E’ riuscito a far cantare Comme facette mammeta e O’sole mio a migliaia di cinesi. Ha fatto commuovere americani, australiani, canadesi con le canzoni di Roberto Murolo. Renzo Arbore è l’artista delle imprese impossibili. Ha inventato prima “l’altra radio”, con trasmissioni innovative come Bandiera Gialla, Per Voi giovani e Alto Gradimento. Poi è passato a sperimentare in tv, raggiungendo l’apice con Quelli della notte e Indietro Tutta, per dedicarsi dal 1990 in poi quasi totalmente alla musica con l’Orchestra Italiana. Ora, a 76 anni, si è scoperto anche crooner, un ‘sussurratore’ alla Sinatra, e con l’album …my American way, uscito martedì, tenta l’ennesima impresa: rileggere i classici della canzone italiana cantandoli in lingua inglese.
“Con un po’ di ritardo ho scoperto di avere la voce da crooner – racconta Arbore – ovvero i sussurratori, quelli che cantano con la voce soft. E’ un modo di interpretare inventato da Bing Crosby e portato avanti da Frank Sinatra, Vic Damone, Tony Bennett”. La canzone E se domani è diventata I know it’s over, mentre Resta cu’mme di Domenico Modugno si è trasformata in Stay here with me. E i classici del suo repertorio come Il clarinetto e Il materasso si sono trasformati rispettivamente in My Clarinet e The Matress. “Ci sono canzoni che durano lo spazio di un mattino e quelle che vivono per sempre – continua Arbore – Ho cercato di rivisitarne alcune attualizzando la nostra tradizione. Per fare questo disco ho messo in piedi una formazione di ottimi musicisti ai quali ho chiesto di accantonare i virtuosismi e di privilegiare le atmosfere: poche note e tanto sentimento”.
Sono 23 anni che Arbore porta la tradizione musicale napoletana in tutto il mondo con la sua Orchestra Italiana. Per questo ci tiene a sottolineare la necessità di incentivare questo fenomeno di “esportazione culturale”. “Noi siamo un popolo di artisti – continua Arbore – Abbiamo delle eccellenze straordinarie da questo punto di vista. Grazie a musicisti come Stefano Bollani, Dado Moroni, Paolo Fresu, Danilo Rea e molti altri, siamo arrivati all’apice del jazz mondiale. Attualmente siamo secondi solo agli americani, ma qualche volta diamo del filo da torcere anche a loro. Per esempio, la musica popolare italiana è straordinaria, ma siccome è stata cantata nella nostra lingua non ha avuto modo di essere conosciuta all’estero. Penso a Battisti, a Lucio Dalla, a De Gregori, Gino Paoli, Gaber, De Andrè. Loro sono esponenti della nostra poesia. Dovrebbero essere tradotti ed esportati. Sono artisti che in Italia andrebbero studiati nelle scuole perché sono i nuovi Carducci, i nuovi Foscolo”.
Probabilmente RAI International, che è stata chiusa nel 2011, poteva dare un grosso contributo in questo senso, sia come “esportatore” della cultura italiana sia come testimone delle eccellenze italiane all’estero. “Quando ero direttore artistico di RAI International – continua Arbore – dissi a Beppe Severgnini di fare il programma Italians, sugli italiani ‘eccellenti’ che erano famosi negli Stati Uniti. Lui poi ha aperto uno spazio in rete che ancora porta questo nome. Invece RAI International è stata chiusa. Questa poteva essere una delle missioni più nobili di quel canale a cui tenevo molto”. A proposito di televisione, dopo Speciale per me – Meno siamo, meglio stiamo!, in onda su Rai Uno nel 2005, e un paio di programmi “amarcord” condotti su Rai 5, da aprile di quest’anno Arbore ha deciso di sfruttare a pieno le potenzialità della Rete aprendo Renzo Arbore Channel, la web tv con cui ha intenzione di compiere nuovi esperimenti. “Con l’avvento della ‘smart tv’ si può arrivare in ogni parte del mondo. Così ho attrezzato il mio studio per trasmettere in streaming con un manipolo di eroi: Denis Giannimberti, che cura il canale insieme ad Adriano Fabi e altri preziosi collaboratori. Alla direzione artistica c’è Monica Nannini che conosce tutto il mio repertorio. Il mio obiettivo per adesso è quello di riproporre ai giovani un mondo televisivo passato, le pietre miliari della televisione italiana. Non solo del mio repertorio, ma anche quello di artisti del calibro di Aldo Fabrizio e Totò, che le nuove generazioni non possono non conoscere. Fino ad arrivare a oggi, a Max Tortora, per esempio, o a Elio, degli Elio e Le Storie Tese, con il quale ho una gran sintonia”.
Poi conclude evocando per la rete origini mistico-religiose e tracciando la via che seguirà con la sua web tv. “Considero la Rete un dono della provvidenza. I primi tempi credevo che ci fosse lo zampino di padre Pio. Ma lo dicevo per campanilismo. A parte gli scherzi, la Rete è una straordinaria risorsa tecnologica per andare avanti. Io intanto voglio proporre cose vecchie e nuove e spiegare alle persone ciò che stanno vedendo. In Rai, per esempio, mandano in onda le immagini de Il sarchiapone di Walter Chiari senza che nessuno le spieghi. Poi per il futuro ho in mente di fare nuovi esperimenti con alcuni miei amici. Ma è ancora una cosa in divenire”.