Dev’essere proprio vero che siamo la patria del diritto. Giù, giù, dal primo dei giureconsulti fornitori della real casa con super pagati pareri pro veritate fino all’ultimo politicante che ripete luoghi comuni elaborati dai ghost writer per i più diversi talk show.  L’irretroattività… l’incostituzionalità … le prerogative… Ma la legge Severino… la condanna… i precedenti… Si ma l’articolo… la Cedu…Adesso siamo in balia degli esperti del voto segreto, del regolamento del Senato, del vincolo di mandato. Non osi il Presidente Grasso, proclama un ispirato Gasparri, è pronta la denuncia, la sanzione, la prigione. Cioè la reazione alla congiura da parte della stessa magistratura che l’ha ordita. I boia di B. tramutati nel 7 ° cavalleria. È significativo che i carnefici del diritto vi ricorrano quando gli serve; un riconoscimento confortante anche se imposto dalla necessità.

E non c’è da lamentarsi se gli altri, i nemici di ieri e collaborazionisti di oggi, si dichiarano uniti in una procedura legale – la modifica del regolamento del Senato – che, se approvata dalla maggioranza, è certamente legittima. Ma resta uno sconcerto di fondo, una sfiducia in questa gente, tutta, che è alla base della dissoluzione della politica italiana. Restano domande senza risposta. Perché solo ora ci si accorge che il voto segreto è un’iniquità? Quando tanti masnadieri camuffati da parlamentari sono stati sottratti ad arresto, intercettazioni, perquisizioni con maggioranze frutto di accordi “indicibili” e per questo celati con la segretezza del voto. Non è difficile da capire: perché solo ora una forza politica rozza, disinformata, estremista, sostanzialmente inidonea a governare il Paese, tuttavia estranea alla rete di connivenze e interessi incrociati che cementa la politica, ha posto il problema. E perché la cosiddetta sinistra deve scegliere tra la rottura del patto scellerato con i suoi simili e la sicura scomparsa, se mai dovesse rendere evidente la complicità con i finti avversari.

Perché nessuno pone con forza la domanda più ingenua, quella che ha una sola possibile risposta? A cosa serve il segreto? È ovvio, a nascondere. A cos’altro? E cosa volete nascondere, voi che lo difendete, anzi lo pretendete? È ovvio, l’identità di quelli che sperate vi salveranno. In verità non c’è niente di male a ritenere che B. non debba decadere. Perché non si dovrebbe dirlo con forza ma anche con serenità, convinti della propria ragione? È ovvio, perché il voto salvifico è di nuovo frutto di “indicibili” accordi; non lo fosse, non ci sarebbe ragione di celarlo nel segreto. Ho meditato, sofferto, deciso: non credo sia giusto che B. sia espulso dal Senato. Questa è la mia decisione di uomo libero. Cosa di più nobile, di più degno di un Padre della Repubblica? Perché nascondere un comportamento onorevole? Ma perché in questo modo si violano le direttive del Partito. Vero. E allora?

Tutti voi, giuristi di complemento, quante volte ci avete ricordato che i parlamentari agiscono “senza vincolo di mandato”, che sono liberi di autodeterminarsi, che rispondono alla loro coscienza? I transfughi, tra cui almeno uno ha confessato di essere stato cospicuamente remunerato per il tradimento, hanno difeso la scelta rivendicando la loro libertà. E, se fosse vero, andrebbero apprezzati. E ora si vuole sostenere che questa libertà deve essere esercitata in segreto? Che nessuno deve conoscere le ragioni della decisione? L’illogicità della pretesa è evidente.

Il parlamentare esercita il suo ufficio in rappresentanza di chi lo ha eletto; che, a sua volta, lo ha eletto condividendone le tesi e i programmi, confidando nelle promesse urlate nella campagna elettorale. E adesso questo stesso parlamentare fa una scelta clandestina, di cui il suo elettorato non sa, non saprà, non deve sapere mai nulla. Sicché, quando si ripresenterà per nuove elezioni, solleciterà il voto nascondendola. È così ovvio che l’agire senza vincolo di mandato e la segretezza del voto sono incompatibili!

Ma – che strano – i padri coscritti (tranne i nuovi arrivati) non ci pensano, non lo sostengono, non lo urlano. Prendono tempo; sono già passati quasi 3 mesi dalla condanna, dalla necessità di pronunciarsi sulla decadenza. Attendono nelle loro trincee solo apparentemente contrapposte che B. sia estromesso dalla magistratura, senza che siano loro a sporcarsi le mani. E ormai, invero, manca poco, solo la Cassazione. Poi l’interdizione regalerà due anni di tranquilli accordi “indicibili”. Perché, infine, non ricordare la cosa più ovvia? Onorevoli colleghi, qualcuno avrebbe potuto – dovuto – dire, non nascondiamoci dietro un dito. Noi non siamo la moglie di Cesare, non siamo insospettabili. Veramente è il contrario.

Negli ultimi mesi abbiamo dato prova di faide interne e di favoreggiamenti incomprensibili, tutto coperto dalla segretezza del voto. Quelle vergogne che sembravano proprie della destra venduta al suo leader e che si accresceva con acquisizioni tanto impudiche quanto arroganti, ci stanno inquinando. Non è questo il momento di discutere sulle prerogative del parlamentare. È invece il momento della trasparenza. Il voto deve essere palese perché siamo sospettati delle stesse ignominie. Se vogliamo avere un futuro dobbiamo guadagnarcelo ora.

Il Fatto Quotidiano, 23 Ottobre 2013

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