“Diritto di rettifica contro l’illegalità di Servizio Pubblico“. Renato Brunetta chiama le (sue) truppe a raccolta. L’invito è rivolto a tutti gli italiani contro la trasmissione. “Idea grandiosa – scrive il capogruppo sulle pagine del Foglio – inventare un movimento che si chiami e agisca come Occupy Wall Street. Ma in questo caso si denomini Occupy Santoro oppure Occupy Fazio eccetera”. Il capogruppo del Pdl alla Camera sostiene il “dovere morale e civico di ristabilire la verità”, pensa a “qualcosa di situazionista e anarchico, ma legatissimo, anzi basato sulla legalità, contro l’illegalità di chi si chiama ‘Servizio pubblico’ e invece trita il prossimo per scopi cannibalistici”. E, appellandosi al decreto legislativo “del 31 luglio 2005, n.177 come modificato dall’articolo 8 del Decreto Legislativo 15 marzo 2010, n. 44” vuole che la rettifica sia “trasmessa ‘in fascia oraria e con il rilievo corrispondenti a quelli della trasmissione che ha dato origine alla lesione degli interessi’. Rilievo identico vuol dire: stesso spazio. Ma anche uguale potenza espressiva. Medesima teatralità, o comunque qualcosa del genere”. L’invettiva arriva nel giorno in cui va in onda Servizio Pubblico e a una settimana dalla puntata in cui l’attrice bulgara Michelle Bonev aveva detto di essere stata a letto con l’ex premier per ottenere un contratto con Mediaset. Oltre ad aggiungere che Francesca Pascale è lesbica.
Brunetta spera di creare un tormentone al grido di Occupy Santoro, magari anche un hashtag come polo di aggregazione contro la trasmissione di La7. “Non tutti siamo bravi come Santoro nel recuperare pentiti delle mutande – scrive – . Per cui diciamo che, dopo la puntata dedicata alle confessioni atroci e senza alcuna prova e nessun contraddittorio, a parte il diritto di dar causa penale o civile da parte della signora Francesca Pascale o di Silvio Berlusconi, c’è anche quello di rettifica”. Brunetta, però, non si limita all’invettiva e detta le regole. Si parte dalla sua definizione di ‘rettifica’: “Non una parolina buttata lì alla fine con spirito di patata e la faccia da lampascione, ma una presenza seria capace di replica, nel rilievo e con lo spazio identico. La legge non dice che dev’essere durante la medesima trasmissione”. Poi sale in cattedra per offrire esempi pratici: “Santoro può rifiutarsi, dunque, e La7 proporre uno spazio ritenuto equipollente, magari il mercoledì”, ipotizza. Ma questa sarebbe una scelta di serie B per Brunetta (“Ma noi riteniamo che questo sia penalizzante e non rispetti la legge”). La rettifica, infatti, richiede massima visibilità (“nulla ha rilievo a La7, quanto a share, audience, seguito eccetera quanto ‘Servizio pubblico’”). La soluzione, quindi, è la seguente: rettifica fatta durante la puntata e declamata a fianco dei “testimonial” Santoro e Travaglio (sic.) che, però, devono rimanere in silenzio. “Per essere davvero adeguata deve essere pronunziata da delegati della parte offesa, avendo al fianco, come testimonial silenti, Santoro e Travaglio”. Per far capire meglio cosa intende, spiega anche il caso applicato ad altre trasmissioni: “Oppure – in un altro caso, ad esempio quello di Maradona che fa il gesto dell’ombrello a Equitalia – Fazio e la Littizzetto, miracolosamente muti e senza smorfiette da parrocchietta“. Chiarissimo.
“Avanti – chiude temerario Brunetta – noi di Occupy Santoro siamo pronti, signora Pascale. Siccome deve avere lo stesso rilievo, bisogna che Santoro e Ruotolo, Travaglio e Vauro, garantiscano la possibilità di accesso a un pubblico che dia il dovuto identico rilievo con applausi, risate, scorni, alla rettifica”. Non manca neanche un pizzico di puntuta ironia: “Si può chiamare anche contrappasso. Ma eviteremmo di usare una parola dantesca a proposito di Santoro. Quello va bene per Occupy Benigni”.
Tempi, modalità, testimonial. Nel piano-rettifica di Brunetta c’è tutto. Forse anche per quello ritiene che Occupy Santoro sia un'”idea grandiosa”. Di certo tanto originale non è, visto che prende a prestito il nome del movimento nato nel solco della crisi e contro la finanza senza regole. Non solo: ‘scippa’ la protesta di chi, vittima della crisi e delle diseguaglianze sociali, diceva: “We are the 99%”. Ovvero: siamo il 99 per cento della popolazione, quella che lotta contro gli abusi della globalizzazione e della finanza. Ma a Brunetta interessa uno slogan già consolidato. E poco importa se lui è, per censo e status, più affine all’1 per cento.
Intanto, se il capogruppo si aspettava l’adesione dei telespettatori, per ora deve accontentarsi dei commenti poco lusinghieri sulla sua pagina Facebook. “Brunetta, pensi a produrre qualcosa di decente in Parlamento e la smetta di occuparsi di tv che le riesce male. P.s.: l’illegalità è un condannato in Parlamento. Non meni il can per l’aia e stia sul pezzo”. E ancora: “Avanti, noi di Occupy Santoro siamo pronti, signora Pascale. Ah ah ah”, “Renato sei meglio di Crozza“, “ritirati finché sei in tempo”. Daniele, infine, chiede conferma sui soggetti da difendere: “Ma Pascale quella del Calippo?”, domanda ricordando gli esordi della fidanzata del cavaliere su Telecafone. E mentre languono le adesioni al movimento “situazionista e anarchico, ma legatissimo, anzi basato sulla legalità, contro l’illegalità”, vediamo quanti minuti impiegheranno gli utenti di Twitter per intonare il controcanto. OccupyBrunetta. Che delusione, però, se venisse confermato il rumor di Dagospia che nei giorni scorsi avanzava il dubbio dell’originalità degli scritti di Brunetta: “Tra un po’ – si legge sul sito di Roberto D’Agostino – s’accorgeranno anche i paracarri che le letterine di Renatino Brunetta sono scritte in realtà da Renatone Farina“.