Da Destinazione Italia alla caccia agli autografi, è una gaffe continua. Ecco cosa ne pensano all'Università. Il direttore del dipartimento marketing della Bocconi, Enrico Valdani: "Non ha dei collaboratori che lo aiutano molto"
Un altro scivolone per lo staff di Enrico Letta. Durante l’ultima visita a Washington, una delle preoccupazioni principali degli accompagnatori del premier è stata quella di affrettarsi a chiedere un autografo al presidente americano Barack Obama. E la cosa non è passata inosservata, tanto più che la Casa Bianca si è premurata di riferire l’episodio a tutti i giornalisti accreditati. “Obama ha accompagnato Letta fuori dalla residenza”, ha scritto l’ufficio stampa della residenza presidenziale. “I due leader hanno parlato sulla porta per diversi minuti prima che il premier italiano entrasse nella sua auto. Poi, uno dei suoi assistenti ha chiesto l’autografo a Obama. Il presidente ha accettato la richiesta e ha firmato un pezzo di carta per lui, prima di voltarsi e tornare all’interno”.
Non è la prima volta, tuttavia, che il premier viene messo in difficoltà dalla sua squadra. Continua a fare discutere, infatti, il modo in cui è stato presentato il piano Destinazione Italia, messo a punto dal governo per attrarre investitori esteri. Le slide utilizzate da Letta per illustrare il programma a Wall Street alla fine di settembre hanno subito sollevato forti critiche non solo tra gli utenti sul web, ma anche tra gli esperti di comunicazione.
“Letta non ha dei collaboratori che lo aiutano molto”, afferma Enrico Valdani, direttore del dipartimento marketing all’Università Bocconi di Milano, sostenendo che “con questa presentazione lo hanno mandato un po’ allo sbaraglio”. Il professore crede quindi che “Letta si debba fare aiutare di più, basta guardare le presentazioni che fanno le società di consulenza a cui sono abituate le imprese a livello internazionale”. E il suo staff avrebbe potuto realizzare “qualcosa di più concreto e più emozionale per invogliare a investire in Italia in modo da toccare i nervi sensibili dell’investitore”.
Valdani segnala inoltre che alcune affermazioni riportate nelle slide sono “troppo generiche e ambiziose” e se il premier “avesse trovato di fronte delle persone che conoscono un po’ il nostro Paese, queste avrebbero potuto fare delle domande specifiche mettendolo in difficoltà”, perché nelle slide “vengono fatte promesse su cambiamenti strutturali senza la certezza che saranno realizzate”. I suoi collaboratori avrebbero quindi potuto inserire “esempi concreti sui vantaggi che gli investitori esteri troverebbero in Italia”, come accade per esempio in Francia. “L’unica scusante che trovo è che Letta si trova in situazione di emergenza quindi deve comunicare qualche cosa”, conclude il professore, “ma dovrebbe avere la certezza che le promesse vengano realizzate prima di inserirle in un documento da presentare in un’occasione del genere”.
“I concetti espressi sono troppo generici e non permettono di misurare i vantaggi per gli investitori esteri”, spiega invece Loretta Battaglia, docente di marketing all’Università Cattolica di Milano, sottolineando che “si poteva fare di più da un punto di vista di appetibilità dei contenuti”. La professoressa sostiene quindi che i concetti espressi nelle slide “non sono abbastanza chiari e dettagliati” e, mettendosi nei panni di chi vuole investire in Italia, è “difficile capire da un punto di vista pratico come muoversi per puntare sul nostro Paese”.
Mentre Andrea Ordanini, professore associato presso il Dipartimento di marketing della Università Bocconi di Milano, commenta il “biglietto da visita” mostrato da Letta all’estero sostenendo che sia “giusto che un documento da presentare a investitori istituzionali sia stringato”. Ma non nasconde alcuni dubbi. “Si poteva indicare meglio l’ordine delle priorità“, dice, sottolineando che nel documento in questione “non è ben spiegato quali sono i punti principali da portare avanti”, una caratteristica “importantissima per indicare quali sono le scelte da fare”.
Più diretti sono invece i commenti su facebook al messaggio con cui il premier ha presentato le slide. “Ma che buffonata”, scrive un utente, mentre un altro si chiede “chi ha scritto questa roba”. C’è poi chi sostene che “questo misero powerpoint ha sicuramente fatto ridere Wall Street“, definendo “superatissimo” il linguaggio grafico e comunicativo utilizzato. Qualcuno sostiene infine su twitter che il più grande errore di Destinazione Italia è proprio il nome. “Se serve per attrarre investimenti esteri chi capisce cosa vuol dire?”, scrive un utente su twitter, spiegando che “chiamarlo così per attrarre capitali esteri è un po’ un bug”.
Il 9 ottobre scorso il governo ha reagito alle critiche avviando una “consultazione” online di trenta giorni sul documento originario in modo che i cittadini possano esprimere una valutazione delle misure o proporne di nuove. Ma anche qui c’è chi non è d’accordo. “Alcuni sostengono che coinvolgere le persone dal basso in modo indiscriminato può non essere una buona idea, perché le chance che arrivino proposte veramente innovative sono basse”, sostiene il professor Ordanini, spiegando che bisogna quindi “considerare che chi è in basso non sempre può creare percorsi di innovazione radicale“. La collega Battaglia ritiene invece che il sito per la “consultazione” sia “abbastanza di facile comprensione”, anche se “un po’ dispersivo perché troppo lungo” e fa notare come “sono ancora poche le opinioni espresse online degli utenti” per integrare il piano.
In attesa delle modifiche, quindi, continuano a fare discutere le slide illustrate da Letta a Wall Street, che hanno fatto arrossire molti manager italiani ai vertici di aziende straniere che, da esperti del percorso inverso rispetto alla destinazione Italia e probabili destinatari di una proposta di investimento nella Penisola, hanno commentato duramente sui social network la presentazione del progetto. “Se uno dei miei junior consultants mi presenta una roba simile lo caccio immediatamente”, aveva per esempio commentato un alto dirigente di una società di consulenza. Altri come il titolare del tour operator Agriscambi, invitano su twitter a “confrontare Destinazione Italia con Destinazione Bulgaria“, sottolineando che “qui hanno messo una tassa anche sulla speranza … più attendi e più paghi”.
Una versione precedente di questo articolo è stata pubblicata per errore sabato 20 ottobre 2013 quando era solo una bozza. Ci scusiamo molto con i lettori e gli interessati per la spiacevole svista.