Un gruppo di attiviste ha fissato un’intera giornata di lotta contro il divieto di guidare imposto dallo Stato alle cittadine e contro gli stereotipi secondo cui usare l'auto comporterebbe danni a ovaie e utero. "E' necessario dare la possibilità di sostenere l'esame avendo come unico criterio di successo la capacità e non il genere". I contrari: "Questa concessione porterà a comunismo e droga"
“Dio non ha detto che non posso guidare”. Arriva dall’Arabia Saudita una nuova ondata di protesta al femminile, che porterà in piazza, anzi in macchina, le voci e le rivendicazioni delle donne arabe. Un gruppo di attiviste saudite ha fissato per il 26 ottobre prossimo la mobilitazione “October 26 driving” un’intera giornata di lotta contro il divieto di guidare imposto alle donne dallo Stato. Per quel giorno tutte le saudite, che hanno solo recentemente conquistato il diritto di girare in bicicletta, sono invitate a uscire in strada e a mettersi al volante.
Sul sito della campagna si chiede di sottoscrivere una petizione che ha già raggiunto oltre 11mila firme: “Non essendoci alcuna valida ragione per cui lo Stato possa impedire alle donne adulte di guidare la macchina se in grado di farlo – si legge nell’appello – è necessario fornire alle cittadine la possibilità di sostenere l’esame di guida. In caso di mancato superamento, non verrà rilasciata la patente, perché non ci sia alcuna disparità con gli uomini. L’unico criterio di valutazione sarà la capacità di guidare e non il genere”. Nella pagina “How you can help” (come puoi aiutarci) del sito web, si chiede la collaborazione dei lettori per “insegnare a una donna a guidare; stampare il logo della campagna ed esporlo sul finestrino della macchina; pubblicare video e clip audio”. Molti dei filmati caricati su YouTube promuovono veri e propri corsi di guida online. Uno di questi vede come protagonista una donne della campagna “Teach me how to drive” (ossia “Insegnami a guidare”) che spiega come guidare la macchina.
Già nel 2011, venne lanciata una mobilitazione analoga, “Women2drivecampaign”, che imperversò su Twitter con l’hashtag #Women2Drive e su Facebook, a cui seguirono numerose condanne. Risale a quel periodo l’arresto di Manal al-Sharif, un’attivista saudita per i diritti umani che osò sfidare la legge caricando su YouTube un video che la mostrava al volante.
La mobilitazione per il diritto alla guida, che su Flickr consente di pubblicare foto a sostegno della giornata del 26 ottobre, si è intensificata dopo le dichiarazioni di Sheikh Saleh al-Lehaydan, consulente legale e psicologo dell’associazione psicologi del Golfo, che ha parlato di alcuni dati scientifici secondo i quali “la guida delle donne danneggia le ovaie, il bacino e compromette la fertilità. Di conseguenza, le donne al volante danno alla luce figli affetti da disfunzioni cliniche di diverso grado “. Un hashtag di Twitter,#قيادة_المرأة_تؤثر_على_المبايض_والحوض, che significa “la guida delle donne si ripercuote sulle ovaie e sul bacino”, ha innescato una serie di reazioni tra cui la diffusione via Twitter di un’immagine che mostra come la concessione alle donne del diritto di guidare porterà al comunismo, alla droga e al liberalismo.
In Italia l’Unione delle donne italiane (Udi) in occasione della mobilitazione del 26 ottobre farà pervenire all’ambasciata dell’Arabia Saudita un messaggio di sostegno alle rivendicazioni delle saudite nei confronti della casa regnante e scriverà una lettera alla ministra degli Esteri, Emma Bonino, “augurandoci – afferma Carla Pecis dell’Udi di Catania – che si riesca a costruire nel loro Paese una coesione, oggi inesistente, intorno ai temi del rispetto dei diritti umani e civili”.