Non lo sapremo mai, anche perché mai nessuno ce lo verrà a raccontare, in questa politica trasformata nell’immensa sentina del Potere arcano, brulicante di mestatori. Questo è poco ma sicuro.

Tuttavia qualcosa si percepisce riguardo alla fase di incontri ravvicinati del tipo collusivo che ci prepararono le “larghe (inconfessabili) intese”, in forte anticipo sulla loro stipulazione ufficiale. L’ennesima trattativa secretata in cui – per la prima volta nella sua vita di straordinario pataccaro – Silvio Berlusconi si è fatto rifilare il pacco. E probabilmente è questo l’aspetto che più lo innervosisce nella confusa querelle tira-e-molla sulla sua personale “agibilità politica”: quel sintomo di cedimento che ora sta autorizzando le velleità autonomistiche di una certa parte della sua servitù.

Colpa dell’età ormai più che senescente? Perdita della serenità e della relativa capacità di giudizio mentre i processi facevano il loro corso, inducendo nell’ex Cavaliere prossimo alla condanna la disperata attitudine a cercare appiglio in qualunque ancora di salvezza, bersi qualunque promessa? Tanto che qualcuno avrebbe potuto prendersi gioco dell’ottuagenario sovreccitato? Chissà. Certo che se le cose stanno così, i primi indiziati del “colpo grosso” a suo danno sarebbero da ricercare negli ambienti dove si coltiva un antico sapere politico come pura tecnologia del Potere, esercitata con voce flautata. Magari sulla direttrice tosco-campana, tra Napoli e Pisa. Oggetto delle sterili invettive di chi ormai non nasconde più la propria condizione di truffato.

Di fatto siamo davanti a un quadro in movimento, in cui è impossibile prevedere l’esito di giochi in maschera. Ma almeno una cosa è certa: non è neppure immaginabile l’arrivo di qualsivoglia cavaliere senza macchia e senza paura, in sella al canonico candido destriero.

In altre parole, nella fauna che popola i Palazzi del Potere non è riscontrabile la presenza di figure angelicate, sulla cui virtù civile fare conto per trarci fuori dal pantano. E questo nonostante l’intensa produzione di encomi e peana da parte dei propagandisti al soldo dei diversi potentati.

Di certo non occorre precisare che la voliera berlusconiana (di uccellini e uccellacci) con annesso rettilario (pitonesse o bisce d’acqua?) ospitano un bestiario di men che infinitesimale qualità etica, indotta e certificata dalla condizione paraservile propria di animali ammaestrati.

Ma se lo zoo dei sedicenti lealisti induce profondo ribrezzo, la vasta area del democristianesimo di ritorno procura più insinuanti sensazioni di turbamento, come quando ci si avvede che la minaccia non è il bruto che spacca tutto ma – semmai – il consigliere fraudolento che avvelena distraendoti con parole mielate. Dicendo una cosa e facendone un’altra.

Difatti ci si sta rendendo conto che il ritorno dei chierichetti mannari era in preparazione da tempo; ad esempio nell’incubatore bipartisan della fondazione “VeDrò”, promossa da Enrico Letta coinvolgendo buona parte degli ex DC – Angelino Alfano in testa – finiti alla corte di Berlusconi e ora premiati con quella poltrona ministeriale che difendono con determinazione e istinto di sopravvivenza tali da arrivare a rottura persino con il proprio datore di lavoro.

Non per caso a fare la levatrice alla nidiata di pulcini scudocrociati – in questo inquietante ritorno al passato – troviamo l’antico migliorista, la cui intera esistenza politica si è caratterizzata per l’incrollabile dedizione alla logica pervicace delle grandi intese come blindatura del quadro politico; la condizione per mettere e tenere sotto controllo la società. Ossia Giorgio Napolitano, leader dell’ala conservatrice del PCI subalterna al PSI di Bettino Craxi; la meno sensibile alla “questione morale” propugnata da Enrico Berlimguer.

Dunque – giovani e vecchi – tutta gente abilissima nel creare trappole.

A febbraio si sarebbe detto che i tempi fossero maturi per liberarcene definitivamente. Ora sembra proprio che la tagliola sia scattata di nuovo, imprigionando l’intero Paese. Almeno fino al fatidico 2015.

Se non si saprà inventare qualcosa in controtendenza. 

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