Tutti si chiedono: sarà vero quello che dicono i nostri politici? Cioè che nel 2014 cominceremo lentamente a uscire dalla crisi? Io non lo credo proprio. Nella situazione in cui l’Italia si trova ora, sarà già un miracolo se si riuscirà a non cadere più in basso. L’uscita dalla crisi è matematicamente impossibile, né ora né mai se non si ricomincerà a vedere che le fabbriche e gli uffici tornano a assumere persone a tempo pieno e senza particolari precauzioni. Però è comprensibile che il governo cerchi almeno, con qualche dichiarazione ottimistica, di riconquistare un po’ di fiducia dai consumatori. La fiducia dei consumatori è fondamentale in ogni ripresa economica, solo che per la vera ripresa non bastano le chiacchiere ben raccontate usando i media nazionali, ci vogliono fatti concreti.
Però, dice sottovoce qualcuno, potrebbe venire in aiuto la ripresa economica americana. Adesso che Obama ha vinto la partita politica coi repubblicani che gli avevano chiuso la cassa proprio per impedirgli di spendere i soldi necessari a sostenere una ripresa che rischia di far vincere ai democratici anche le prossime elezioni, adesso la strada per la ripresa in America dovrebbe essere tutta in discesa, no? E quindi l’economia ripartirà. A parte il fatto che non è esattamente così, dato che i 20 o 30 miliardi di perdite per l’economia registrate proprio per effetto dell’insolvenza di cassa (shut-down), e a parte anche il fatto che a fine gennaio la stessa ‘menata’ dello ‘shut-down‘ potrebbe ripresentarsi, c’è pure la circostanza che ora ci sono chiari segnali che è proprio il modello di sviluppo americano a ‘picchiare in testa’ (come si dice di quei motori a scoppio quando vanno fuori fase).
E’ uno studio dell’Ocse a dirlo. L’Ocse ha usato a campione persone tra i 16 e i 65 anni di 24 tra i i principali paesi industrializzati o emergenti e ha analizzato il loro livello competitivo su tre aree critiche per lo sviluppo: l’area delle materie letterarie, l’area delle materie scientifiche e matematiche e, infine, la capacità di risolvere i problemi. Il risultato dell’indagine è stato a dir poco umiliante per gli Usa: in tutte e tre le aree essi si sono classificati mediamente tra il “debole” e ‘l’insufficiente”. Nelle materie letterarie solo uno su sei americani riesce a classificarsi al top, ma nelle materie matematiche e scientifiche il risultato è stato anche peggiore, essendo il giudizio complessivo attestato sul “molto scarso” (peccato però che i due paesi peggiori di questa classifica sono proprio Italia e Spagna!).
Il dato che ha più sorpreso, negativamente, è stato però quello della capacità di risolvere problemi usando il computer. Persino in quest’area gli americani si sono classificati al di sotto della media. In conclusione si può quindi dire che gli americani, oltre a proseguire in un modello economico “asociale”, che allarga cioè la forbice della disuguaglianza al suo interno, e riesce a creare persino gravissime crisi finanziarie che si estendono a tutto il globo, adesso si scopre che anche il loro modello culturale-educativo, quello cioè che consentirebbe di recuperare il terreno perduto, è anch’esso del tutto obsoleto.
Ammesso che facciano subito le riforme giuste, ci vorranno anni prima di ritornare a un livello competitivo soddisfacente, ma è poco probabile che ciò avvenga in fretta, perché anche qui pensano più alle furbate utili per vincere le elezioni che alle cose utili per risolvere i problemi del paese. Vuoi vedere che gli italiani, quando parlano di riforme indispensabili, pensano ancora agli Usa come modello? Fa niente se hanno un modello finanziario fallito e un modello educativo obsoleto, per i nostri politici gli Usa sono come quella vecchia pubblicità del Carosello: “basta la parola”.