L'annuncio è arrivato dal sindaco Andrea Gnassi. L'ati Edilstrade-Cesi-Coop Costruzioni, vincitrice dell'appalto da 17,7 milioni, ha firmato il contratto per il corpo centrale del teatro. Sono previsti altri tre interventi per circa 25 milioni
A Rimini ci sono, o forse c’erano, due progetti da ‘libro dei sogni’ che prenotano tutti gli investimenti possibili: uno riguarda la riqualificazione delle fogne per chiudere gli ormai celebri sfioratori a mare, l’altro il recupero dello storico teatro Amintore Galli. Se sul primo punto il sindaco Andrea Gnassi ha promesso il dimezzamento degli scarichi entro il 2016, la stessa deadline vale ora per il ripristino del teatro.
La svolta sul Galli è stata annunciata lunedì mattina: dopo decenni di stallo e di polemiche sui differenti piani di ricostruzione, ora il cantiere per rifare il corpo centrale del teatro può partire. L’ambizione è finire tutto entro il 2015/2016: nel frattempo, a partire dalla fine del 2014, il foyer restaurato ospiterà mostre e spettacoli ‘instabili’. Da settant’anni esatti la struttura polettiana incastonata tra piazza Malatesta e piazza Cavour, nel cuore della città, attende di tornare ai fasti di un tempo: ora pare sia la volta buona.
Il vecchio “Teatro comunale Vittorio Emanuele II”, poi intitolato al compositore Galli, venne tirato su tra il 1842 e il 1857 secondo il progetto dell’architetto modenese Luigi Poletti: nell’edificio neoclassico si entrava da un portico a cinque arcate, si proseguiva in un atrio a tre navate per approdare prima al foyer, al piano superiore, e poi alla cavea (tre ordini di 21 palchi). Inaugurato nel 1857 con la prima de l’Aroldo di Giuseppe Verdi diretta dallo stesso maestro di Busseto, il teatro ospitò altre prestigiose stagioni di lirica e di prosa fino al dicembre del ’43, quando i bombardamenti della guerra distrussero la cavea.
Da allora pochi fatti, ma tante diatribe. Archiviato il progetto “modernista” di Adolfo Natalini datato 1985 (e accusato di aver fatto spendere oltre sei miliardi di vecchie lire al Comune tra liquidazioni e parcelle), su indicazione dell’allora sottosegretario per i Beni culturali, Vittorio Sgarbi, la Sovrintendenza regionale redasse un piano di recupero filologico (il “Garzillo-Cervellati”) condiviso dal ministero e consegnato al Comune all’inizio del 2005. Tra finanziamenti da trovare e cavilli burocratico-legali si è arrivati alla giunta Gnassi che, insediata nel 2011, si è messa in moto per il terzo e finale progetto. Il “Garzillo-Cervellati” è stato ritoccato con il recupero di mille metri quadri di servizi ai lati del palcoscenico sfruttando il dislivello tra piazza Cavour e piazza Malatesta, di due piani interrati per 10 metri in tutto e di un palco che possa uscire su piazza Malatesta per sfruttare il teatro d’estate.
A conti fatti si è arrivati a un piano da 30 milioni, poi scesi a poco più di 25 grazie ad alcuni ribassi in fase di aggiudicazione. A conquistare l’appalto, ma solo dopo una dura battaglia legale lanciata dai concorrenti esclusi (Conscoop) e persa sia al Tar sia al Consiglio di Stato, è stato il raggruppamento temporaneo costituito da Cesi (cooperativa di Imola) e CoopCostruzioni di Bologna a vincere. Cesi e CoopCostruzioni avevano ricevuto la consegna dei lavori lo scorso febbraio, ma hanno potuto sottoscrivere formalmente il contratto (più di 300 gli elaborati progettuali) solo lunedì. Il piano punta in alto e “ha ricevuto l’apprezzamento del ministero”, ha detto il dirigente responsabile del procedimento, Massimo Totti, cui Gnassi ha affidato il coordinamento del cantiere valorizzando le risorse interne al Comune invece che cercare consulenti esterni.
L’intervento gode del finanziamento di 4,8 milioni nell’ambito del Fondo europeo di sviluppo regionale 2007-2013. Oltre ai lavori alla struttura oggi al via, il progetto include altri tre interventi: quello di natura archeologica, quello sugli apparati decorativi e gli arredi e, infine, quello sulla meccanica di scena. “Non c’è un altro teatro distrutto dalla guerra che viene ricostruito così, siamo un vero caso italiano. Per noi il Galli è come il cavallino rampante per la Ferrari”, rivendica Gnassi pensando ai differenti contesti del Petruzzelli di Bari e della Fenice di Venezia.
La strategia riminese è quella di legare al ripristino del teatro una ‘rivoluzione’ dei contenitori culturali in città: entro qualche anno sono attesi infatti anche il felliniano Fulgor, l’ala moderna del Museo della città, la Far (Fabbrica Arte Rimini), il Giardino delle Mimose, il polo museale dell’Arengo. Il tutto all’insegna di nuove abitudini cui i riminesi dovranno presto adeguarsi: con i lavori del teatro al via, ad esempio, il parcheggio di piazza Malatesta verrà progressivamente chiuso, ma già con il progetto di pedonalizzazione del ponte di Tiberio (in vista per l’anno prossimo quando saranno trascorsi 2.000 anni dalla prima pietra) la linea era stata tracciata.
Durante il cantiere del Galli si dovrà tenere conto del ‘dettaglio’ dei reperti archeologici alla luce della realizzazione dei due piani sotterranei: se entro ottobre è previsto il completamento nella zona del palcoscenico di tutte le operazioni di scavo e di rimozione, i mosaici di epoca romana ritrovati saranno trasportati al Museo. La Soprintendenza in luglio ha autorizzato “la rimozione definitiva dei resti strutturali del teatro del Poletti e l’asportazione della pavimentazione (della domus romana) al fine di una conservazione presso il Museo Civico Archeologico”.