Per settimane hanno sbandierato il termine competenza per giustificare l’impasse perpetuo che da otto mesi fossilizzava la commissione parlamentare antimafia. “Ci vuole gente che capisca il fenomeno, gente con esperienza” tuonavano eterogenei quasi tutti i cinquanta parlamentari della commissione. Alla fine però quel termine è stato messo da parte, così come da parte sono state messe le larghe intese. E per eleggere il presidente della commissione parlamentare antimafia, i deputati del Pd hanno sfogliato con cura il manuale Cencelli, issando Rosi Bindi sulla poltrona più alta di Palazzo San Macuto.
Una decisione che i democratici hanno preso ieri sera: accantonata ogni forma di accordo con il Pdl, il segretario Guglielmo Epifani ha spinto affinché i venti parlamentari del Pd votassero compatti la Bindi, eleggendola a maggioranza relativa alla seconda votazione. E se qualcuno si aspettava l’ennesima imboscata, con i parlamentari vicini a Dario Franceschini e a Matteo Renzi che si erano visti bruciare sui giornali il nome della giovane deputata campana Pina Picierno, è rimasto invece deluso, perché l’ex ministro della Sanità ha raccolto alla fine preferenze anche fuori dal Pd, centrando con 25 voti l’obbiettivo a cui ambiva parecchio.
Dopo essere rimasta fuori dalle spartizioni di poltrone governative, Bindi aveva preteso dal partito di essere piazzata alla presidenza della prestigiosa commissione d’inchiesta. E pazienza se di antimafia, l’ex ministro di Romano Prodi non sia ferratissima, nonostante alle ultime elezioni il Pd abbia deciso di candidarla a Reggio Calabria, terra di ‘ndrangheta e politici vicini ai boss. Dal Pd è tutto uno spellarsi di mani tra applausi e auguri, con il capogruppo al Senato Luigi Zanda che apprezza particolarmente il primo intervento della Bindi come presidente dell’antimafia. “Si può non partecipare a un voto, ma una volta che una presidenza c’è, è la presidenza di tutti: io mi adopererò per ricucire lo strappo di oggi” è stata la prima dichiarazione della neo presidente Rosi Bindi, che in cima alle emergenze della commissione mette quindi la pacificazione con i parlamentari del Pdl, su tutte le furie dopo la mossa di imperio del Pd.
“L’elezione della Bindi è l’ennesima ferita al governo delle larghe intese, un atto di prevaricazione inaccettabile perché ancora una volta i numeri disattendono gli accordi. Cosa dobbiamo ancora sopportare?” attacca la senatrice Elisabetta Alberti Casellati, che con gli altri membri del suo partito ha annunciato di voler boicottare tutte le sedute della commissione. In prima linea a tuonare contro la spaccatura delle larghe intese ci sono i colonnelli Fabrizio Cicchitto, Renato Brunetta e Maurizio Gasparri: “Bindi si dimetta- dicono all’unisono – o noi non parteciperemo ai lavori della commissione”.
Una bacchettata al nuovo presidente della commissione antimafia arriva anche da Saverio Romano, già processato e poi assolto per concorso esterno a Cosa Nostra. “Male ha fatto il Pd ad eleggere, a colpi di maggioranza e senza alcun dialogo e confronto, un suo rappresentante quale presidente della Commissione antimafia, travalicando ogni regola di buon senso e ogni buona prassi e ponendosi quale esclusivo obiettivo l’acquisizione di una poltrona” dice il delfino di Totò Cuffaro, il governatore siciliano oggi detenuto dopo una condanna a sette anni per favoreggiamento alla mafia. E se su Twitter Nichi Vendola augura buon lavoro alla Bindi e al suo compagno di partito Claudio Fava, eletto vicepresidente della commissione, malumori si registrano dalle parti del Movimento Cinque Stelle, che hanno ottenuto l’altra vicepresidenza di Palazzo San Macuto con il senatore Luigi Gaetti che ha ottenuto sei voti, quando i componenti del Movimento in antimafia sono invece otto. Il deputato Riccardo Nuti, ex capogruppo a Montecitorio, cerca però di gettare acqua sul fuoco: “Non c’è nessuna spaccatura, perché lo stesso Gaetti non si è votato, e un altro nostro collega era in quel momento in missione”.
“Solo Nuti sa cosa è successo, io posso solo dire che tirava una brutta aria ed è per questo che ho fotografato il mio voto per il nostro candidato: la foto è a disposizione di tutti i militanti” dice invece il senatore dei Cinque Stelle Mario Giarrusso, che nei giorni scorsi aveva criticato la scelta dei suoi colleghi di indicare come presidente Gaetti, medico mantovano senza nessuna competenza specifica nel campo della lotta alla criminalità organizzata. “Abbiamo fatto un passo indietro su uno dei criteri fondamentali del movimento, che è la competenza – spiega Giarrusso, che poi valuta così l’elezione della Bindi. “E’ un enorme passo indietro nella lotta alla mafia. Ha ragione Nando dalla Chiesa: una commissione così meglio scioglierla, azzerare tutto e ricominciare ”. Dopo otto mesi di tira e molla, patti sotterranei e accordi traditi, però, per ricominciare è ormai troppo tardi.
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