Quando si cominciò a parlare del caso Datagate dissi che la cosa probabilmente non era limitata agli Stati Uniti e non riguardava solo le conversazioni telefoniche, ma anche il traffico su internet. Questa ipotesi non solo è stata confermata dagli sviluppi recenti, ma addirittura si configura ben più ampia, superando le più pessimistiche previsioni. Una sistematica e dettagliata attività di spionaggio dei cittadini di molti paesi è stata ed è attuata dalla principale agenzia di intelligence americana, la Nsa.
Motivazioni di sicurezza contro il terrorismo coprono quella che passerà alla storia come una delle principali manifestazioni di violazione delle libertà individuali. Il saccheggio della nostra riservatezza, dei nostri dati, delle nostre idee, che tanto si esprimono ormai attraverso la rete, riguarda probabilmente anche milioni di italiani. Insomma una questione enorme che però sembra “eccitare” poco.
Il nostro Governo si è mosso dopo il caso francese, blandamente e sulla spinta tardiva dell’altrettanto blando Garante della Privacy. L’altro giorno, ad esempio, si è riempito la bocca in Confidustria delle solite chiacchiere a vuoto sull’Agenda Digitale, evocando un mercato delle telecomunicazioni fatto da pochi fortissimi tycoon (in barba alla concorrenza), senza cogliere l’occasione per dire che il necessario sviluppo di internet presuppone anche che qualcuno sbarri il passo agli spioni della rete (come invece sono solerti politici e uomini di governo ad attaccarla, dipinta come il centro delle nefandezze del mondo, quando questa diventa l’unico strumento di critica e di dissenso).
Intanto gli americani ci fanno sapere di stare tranquilli perché quello che hanno fatto serve a proteggerci. Da chi? Dai terroristi? Cosa ci stanno a fare dunque le nostre forze di polizia e la nostra intelligence, che forse saranno un po’ irritate da questa sbrigativa giustificazione. La questione è grave e va trattata con la forza necessaria e non con i pannicelli caldi di chi non vuol disturbare il manovratore oltre oceano. A meno di non avere scheletri nell’armadio di cui preoccuparsi o peggio ancora di dover temere per qualcosa di analogo fatto a livello nostrano. In gioco non c’è solo la nostra sovranità nazionale, ma la nostra personale libertà, nonché un principio che se messo in discussione ci porterà davvero ai piedi del Grande Fratello.