sono stati gli scontri nel giorno della festa del professore il giorno 15 ottobre.
Di fronte alla crescita dei Black Bloc le autorità hanno risposto con forza. Affiancando all’opera di repressione di una polizia caratterizzata da struttura e formazione figlia dell’epoca della dittatura, l’applicazione di una particolare legislazione: le leggi di “sicurezza nazionale” e “associazione criminale”. Una disposizione che ha fatto impennare il numero di arresti e allungare la detenzione preventiva. Scelta che ha causato una levata di scudi da parte delle associazioni di difesa dei diritti umani. Su tutte spicca la presa di posizione di Justiça Global, Ong molto influente nel dibattito brasiliano: “Processare i manifestanti con la legge di sicurezza pubblica o con la legge di organizzazione criminale è una violenza contro la democrazia brasiliana. Questo processo di recrudescenza penale repressivo, rinforza la criminalizzazione dei manifestanti e dei movimenti sociali in lotta per i propri diritti con l’utilizzo della legislazione penale specifica e di misure di emergenza contro i manifestanti e le organizzazioni politiche”. Molto grave è giudicato un aspetto non certo secondario: “Queste leggi ignorano i diritti conquistati nella costituzione del 1988 e autorizzano lo Stato a intercettare telefonate, ad accedere ai dati delle società telefoniche e degli istituti finanziari senza autorizzazione giudiziaria”.
A gettare ulteriore benzina sul fuoco c’è stata poi la notizia del possibile utilizzo dell’esercito per proteggere da eventuali manifestazioni di dissenso l’asta delle concessioni petrolifere che si terrà lunedì. Una decisione che ha causato molti malumori, per il rischio di dover assistere alla militarizzazione della città. Non l’immagine nuova, da cartolina, che le autorità auspicavano di inviare all’estero a pochi mesi dall’inizio dei mondiali di calcio, ma quella sbiadita degli anni ’60 e ’70.