La consultazione di domenica 20 ottobre non ha raggiunto il numero minimo di votanti del 32%. I due quesiti erano: "sì o no all'avvio della procedura di adesione all'Unione europea" e "alla rivalutazione delle retribuzioni dei lavoratori dipendenti". Nel primo caso le preferenze si sono quasi equivalse, mentre nel secondo i sì hanno prevalso in modo netto
Non hanno raggiunto il quorum del 32% i due quesiti previsti dal referendum che ha coinvolto i cittadini, interni ed esteri, della Repubblica di San Marino: ‘sì’ o ‘no’ all’avvio della procedura di adesione all’Unione europea e alla rivalutazione delle retribuzioni dei lavoratori dipendenti. Nel primo caso le preferenze, sulla base dei voti validi, si sono quasi equivalse: i ‘sì’ sono stati 6.733 (50,28%, 3.924 voti mancanti al quorum di 10.657), i ‘no 6.657 (49,72%). Più netti i risultati per il secondo quesito, chiamato ‘referendum salva stipendi‘: 10.025 ‘sì’ (73,12%, ne occorrevano altri 632 per raggiungere il quorum) e 3.685 ‘no’ (26,88%). I votanti – i seggi sono stati aperti dalle 7 alle 20 – sono stati 14.446, il 43,38% dei 33.303 iscritti: ha votato, nel dettaglio, il 62,86% dei sammarinesi ‘interni’ (13.847 su 22.029) e solo il 5,31% degli ‘esterì (599 su 11.274).
Nei giorni scorsi, la campagna elettorale per il sì e il no aveva acceso gli animi nella Repubblica di San Marino, mettendo sul tavolo discussioni più ampie sul presente e il futuro dello Stato del Titano. Per il fronte del “sì” si erano schierati Partito socialista, sinistra unita, Unione per la Repubblica; mentre per il “no” Noi sanmarinesi e il movimento Rete. A sostenere il fronte di chi non voleva cominciare la procedura di adesione anche la Lega Nord con il deputato Gianluca Pini in trasferta.