Gaetano Quagliariello, Fabrizio Cicchitto e Roberto Formigoni blindano il governo Letta. Le colombe Pdl anticipano che le spaccature all’interno del partito possono portare a una scissione in Parlamento, ma la priorità è dare continuità all’esecutivo delle larghe intese. Il ministro per le Riforme Quagliariello si schiera dalla parte leader Pdl Silvio Berlusconi, imputato per corruzione a Napoli, ponendo però alcune condizioni. “Penso ci sia stata in Italia una persecuzione giudiziaria nei confronti di Berlusconi che credo vada difeso – dice ai microfoni di Agorà (Rai3) – La sua difesa va coniugata con ciò che serve al Paese, che in questo momento non si può permettere una crisi di governo”. E, quanto alla “riforma dello Stato e la riforma della giustizia – ha aggiunto – sono due facce della stessa medaglia”.
Intervistato a proposito delle tensioni interne al partito, create dalla nota dei 24 senatori che hanno preso le difese del governo e dei ministri Pdl, Quagliariello ha osservato: “Abbiamo assistito a uno spettacolo che politicamente non è il massimo. C’è un confronto nel partito e una linea politica che va fissata, sulla base della quale ognuno assumerà le proprie decisioni”. Sulla scelta degli 11 senatori del Pdl che ieri si sono astenuti dal voto sul ddl costituzionale ha commentato: “Quando uno esce salvo da un agguato si sente più vivo e più forte”. La colomba Roberto Formigoni, ai microfoni di Rg Com 24, specifica inoltre che “a Berlusconi non conviene che il governo cada” e se il Cavaliere chiedesse di rompere col governo Letta, “noi ‘innovatori’ abbiamo detto che non faremo cadere il governo perché si difende meglio il Cavaliere dall’interno della maggioranza”. “Infatti – spiega il senatore – non si andrebbe a elezioni, ma Napolitano andrebbe a cercare una nuova maggioranza che sarebbe spostata a sinistra. Non avremmo quindi più ministri che possono pilotare l’esecutivo per sostenere le nostre posizioni”.
Anche Fabrizio Cicchitto sostiene il governo Letta ma, allo stesso tempo, evidenzia due posizioni diverse all’interno del Pdl che potrebbero portare a una scissione. ”Noi auspichiamo un superamento delle divisioni, nella continuità – con Berlusconi – e nel rinnovamento – con Alfano – spiega in un’intervista al Mattino – Se questa ricomposizione non c’è bisognerebbe pensare alle articolazioni più positive e capaci di coprire gli spazi politici più vasti”. E’ evidente, spiega il presidente della commissione Esteri della Camera, che “ora nel Pdl ci sono due visioni politiche diverse”, “da una parte c’è chi intende puntare ad un’operazione di medio periodo, offrendo pieno sostegno al governo Letta fino al 2015”, “cercando di migliorare la manovra economica”, “realizzando la riforma istituzionale indispensabile”, “contribuendo a modificare l’attuale legge elettorale” e “facendo di tutto per procrastinare la decadenza di Berlusconi, ma sapendo bene che nell’eventualità peggiore non si debba far cadere il governo”. Dall’altra parte per Cicchitto c’è “chi dice che bisogna buttare tutto per aria”. Ipotesi che a suo avviso “non sta né in cielo, né in terra” anche perché “un minuto dopo l’eventuale caduta di Letta il capo dello Stato avrebbe tutte le ragioni per mettere su un governo di scopo che, a questo punto senza di noi, farebbe una legge elettorale a noi ostile” e “finiremmo per andare al voto, con Berlusconi incandidabile”. Per Cicchitto “sarebbe sbagliata una riedizione di Fi molto più estremista del ’94”, “altro è un partito che torni a mettere insieme le varie anime presenti nel Pdl, che sappia andare oltre puntando al coinvolgimento dei territori, che si strutturi attraverso primarie e congressi, ben radicato in Europa nel Ppe”.
Anche il capogruppo al Senato Renato Schifani, che non si definisce né falco né colomba, ma solo “berlusconiano”, si augura “che il partito non si divida”. Tuttavia, al contrario di Quagliariello e Schifani, spiega che in caso di decadenza “vivremo un momento complicato, per molti aspetti drammatico. Certo, sarà arduo convivere con chi avrà decretato l’ingiusta fuoriuscita dal Parlamento del nostro leader. Ma alla fine sarà lui a decidere la linea”. In un’intervista al Corriere della Sera ribadisce che Berlusconi sarà comunque il leader del Pdl, anche “fuori” dal Parlamento. “Dopo la sentenza della Corte d’appello sull’interdizione – dice l’ex presidente del Senato – occorre aprire una pausa di riflessione: non si può ammettere che per una stessa condotta una sentenza fissi l’incandidabilità per due anni e una legge per sei anni. Noi chiediamo solo questo: che si prenda un tempo ragionevole per discutere su questa contraddizione e sull’ irretroattività della Severino”. E’ “da agosto” che lancia appelli al Pd, sottolinea Schifani, “ma purtroppo vedo al contrario su quella sponda solo un’ accelerazione dei tempi”.
Interviene anche Daniela Santanché, che si schiera a fianco dell’ex premier e ritiene che “la procura di Napoli potrebbe iscriversi al club della pacificazione. Ci sono procure che si comportano come Santoro nella sua trasmissione, che ascoltano persone che hanno motivi altri per accusare il presidente Berlusconi. Ormai questo paese è così, ne prendiamo atto ma combatteremo fino alla fine”. Tuttavia, rimane ferma su un punto: “Berlusconi ha voluto questo governo delle larghe intese, siamo rimasti al punto del presidente Napolitano, ma la pacificazione non c’è”. Così Daniela Santanchè, interpellata durante Omnibus au La7 su eventuali contraccolpi sul governo dopo il rinvio a giudizio del Cavaliere a Napoli. Per Santanché la colpa è del Pd che “ha detto no alla nostra richiesta di poter avere un parere della Corte costituzionale sulla legge Severino” e “che viene meno agli accordi che ci sono stati per far nascere questo governo. La nomina della Bindi alla Commissione Antimafia era forse un nome condiviso? Andiamo verso un governo monocolore”, aggiunge. Nel merito, poi, “rinviare Berlusconi a giudizio sulla compravendita dei senatori è ridicolo”.
Secondo l’esponente del Pdl, “ieri non c’è ne siamo accorti ma è cambiata la Costituzione vigente perché noi parlamentari non abbiamo vincolo di mandato”. E i 3 milioni riscontrati? “Dove? Dimostrati in che modo? Quando si tratta di Berlusconi ci sono sempre dei riscontri di carta. Abbiamo dato dei soldi che sono dichiarati a De Gregorio per i suoi Circoli italiani del mondo – aggiunge – poi il tempo ci dirà perché questa persona ha fatto queste dichiarazioni e con quale intento”. Secondo Santanchè “a questo punto s’impone la riforma della giustizia che in questo paese non si è mai potuta toccare per il timore che potesse incidere su Silvio Berlusconi, perché tutto ruota intorno a lui”.