Tempi veramente bui per la nostra democrazia. Il Senato in seconda lettura ha appena approvato, con una maggioranza dei due terzi, il disegno di legge costituzionale avente ad oggetto la modifica dell’art. 138 della Costituzione, ovvero della norma che fissa procedure, modi, tempi e limiti per la modifica della nostra Carta Costituzionale. Se la camera dei deputati dovesse approvare in dicembre lo stesso testo, anch’essa con la maggioranza dei due terzi, la legge entrerà definitivamente in vigore.
La conseguenza sarà che un manipolo di parlamentari, in tempi ristrettissimi, con pochissimo spazio lasciato al dibattito in aula, potrà stravolgere tutta la seconda parte della Costituzione, incidendo direttamente su forma di governo e forma di Stato e quindi sulle libertà fondamentali dei cittadini, violando uno dei principi fondativi: il principio di rigidità della Costituzione.
Nulla è valso l’appello promosso da il Fatto che ha raccolto circa mezzo milione di firme, nulla è valsa la manifestazione del 12 ottobre a Piazza del Popolo, promossa dalla Via Maestra, nulla è valso l’appello pubblicato ieri da giuristi, intellettuali politici che chiedeva ai senatori di non raggiungere nel voto di oggi la maggioranza qualificata, consentendo ai cittadini, così come prevede l’art. 138 cost di potersi esprimere attraverso il referendum.
Ancora una volta il peggio della democrazia rappresentativa, composta da nominati e non da eletti, ha mortificato gli istituti della democrazia diretta e della democrazia partecipativa. La nostra Costituzione, per quattro voti con applauso del Pd (218 a favore, 58 contrari, 12 astenuti) diventa ostaggio delle c.d. ‘larghe intese’, il mito della grande riforma di craxiana memoria diventa un modo per tenere lontano i cittadini dalle vere esigenze e dai bisogni che attanagliano il nostro Paese.